Ischia News ed Eventi - L’isola fragile - frane, ecologia e governance del territorio

L’isola fragile - frane, ecologia e governance del territorio

Ambiente
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Un altro morto. Una brava persona, un amico dell’ambiente. “Era molto attento alla natura, piantava alberi e se ne prendeva cura, valorizzava l’ambiente della zona dove viveva, faceva in modo che gli scarichi del suo ristorante non inquinassero il mare” afferma Peppe Mazzara, Presidente di Legambiente Isola d’Ischia.

Eppure questo non è bastato a salvarlo. Forse avrà sottovalutato il rischio di andare in una zona franosa in una notte di maltempo, ma certamente quel rischio è stato sottovalutato un po’ da tutti. Altrimenti non saremmo arrivati a questo punto, con l’isola che si sbriciola da tutte le parti: tre, quattro frane in punti diversi in pochi giorni di pioggia, anche se poi solo i morti fanno notizia.

“Certo, c’entrano anche i cambiamenti climatici, che hanno accelerato un processo che era già in atto, ma i primi studi sulla fragilità geologica di Ischia risalgono alla prima metà dell’Ottocento - continua Mazzara - e da allora ben poco è stato fatto. C’è stato come un fenomeno di rimozione collettiva, ma anche una grande irresponsabilità della politica. Chi ha amministrato questi territori non ha mai preso sul serio la necessità di metterli in sicurezza, eppure è evidente al primo sguardo che la nostra isola è fragile, con i suoi costoni a strapiombo, i suoi terreni porosi e incoerenti, la forte esposizione alle erosioni eoliche e marine...”

Ma le caratteristiche fisiche che la rendono così vulnerabile sono parte della sua bellezza, sono una ricchezza che andrebbe salvaguardata se vogliamo che ci sia ancora un’isola dove i turisti vorrebbero venire: “Infatti - aggiunge - ogni volta che si verifica un evento catastrofico, l’economia dell’isola subisce un duro colpo. Il terremoto di Casamicciola del 1883 è all’origine di un handicap mai recuperato nello sviluppo turistico di Ischia. Perciò sostengo che continuare con la politica miope che tampona le emergenze e non fa prevenzione è dannoso anche economicamente”.

Poi c’è la questione dell’abusivismo edilizio: il pasticcio legislativo degli ultimi decenni, con la combinazione esplosiva divieto/condono, che ha di fatto aggravato il dissesto non solo con le costruzioni venute su al di fuori di ogni regola (di legge, ma spesso anche di buonsenso) ma con i disboscamenti e le impermeabilizzazioni selvagge, e poi ancora l’abbandono delle terre coltivate con il crollo dei muri a secco (le famose parracine) che tenevano in sicurezza molti pendii...

“Beh sì - risponde il Presidente di Legambiente Ischia - la questione del governo del territorio è complessa e va affrontata nella sua interezza. Il primo rimedio è l’opera di prevenzione, che è sicuramente costosa ma non può più attendere. I politici, locali e non, devono prendersi la responsabilità e l’impegno di recuperare i fondi e di spenderli correttamente, non solo per tamponare ciò che è già accaduto ma anche per prevenire disastri ormai imminenti. Non si può pensare di vietare l’accesso a una zona pericolosa e poi lasciar passare otto anni senza fare niente per renderla più sicura. Ma non basta. Non mi stancherò mai di dire che è fondamentale un’opera di educazione, non solo delle nuove generazioni ma di tutta la popolazione: è importante che tutti prendiamo coscienza della situazione e che, senza inutili catastrofismi, impariamo a gestirla. Potrebbero essere utili anche le nuove tecnologie, per esempio un’app che informi in tempo reale sui rischi geologici nelle varie parti dell’isola”.

Infine, Mazzara invita tutti a rimboccarsi le maniche: “Sappiamo che la prevenzione richiede comunque dei tempi lunghi, ma nel frattempo ci sono cose che ogni cittadino può fare. Se crolla una parracina che è dietro la mia casa, non aspetto che sia qualcun altro a rimetterla su, ma lo faccio io. Mettiamoci insieme per ripulire i canaloni, per sorvegliare i costoni pericolanti, per vigilare contro gli incendi che spesso precedono le frane. Facciamo circolare le informazioni aiutandoci con i social media ma anche con quelli tradizionali. Se volete farlo con noi, siamo a disposizione, ma anche se volete organizzarvi autonomamente va bene, purché lo facciate, e nel contempo continuiate a far pressione sui politici perché facciano la loro parte”.

Hai ragione, Peppe. Non aspettiamo i miracoli dall’alto, mentre la terra ci si sbriciola sotto i piedi. Prendiamo esempio dai nostri saggi antenati contadini che, fino a mezzo secolo fa, ogni novembre si riunivano e piantavano alberi per consolidare il terreno, e più volte all’anno ripulivano le vie d’acqua come i letti dei torrenti, per garantirne il libero scorrimento e prevenire straripamenti e alluvioni. Nessuno li pagava per questo, né si aspettavano che qualcuno risolvesse il problema dall’alto. Lo facevano per se stessi, per le proprie comunità. Non ci vuole poi molto. E poi facciamo crescere la mentalità ecologica. Se abbiamo un negozio, adottiamo un’aiuola. Trasformiamo il cortile condominiale in un orto urbano. Controlliamo i consumi energetici per ridurre la nostra quota di CO2. Usiamo carta riciclata e detersivi poco inquinanti. Costruiamo un nido per le rondini o un’arnia per le api, prima che si estinguano con grave danno per la vita vegetale... e per la nostra.

Facciamo anche le cose che faceva Peppe Iallonardo, raccogliendo la sua eredità.

Solo se cambiamo tutti insieme possiamo farcela.

Lilly Cacace Rajola