Al Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina della Regione Campania in anteprima italiana l’ultimo episodio della trilogia Amos’ World – Amos' World (Episode Three) – dell’artista belga-americana Cécile B. Evans (Cleveland, 1983). Amos’ World è co-prodotto da Emanuel Layr Galerie, Vienna/Roma; mumok-Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig, Vienna; Museum Abteiberg, Mönchengladbach; Tramway, Glasgow, presso il quale la trilogia è stata presentata in anteprima.
Il progetto è stato inoltre sostenuto da Art Night, Londra; de Young Museum, San Francisco; FRAC Lorraine, Metz; Villa Merkel, Esslingen, oltre che dal museo Madre e da Nicoletta Fiorucci, Fondatrice di Fiorucci Art Trust. Un volume monografico retrospettivo dedicato all'artista belga-statunitense sarà pubblicato dalle quattro istituzioni nel corso del 2019 e presentato al Madre nell'ambito della piattaforma educativa MADREscenza Seasonal School.
Nella mostra al Madre, a cura di Cloé Perrone, il film, concepito come una serie televisiva fittizia, sarà presentato in un allestimento che comprende una serie di sedute scultoree.
La ricerca artistica di Cécile B. Evans si articola fra diversi mezzi, quali video, scultura, performance e installazioni. Nelle sue opere l'artista studia il divario tra pensiero razionale ed emotivo, reinterpretando elementi delle teorie dei network e dell’entropia. Attraverso la creazione di personaggi che assumono differenti forme e caratteristiche, Evans esamina il valore che la società contemporanea attribuisce alle emozioni e alle condizioni dei contesti digitali e materiali che costituiscono la realtà in cui siamo immersi.
La trilogia Amos’ World, composta da installazioni scultoree e filmiche, è suddivisa in tre episodi, ognuno concepito e sviluppato dall'artista come una fiction TV ambientata in un complesso residenziale socialmente avanzato, nella cui struttura è percepibile, in particolare, l’influenza dei progetti brutalisti derivati dall’idea dell’architetto francese Le Corbusier di costruire “una città in un edificio”: la perfetta soluzione abitativa per gli individui moderni e la società dell’era capitalista. I progetti di questi edifici, che si diffusero in tutto il mondo e molti dei quali possono essere ritrovati tra le location dei tre episodi della trilogia, sono quasi sempre risultati fallimentari nella loro ambizione di allinearsi con le specifiche realtà, necessità e desideri delle singole persone che li abitavano, e forse anche della società nel suo insieme.
Tutte le opere componenti la trilogia Amos’ World (in cui i singoli video sono inseriti o accostati a componenti allestitive di matrice architettonica ispirate dalle immagini filmiche) diventano un’allegoria delle relazioni umane all'epoca della comunicazione digitale e dei network contemporanei, in cui le dinamiche del potere individuale sono ridefinite e de-costruite attraverso la pervasiva influenza esercitata dalle infrastrutture tecnologiche che le governano.
In Amos’ World il protagonista Amos, l’architetto che ha creato il complesso residenziale, rappresenta lo stereotipo dell'uomo bianco occidentale, un “genio tormentato” che trasuda un’arroganza che contraddice la sua vera natura tortuosa, velleitaria e un po' patetica, confondendo le sue ambizioni intellettuali con il loro reale impatto sociale.
In Amos’ World (Episode Three) si racconta il momento in cui il mondo dell'architetto Amos viene demolito, anche se non completamente distrutto, il che crea un’inedita condizione di disponibilità verso nuove opportunità. Evocando questa moltitudine di possibilità ancora da cogliere, l’installazione si presenta come uno spazio aperto, costituito nella grande sala al piano terra del museo Madre da una proiezione video e dieci sedute. Queste ultime, intitolate Erratics, sono composte da altrettanti cubi scultorei su cui sedersi per assistere, una persona alla volta e tutti insieme, alla proiezione, suggerendo la compresenza in sala di una visione simultaneamente individuale e collettiva.
Nell’ambito degli studi condotti per la realizzazione del progetto Amos’ World, il museo Madre ha presentato nell'estate del 2018 un laboratorio riservato a un gruppo di bambini, tra i quattro e i dodici anni, residenti nelle Vele di Scampia, a Napoli. Durante il laboratorio – che ha costituito la premessa metodologica di questa mostra ed è stato prodotto dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee nell’ambito del progetto Madre per il Sociale – sono state condivise fra l'artista e i bambini partecipanti alcune riflessioni su aspetti fondamentali del progetto Amos’ World, in particolare sulla possibilità che esista un'alternativa partecipata alla semplice demolizione degli edifici in cui abitano, e dunque un potenziale antidoto alla loro deriva distopica: opinioni, proposte e pensieri emersi nel corso di conversazioni e giochi, incentrati sull’idea di “casa” come luogo dell’esperienza individuale e della memoria. Il laboratorio non si è focalizzato sulle architetture o sul destino delle unità abitative, ma sulla loro matrice di allegorie di possibili modalità di convivenza e di connessione: molti dei partecipanti hanno descritto chiaramente una vibrante, pervasiva rete di relazioni, fondata su rapporti di amicizia ma anche su dinamiche di potere.
L’artista, con il sostegno del museo, ha potuto girare all’interno delle Vele alcune scene che compaiono in Episode Three, riflessioni sulle diverse possibilità di una costante ricostruzione, non tanto architettonica ma, prima di tutto, emozionale e comunitaria.
A Cécile B. Evans sono state dedicate numerose mostre personali in importanti musei internazionali, tra cuiAmos’ World, Tramway, Glasgow, 2018; Amos’ World: Episode One, mumok, Vienna, 2018; Art Basel Statements, Basilea (con Galerie Emanuel Layr), 2017; Sprung A Leak, Museum M, Leuven, 2017; Amos’ World: Episode One, Castello di Rivoli-Museo d'Arte Contemporanea, Rivoli-Torino, 2017; Sprung a Leak, Tate Liverpool, 2016; What the Heart Wants, Kunsthal Aarhus, 2016. Tra le mostre collettive e le rassegne periodiche, imminenti o recenti: Is This Tomorrow?, Whitechapel Gallery, Londra, 2019; Cellular World: Cyborg-Human-Avatar-Horror, GoMA-Glasgow International, 2018; Blind Faith, Haus der Kunst, Monaco di Baviera, 2018; Unthought Environments, Renaissance Society, Chicago, 2018; Common Front, Affectively, Nam June Paik Centre, Seoul, 2018; Hello World, Mito Art Centre, Mito, 2018; Still Human, Rubell Family Collection, Miami, 2017; After Us, K11, Shanghai, 2017; 7° International Moscow Biennale of Contemporary Art, 2017; How Happy a Thing Can Be, Whitney Museum, New York, 2017; 9° Berlin Biennale, 2016. A Evans sono stati conferiti i seguenti premi: Schering Stiftung (2016), illy Present Future Prize (2016), Andaz Art Award, (2015), Palais de Tokyo’s Push Your Art Prize (2013) e Frieze Award (già Emdash, 2012).