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Santa Restituta: nella Madonna delle Conchiglie si sente il rumore dell’amore

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Vinicio Capossela, polistrumentista e scrittore italiano, nel suo album «Marinai, Profeti e Balene» con la canzone «La Madonna delle Conchiglie» si è ispirato alla storia della Santa Patrona dell’Isola d’Ischia.

In particolare protettrice del Comune di Lacco Ameno che d'altra parte ospita sia una Basilica dedicata alla Vergine «nera» e sia un Museo scoperto nel 1951 che raccoglie i resti di una cripta paleocristiana e di un antico cimitero. Capossela racconta della martire, protettrice dei naviganti: Santa Restituta. Il brano, registrato nel 2011 sull’isola verde, suggerito dalla creatività originale del cantautore intento a rincorrere gli occhi gettati nel vuoto dal Castello Aragonese di Ischia Ponte alla ricerca dei confini dell’orizzonte, narra di una «statuetta restituita dal mare con la pelle dipinta di un altro colore».«La Madonna delle Conchiglie / è arrivata restituita dal mare / Senza carte, senza la scorta / senza permesso, senza passaporto», è forse la frase dal testo più suggestiva e richiama le fonti che narrano della presenza di correnti nel Mar Mediterraneo che – come dice lo scrittore inglese Norman Douglas – «vanno costantemente in direzione della Campania». «Come in tempi mitologici le spoglie della Sirena Partenope, galleggiando sulle acque, procedettero sino a Napoli» oppure «nell’età eroica, Palinuro, timoniere di Enea, il cui corpo raggiunse il promontorio che porta il suo nome» anche il corpo della Santa Vergine Restituta navigò nel Golfo di Napoli. Tutto ciò si raccorda ai viaggi dei migranti di oggi che scappano da fame, carestia e guerre alla ricerca di una nuova vita. Le fonti, in definitiva, celebrano l’esistenza di un corridoio capace di ripristinare, e ciò avviene da migliaia di anni, il collegamento tra le coste dell’Africa a quelle della penisola italiana. In cui la ricerca di una salvezza è soltanto una delle tonalità che mette in comunione i popoli del «Mar Bianco di Mezzo»-come lo chiamano gli arabi-culla di alcune tra le più antiche civiltà del pianeta. Il «viaggio» di Santa Restituta ci rammenta delle persecuzioni religiose che, oggi come allora, si fissano nella memoria di un presente che non è poi tanto lontano dal passato tratteggiato dai segni di supremazia arrogante degli uomini su altri uomini con la scusa della religione. Tracce storiche dicono che la Santa provenisse dalle coste della Tunisia. Secondo alcune era originaria di Cartagine, che già nel III secolo era sede di un centro episcopale, altre invece la danno nativa di Tenizia cioè l’attuale Biserta. Si formò presso la Scuola di San Cipriano, Vescovo di Cartagine. Fece parte del gruppo dei martiri Abitinesi. Sorpresa proprio nella città di Abitina, in casa di Ottavio Felice durante la celebrazione del rito eucaristico «dominicum» fu condotta a Cartagine in catene assieme ad altri cinquanta prigionieri. Era il 304, periodo della decima persecuzione ordinata dall’Imperatore Diocleziano e i soldati romani facevano prigionieri tra i cristiani che arrivavano da Cartagine e Biserta. Furono condannati al martirio, dopo l’interrogatorio in cui riconfermarono la propria fede. Tra loro anche Santa Restituta il cui culto si estende nel «Mare Nostrum» in un nesso ineliminabile tra Oriente e Occidente. Pur mancando fonti certe sul luogo e il tempo del suo martirio, da Napoli a Palermo, da Cagliari e Oristano sino ad arrivare in Corsica, i luoghi di culto sembrano tessere una trama che lega identità e tradizioni di regioni apparentemente eterogenee tra loro. La festa più emozionante che celebra la martire ha luogo proprio a Lacco Ameno con undici giorni di festeggiamenti, dall’8 al 18 Maggio. Il folclore, la rappresentazione dello sbarco di Restituta, le visite ai musei, rinnovano l’indiscutibile relazione con il passato e trovano nella processione del 17 il momento principale in cui una memoria millenaria unisce il fascino irreale di una storia commovente a quello religioso. Si narra, infatti, che la Santa sfiancata dalle torture, in fin di vita, fu posta su una barca carica di stoppa, resina e pece. Trascinata a largo, fu data alle fiamme. Ed è qui che il miracolo si palesa attraverso la Provvidenza Divina, di quel «Fato» che muove la natura delle cose. Data alle fiamme, la barca con il corpo sfinito di Restituta, rimane illesa. Il fuoco, invece, annientò l’altra imbarcazione che trasportava i suoi carnefici. Dopo l’invocazione di Restituta, un Angelo la accompagnò durante la traversata che l’avrebbe condotta sulle coste campane. Soddisfatta, chiese al Signore di accedere alla pace eterna e le fu concesso. Una matrona di nome Lucina, avvisata in sogno dall’Angelo che ne scortava la salma, radunò la popolazione. Presero in custodia le spoglie senza vita per darne sepoltura presso Eraclius, oggi Lacco Ameno, alle falde di Monte di Vico. La stessa tradizione riferisce che la barca con il carico umano benedetto approdò sull’isola di Aenaria, l’isola d’Ischia, presso la località di «Ad Ripas», l’odierna Baia di San Montano. E ancora che al contatto dell’imbarcazione con la terra sbocciò spontaneo un letto di gigli bianchi per accoglierne i resti. Il tutto è rappresentato nella ricostruzione scenica del 16 Maggio nella Baia di San Montano in una vibrante intesa di sensi eccitati dai colori dell’imbrunire e dalla brezza marina. Un viaggio in fondo, quello di Restituta, che simboleggia quello dell’uomo. In cui filtra la religiosità mescolata alla leggenda e l’amore è il punto essenziale e immortale. E’ l’energia che vivacizza anche la morte fredda senza calore e che avrebbe il potere di trasformare in qualcosa di diverso pure la nostra modernità spesso senza senso.