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Sun, Dec

L’Italia va a fondo con questa Pubblica Amministrazione

Attualità
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Sono passati circa 24 anni cioè circa un terzo di secolo da quel settembre del 1997. Mi sembra ieri perché siamo allo stesso punto, con le stesse criticità, le stesse esigenze. Nel Palazzo della Provincia di Napoli in Piazza Matteotti dove lavoravo all’ufficio stampa si respirava un’aria di “rinnovamento della pubblica amministrazione”, l’eterno problema del buon funzionamento dell’apparato pubblico sempre al centro di ogni discussione, con i “decreti Bassanini” (dal nome del ministro della “Funzione Pubblica”) che introducevano un nuovo ed estremo concetto nell’organizzazione degli enti locali: la “responsabilità gestionale” veniva affidata ai “dirigenti e funzionari” ed al “politico” veniva lasciato solo l’ “atto di indirizzo”.

In un grande ente locale – come allora era la Provincia di Napoli – questo significava una enorme valorizzazione dei dirigenti e dei quadri con “autonomia professionale” rispetto all’invadenza del politico di turno che furono chiamati ad impegnativi corsi di formazione professionale di livello universitario o addirittura postuniversitari finanziati dal Governo e dall’Unione Europea. Per molti impiegati fu un “ritorno a scuola” di malavoglia ma alcuni colsero il segno della rivoluzione tecnologica causata dall’informatica e dalla telematica con un formidabile accrescimento culturale. Il rinnovamento del nostro ente – al centro da oltre vent’anni del dibattito sulla sua “utilità” – veniva favorito con la svolta avvenuta nel 1995 con la prima elezione diretta del Presidente della Provincia prevista dalla legge del 1993.

L’impostazione della legge 142 del 1990 -la prima grande riforma degli enti locali – assegnava ai Comuni ed alle Province un ruolo fondamentale e di pari importanza. Soprattutto alla Provincia, con l’obbligo di predisporre il Piano Territoriale di Coordinamento, veniva assegnato un ruolo ineludibile di “Programmazione Territoriale e Generale” tanto più decisivo per l’area napoletana costituita da 92 Comuni e contenente la metà dell’intera popolazione della Campania. La prima elezione diretta aveva portato alla presidenza il sociologo Amato Lamberti (1943-2012) che era stato assessore con la prima giunta di Antonio Bassolino al Comune di Napoli. Centrosinistra al Comune e stessa coalizione alla Provincia in un momento di necessario rilancio per la Città e la Provincia.

La riorganizzazione – prima burocratica e poi “politica” – della Provincia partiva dall’organizzazione del personale con il riavvio di concorsi pubblici per dirigenti ed impiegati e l’aggiornamento perfino nella denominazione degli uffici e dei servizi. L’assessorato al personale si chiamò “Risorse Umane” mutuando dall’organizzazione aziendale.

Quel biglietto di invito arrivò alla mia scrivania insieme ad altri inviti ma mi colpì. Era del CENSIS e si trattava di un “workshop riservato” per i “comunicatori pubblici” degli enti locali (Comuni, Province e Regioni) dal titolo: “Directory, Informazione, Comunicazione Pubblica – scenari e strumenti”. Il luogo dell’incontro era Roma al Residence di Ripetta. La data era mercoledì 10 settembre 1997. I relatori Giuseppe De Rita, presidente del Censis, Giuseppe Roma, direttore del Censis, Carlo Sismondi, presidente del Forum della Pubblica Amministrazione, Alessandro Rovinetti, segretario generale dell’Associazione Comunicazione Pubblica. “Chairman” era il direttore dell’Agenzia ANSA, Giulio Anselmi. L’invito mi colpì perchè era la prima volta che leggevo in Italia che un “seminario” si chiama “workshop” e che il “moderatore” si chiama “chairman”. L’inglese era diventato essenziale. Il biglietto spiegava anche gli obiettivi del “workshop”: “sperato o temuto che sia, non v’è più dubbio che il nostro futuro sarà telematico e basato sulle reti e che gli scenari dell’informazione sono in piena transizione verso la loro smaterializzazione digitale. Come risolvere sul piano degli interessi pubblici e della comunicazione con i cittadini la distanza tra l’evoluzione multimediale ed una dotazione media familiare di tecnologie ancora piuttosto carente e come creare il maggior numero possibile di accessi alle nuove directories di informazione”. Fui colpito anche dalla divisione tra “informazione” e “comunicazione” (ne parlavamo nel mio ufficio con i miei colleghi Antonio Vista e Mimmo Pennone della gestazione della “legge sulla comunicazione pubblica” che arrivò nel 2000 al numero 150). Ero partito nel 1975 in un’epoca dove l’ordine professionale dei giornalisti non riconosceva “giornalistico” il ruolo degli addetti agli uffici stampa degli enti locali né la federazione nazionale della stampa prevedeva contratti e tutela per gli addetti stampa di enti pubblici. La FNSI prevedeva uffici stampa solo “collegati ad aziende editoriali”. 22 anni dopo avevamo fatto un piccolo passo in avanti perché potevamo essere “informatori” o “comunicatori” anche per l’applicazione della legge 241/90 sulla trasparenza e l’accesso agli atti. La legge sulla “Comunicazione Pubblica” n.150/2000 imponeva ad ogni ente locale la costituzione degli Uffici Relazioni con il Pubblico (URP) diretti da un “funzionario” con contratto collettivo degli enti locali ma con validità del titolo di “giornalista”.

Mi feci autorizzare dal Presidente prof. Amato Lamberti ed andai a Roma a quel “workshop” e ne feci un ampio articolo che fu pubblicato sulla rivista ufficiale delle Province d’ Italia (Le Province n.11/12 1997) oltre che sul “Roma” e su “Il Golfo”. L’ articolo – dal titolo significativo “Dai funzionari la rivoluzione copernicana negli enti locali” - è raccolto nel mio libro “Ischia, l’isola che non c’è” del 1999 ed è ancora attuale. Potrebbe essere riproposto punto per punto perché a distanza di 24 anni i piccoli e medi Comuni hanno fatto indietro in termini di “ efficienza, efficacia ed economicità” e non hanno provveduto alla “ rivoluzione copernicana” di una modernizzazione totale della loro organizzazione come “ aziende di servizi” o meglio c’è chi l’ha fatto e chi non lo ha fatto quindi il dislivello tra il Nord ed il Sud si è accresciuto anche per questo e così abbiamo cittadini di un Comune di serie “ A” e cittadini di un Comune di “ Serie B, C, D” in termini di erogazione di servizi, di vivibilità, di sviluppo economico e civile. Anche nella nostra isola d’ Ischia spezzettata in sei Comuni c’è un Nord ed un Sud “economico” e “sociale”. I cittadini che hanno le grandi e belle scuole in moderni o antichi edifici, il cinema, la biblioteca, l’asilo nido, il mercato, gli uffici pubblici aperti ed organizzati con eleganza come una sede di una banca, il sistema commerciale elegante, sono in serie “A” mentre quelli che non ce l’hanno sono in serie “B” fino a scendere in “D” se ci aggiungiamo le catastrofi naturali come un’alluvione (2009-Casamicciola) o un terremoto (2017 Casamicciola e Lacco Ameno).

In quel “workshop” emerse che” un buon amministratore deve essere capace di utilizzare al meglio le risorse disponibili essendo ormai oltre il 60% delle risorse degli enti locali di propria competenza e deve saper fare “marketing per trovare nuove risorse finanziarie” come affermò il direttore del Censis, Giuseppe Roma.

Il direttore del Censis affermò deciso: “Questo nostro Paese va a fondo se non migliora la Pubblica Amministrazione”.

Ho partecipato nella mia vita a centinaia di convegni ma quel “workshop” è stato per me rivelatore di una verità assiomatica senza la quale è vana tutta l’architettura giuridica, economica e politica.

IL CASO DELLA RICOSTRUZIONE POST TERREMOTO

Il caso della Ricostruzione post sima del 21 agosto 2017 di Casamicciola e di Lacco Ameno si inserisce “istituzionalmente” nell’ impostazione farraginosa e inefficiente della Pubblica Amministrazione. Così rischia di finire il “Recovery Plan” che è l’occasione di rilancio economico che non dobbiamo perdere perché necessario per riparare i danni giganteschi causati dalla pandemia del Covid 19. L’organizzazione degli uffici è indispensabile ed è condizione necessaria e perfino sufficiente se si hanno amministratori competenti, onesti, senza falsi scopi. Il “qualunquismo” è un prodotto dell’ignoranza e della frustrazione umana ed è virale peggio del Covid 19. Per esempio il Comune di Casamicciola (8 mila abitanti) non ha da oltre 30 anni il “capo dell’ufficio tecnico” – come si chiama l’ufficio per l’edilizia pubblica e privata come se la “tecnica” non fosse anche della Contabilità e dell’Informatica - e da 30 anni e più le Amministrazioni “politiche” di ogni colore e persona non hanno mai bandito il concorso pubblico per il capo dell’ufficio tecnico per l’edilizia e la pianificazione. L’ importanza dei concorsi pubblici e lo stato dell’arte sono stati rimarcati dal prof. Sabino Cassese in un editoriale sul “Corriere della Sera” di martedì 11 maggio 2021.

L’ archivio dell’“ufficio tecnico” di Casamicciola è sparso nelle 5 sedi che ha cambiato il Municipio in 30 anni. Poi c’è stata l’alluvione ed il terremoto. Il Comune di Casamicciola non ha mai avuto una “Carta dei Servizi”. Nessun amministratore comunale ha mai partecipato al Forum della Pubblica Amministrazione che si tiene a Roma ogni anno da oltre 20 anni. Nessun corso di formazione professionale è stato promosso dal Comune da oltre 30 anni. Nessun amministratore sa che cosa sia una “giornata residenziale” come le società di consulenza aziendale chiamano i corsi di studio per gli amministratori. Così l’art.97 della Costituzione che afferma che nella Pubblica Amministrazione si entra per concorso pubblico viene non applicato. Si applica l’istituto “intuitu personae” che deve essere utilizzato solo per caso eccezionale, solo per altissima professionalità, solo a chiaro tempo determinato, senza vincolo di subordinazione, come istituto ordinario per il funzionamento dei servizi così non solo non si persegue l’efficienza ma si codifica la discrezionalità del Sindaco dalla quale discende fatalmente il clientelismo.

In questo modo dal “Commissario Straordinario di Governo”, al “Piano di Ricostruzione” della Regione, al “Piano Urbanistico Comunale”, al “Piano Strategico” della Città Metropolitana, allla “consulenza” per INVITALIA, arriva anche quella che Sergio Rizzo (La Repubblica-Affari e Finanza lunedì 10 maggio 2021) chiama la “Cabinite” cioè innumerevoli “cabine di regia” tra poteri ordinari e straordinari “provvisoriamente” organizzati.

Uscire da questa disorganizzazione e risalire dal fondo è più difficile della lotta contro il Covid 19.