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Appunti per Irene: una Donna di Cultura per la svolta dello “ sviluppo sostenibile”

Politica
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Ho sostenuto –attraverso dichiarazioni sui social che sono ormai il primo canale di informazione ma per fortuna non l’ unico – la candidatura di Irene Iacono a sindaco di Serrara-Fontana. Per diverse ragioni. La prima è per Cultura. C’è bisogno di Cultura Politica nella Pubblica Amministrazione certificata e praticata. La seconda, per provata esperienza di una buona amministrazione con il sindaco Rosario Caruso che ha sempre comunicato con la Pubblica Opinione per la “ trasparenza degli atti”. La terza ragione è perché è Donna. Le Donne quando fanno le cose mettono tutte le loro forze ed il loro entusiasmo.

La sua vittoria elettorale con il 60,71%  dei votanti, che sono stati il 68,22% degli aventi diritto al voto  e quindi un record eccezionale di questi tempi di partecipazione al voto, danno la conferma di una svolta civile. La chiusura di un’epoca. L’ inizio di una nuova.  Avremo tempo e modi per fare con lei e la sua amministrazione confronti – anche  aspri se necessario – sui temi che riguardano tutti noi dell’ isola d’ Ischia. Se non possiamo, come non possiamo, arrivare al “ Comune Unico” poiché è alla Regione Campania che spetta il riordinamento di 500 Comuni della Campania in un nuovo quadro normativo dove può e deve trovare un ruolo l’ Ente Città Metropolitana di Napoli,  possiamo e dobbiamo avviare dal basso una “ Coesione economica e sociale” dell’ intera isola sia perché è alla nostra portata sia perché è la traccia che la stessa Unione Europea ci indica. Che una speranza di cambiamento arrivi dal Comune più alto dell’ isola è un buon segno. Ischia si deve “ guardare dall’ alto dell’ Epomeo” come diceva il sindaco di Ischia Vincenzo Telese nel 1946 e  di converso “ Napoli si deve guardare dall’ alto del Vesuvio” come ho rimarcato nell’ incontro a Palazzo Serra di Cassano venerdì 10  settembre per sostenere la candidatura di Antonio Bassolino a sindaco di Napoli. E’ un percorso obbligato o da maggioranza o da opposizione e il cammino è  segnato. Dal piccolo al grosso Comune. Insieme nella “ Grande Napoli” per Geografia, Storia ed Economia.
La prof.ssa Antonella Di Nocera che è stata assessore alla cultura nella prima giunta De Magistris a Napoli il 2 ottobre, un giorno prima del voto a Napoli. Ha diffuso su Facebook  una nota che ha titolato: “ Appunti di un esilio dentro la città”. L’ ho trovata di estremo interesse e la ripropongo qui:”Appunti da un esilio dentro la città.
In queste ore si chiude un lunghissimo ciclo. Da quando sono fuoriuscita da quella stra-ordinaria prima giunta de Magistris mi sono un po’ esiliata dentro la città. Ho parlato raramente, mi sentivo chiamata in causa, per esserci stata anche solo all’inizio. Sarò all'antica, per me un incarico pubblico è una cosa sacra.
Ci sono persone, tante, troppe, che non escono mai dalla scena pubblica: cambiano partito, idee, persino pelle pur di restarci. Non so come fanno.
Oggi sento il necessario distacco per scrivere, mentre le bombe e i botti illegali fuori dalle mie finestre - sempre più lunghi, un Capodanno al giorno - mi ricordano in che città vivo. E mi sovviene l’angoscia e l’impotenza di quando, la notte, tornavo a casa dopo una giornata di lavoro da assessore: ma cosa governiamo in questa città se i fuochi dei boss interrompono il sonno dei nostri figli?
In quei 23 mesi di governo ho imparato quanto sia insidioso il meccanismo della macchina comunale, perno di ogni possibile cambiamento. Se provi a metterci le mani diventa come sabbie mobili. Impari a galleggiare per sopravvivere: poi come un camaleonte cominci ad assomigliargli. Ti tiri fuori e ti salvi, oppure muori. Credo che non sia davvero colpa di qualcuno. È proprio un sistema, sì, creato dalle persone, ma capace di acquisire vita propria e di fagocitare le umane virtù.
Ho pensato spesso a dove si sbaglia. Come succede che chi viene dalla società civile, e non dalla politica, se non si trasforma dentro essa, ne viene espulso. Innanzitutto ci sono le illusioni, e quindi gli errori. Come pensare che avere come primo obiettivo il bene pubblico e i progetti a lungo termine sia la cosa più importante: no, ci si trova immersi in un campo minato di compromessi, laddove il buon senso perde di senso. Come pensare che lealtà e umiltà siano il fondamento della politica: no, intorno vige la unica e sola legge, quella della visibilità e della comunicazione fittizia, e tutto ciò che è reale sembra non esistere. Come concentrarsi sul lavoro quotidiano pensando che è lì la soluzione, più lavori più ottieni risultati: no, c’è altro che deve accadere che non dipende da te.
Una prima consapevolezza: Napoli è troppo grande da governare. Non dire che è impossibile amministrarla bene è già un passo falso, un’ipocrisia. Perché non si dice mai chiaramente? Una sola municipalità, la sesta, ad esempio, ha gli stessi abitanti di Monza, più del doppio di Avellino. Già si capisce tutto.
L’amministrazione de Magistris ha fallito proprio sul punto più qualificante: la partecipazione al governo della cosa pubblica. Le Municipalità, pronte per promuoverla, sono state svuotate, e così ogni altro strumento di partecipazione, a iniziare dai forum, di cui nessuno si ricorda più.
Oggi, il Comune di Napoli, la sua struttura, è totalmente da ricostruire. La rivoluzione annunciata mai iniziata, la macchina comunale azzerata: 11000 dipendenti nel 2011, oggi 4000. Un numero che non consente di assolvere nemmeno alle funzioni essenziali minime.
Per ripartire dai bisogni urgenti dei cittadini la macchina bisogna conoscerla: intendo, una ad una, le persone che compongono questo magma umano. Solo dalla conoscenza può venire la ricostruzione.
E’ come se si dovesse provare a fermare il tempo per riorganizzarsi e poi riprendere la corsa. È vero, ci sono le emergenze, il baratro economico: incombenze tali da sconvolgere ogni piano. Ma sono convinta che uno spazio ed un tempo dell’amministrare, debba essere riservato a questo “extra”: la valorizzazione delle competenze che ci sono e delle risorse umane non più motivate; la messa a punto di standard di prestazione e modalità cooperative andate perdute (perché a nessuno viene chiesto di pensare ma solo di non disturbare il manovratore); e, infine, l’iniezione di consapevolezza, la cura, l’amore per il lavoro, al servizio della comunità. Come sarebbe bello fondare l’amministrare sulla CURA, che magnifica parola.
Il passo successivo è porre al centro il rapporto con i cittadini. Una task force trasversale per l’ascolto e il controllo di qualità dei servizi offerti, efficace, competente, che raccoglie e risponde alle istanze con immediatezza, in collegamento costante con assessorati e municipalità.
In questo ideale tempo di ripartenza e di verità, si impongono le priorità da cui non si può prescindere: le stesse da decenni.
Si fa un gran parlare di misure per contrastare la povertà educativa e la dispersione scolastica, ma c’è una cosa essenziale, senza la quale, altri discorsi sono inutili. Ottenere dal governo il tempo pieno (8-17) nelle scuole elementari, con mense scolastiche funzionanti, giardini curati e palestre agibili (non esiste scuola senza attività fisica), proprio come nelle città del centro e del nord del paese. Un fatto eclatante, perché si parla di eguaglianza nell’ambito di un diritto, allo studio, previsto dalla Costituzione. Nel 2011, per dirlo fortemente organizzammo un incontro al Teatro San Carlo con i maestri, per riconoscerne il valore e dire che nelle loro mani ci sono i futuri cittadini. Fu bello e commovente, un sogno. Ma il resto non accadde mai.
La promozione della cultura come risorsa di progresso civile collettivo. Le parole mi si fermano in gola. Sono ancora quelle che lanciammo nelle Giornate della Cultura del 2013, quando grandi personalità si confrontarono con associazioni e attivisti che rappresentano la vera ricchezza di Napoli. La cultura non ha bisogno dei milioni di euro spesi per i grandi eventi. Per costruire cittadinanza e comunità servono occasioni tutto l’anno e disseminate nei territori. Non guerre per affidamenti di spazi, ma “Case della cultura”, dove il privato sociale coopera con il pubblico: biblioteche e mediateche multimediali, laboratori per le arti con un raccordo stabile con le grandi istituzioni culturali la cui mission ha un raggio di azione che deve andare oltre il centro città.
La cultura si rivela in carne e ossa, si specchia nella città che si calpesta, si abita ogni giorno e non esiste senza la vitale lezione di questi ultimi anni: ambiente, decoro, igiene. Il nostro verde, i nostri alberi, i nostri parchi, ma anche i marciapiedi, le piazze e le piazzette. Non c’è più tempo da perdere. Pensarci prima di ogni altra azione. Deve iniziare una gara per l’ambiente, condivisa da cittadini e pubblica amministrazione, laddove negli spazi all’aperto e comuni servono le regole di quella normalità che abbiamo dimenticato.
Ed infine, una questione fondamentale, quella giovanile. Solo coordinando le azioni per dare ai giovani risposte vere, in termini di identità, di responsabilità e alternative di vita, si potrà comprendere quella “linea d’ombra” dell’adolescenza, dove gli strumenti si rivelano drammaticamente inefficaci. Si deve cambiare rotta: investire nella creazione di presidi formativi tecnologicamente avanzati, belli, autorevoli, abitati da persone motivate e con obiettivi stringenti, in osmosi virtuosa con il territorio e i professionisti. L’Academy a San Giovanni a Teduccio, è un modello, è vero, va replicata coinvolgendo realtà imprenditoriali, culturali e artistiche e in settori in cui i giovani devono costruire e trovare lavoro qui.
In fondo, l’hub tecnologico della Federico II a San Giovanni, dedicato ai giovani, è simbolo di una visione di città che trova ad Est un motore propulsore di futuro.
E’ solo un esempio, ma idealmente, la nuova amministrazione potrebbe partire da lì e completare il lavoro: garantendo agli studenti una città vitale appena fuori del campus: ambiente, trasporti, sicurezza, manutenzione, servizi efficienti, welfare, ma allo stesso tempo, facendo in modo che gli abitanti intorno il campus sentano i suoi giardini verdi come uno spazio proprio, da frequentare con nonni e bambini, dove respirare una aria nuova di città. E’ già aperto. Bisogna dare ai cittadini consapevolezza di cittadinanza. Non è un gioco di parole. Se si amministra con il cuore e la testa, si può.”.
Io non trovo di meglio che sottolineare a Irene Iacono, sindaco di Serrara-Fontana, questa nobilissima pagina di Antonella Di Nocera.
Auguri e buon lavoro.