Ischia News ed Eventi - Il punto / Un programma di ritorno ai Consigli comunali
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Il punto / Un programma di ritorno ai Consigli comunali

Politica
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Il risultato di queste elezioni regionali era ampiamente previsto. Il cosiddetto “centrosinistra” – si scrive senza trattino – veniva dato per sicuro vincente sia dal numero delle liste di sostegno sia dal peso dei principali esponenti della coalizione. L’unica variabile era rappresentata dall’entità del distacco rispetto al “centrodestra” – anche questo senza trattino.

Per molti anni quel trattino tra centro e destra o sinistra ha indicato un’alleanza fra aree politiche molto diverse, che trovavano tuttavia un accordo di governo. Negli anni Settanta del Novecento, ad esempio, il trattino separava la DC di Aldo Moro dalla sinistra di Pietro Nenni, indicando i poli principali della DC e del PSI.

Con Tangentopoli, dal 1992, e con le nuove leggi elettorali, i partiti solidi sono stati distrutti e hanno lasciato spazio a partiti “liquidi”, guidati da un uomo solo al comando. Negli ultimi trent’anni si è affermato un sistema di leaderismo, sostenuto da varie leggi elettorali. Per cinquant’anni abbiamo votato con il sistema proporzionale; poi sono intervenuti cambiamenti continui, non solo per il Parlamento ma anche per ognuna delle venti Regioni italiane. Anche le leggi elettorali comunali sono mutate, così come la normativa sull’elezione diretta del sindaco. Nel 2014, inoltre, la Provincia è uscita dal perimetro dell’elezione diretta degli organi.

Ritengo che queste riforme abbiano indebolito la democrazia politica a tutti i livelli e che il leaderismo abbia contribuito alla grave disaffezione verso la politica, tanto che ormai vota soltanto il 40% dell’elettorato. È in questo quadro che interpreto il voto del 23 novembre in Campania, e non credo che la politica possa essere rilanciata lungo questa strada. Questo sistema alimenta l’astensionismo e massimizza l’influenza delle lobby e dei professionisti della politica. Costoro dispongono di organizzazioni clientelari e relazioni forti che determinano l’elezione dei candidati e la vittoria delle coalizioni.

Per una figura della cultura o dell’impegno civile è inutile presentarsi in una lista che la utilizza come elemento di propaganda senza poi sostenerla realmente. Ciò che conta è l’organizzazione e la ramificazione sul territorio. Un tempo tale organizzazione risiedeva nelle sezioni locali dei partiti; oggi si basa quasi esclusivamente su reti di relazioni più o meno potenti.

Per salvare la democrazia politica occorre restituire ruolo e valore alla partecipazione attiva, a partire dai consiglieri comunali, come avveniva in passato. Cinquant’anni fa un consigliere comunale contava: poteva far cadere il sindaco, rispondeva alla sezione di partito e all’elettorato che seguiva, era in rapporto diretto con il deputato che contribuiva a eleggere. La classe politica locale – anche nei piccoli Comuni – partecipava e incideva realmente.

Oggi, invece, non si conoscono – almeno attraverso la stampa – neppure i nomi dei consiglieri comunali, e alle riunioni dei consigli non partecipa quasi nessun cittadino. L’interesse per i beni comuni è ai minimi storici.

È questa la post-democrazia?

G. M.