Ischia News ed Eventi - “Lux aeterna luceat eis, Domine, cum sanctis tui in Aeternum quia pius est. Requiem Aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua, luceat eis.”
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“Lux aeterna luceat eis, Domine, cum sanctis tui in Aeternum quia pius est. Requiem Aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua, luceat eis.”

Arte
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Franco Lancio, artista avellinese che da anni ha un rapporto stretto con l’associazione Amici di Gabriele Mattera che cura le esposizioni d’arte contemporanea tra le mura del maniero, ci racconta di aver stretto un rapporto di amicizia e stima con l’arch. Nicola Mattera a cui si deve la gentile concessione di uno degli spazi d’arte più suggestivi dell’isola: la chiesetta dell’Immacolata per le performances dell’artista.

 

Già nel 2017 Lancio varcò con onore la soglia della chiesetta realizzando con centinaia di fogli Fabriano di circa 30 cm x 50 cm, la sagoma di un grande capodoglio disegnandola tutta a matita, la cui presenza nel mare di Ischia è da qualche anno sempre più evidenziata dai biologi marini, tanto da aver suggestionato la sua immaginazione e da suggerirgli di ribattezzarla col nome di Brunone. Con questa ultima esposizione “16 clarisse” Lancio sceglie di raccontare l’esistenza di sedici donne che avevano donato la loro vita a Dio e vissuto in semplicità tra i giardini del monastero, secondo la regola voluta da Papa Innocenzo IV e i principali voti di castità, povertà e obbedienza, guardando alla vita eterna come loro prospettiva di affermazione e di vita. Le Clarisse vissero sul Castello Aragonese nel convento fondato dalla Badessa Beatrice Quadra, vedova d’Avalos nel 1577, finché nel 1809, furono costrette ad abbandonarlo a causa delle leggi di espropriazione dei Beni Ecclesiastici emanate da Gioacchino Murat e ad accontentarsi di dimorare presso palazzo Lanfreschi nel borgo di Ischia Ponte, a patto che non vi fossero altre novizie, ultimo sciame della violenza anticlericale con cui la Rivoluzione Francese marchiò per sempre il pensiero e la cultura del suo popolo.
16 teli sospesi nella chiesetta dell’Immacolata sul Castello Aragonese raccontano la fine di vite di cui nulla sappiamo, sospese come anime vaganti tra le mura del maniero, distaccate da quei corpi che sono stati adagiati per secoli sulle seggiole del piccolo cimitero a raccogliere i loro umori mortali nel sottostante Putridarium, accadimento tanto macabro quanto velato del religioso sensus mortis, ben espresso dalla istallazione sonora costituita dallo scroscio continuo dell’acqua e dalle piccole ampolle contenenti dei pesciolini rossi guizzanti, ultimo sospiro di vita che incrocia il movimento dei teli esposti alla luce, cui fa da controcanto un perpetuo Lux Aeterna di György di Ligeti cantato da sedici cantanti, che pur con la stessa melodia e le stesse parole creano un armonico contraltare musicale. Veli e teli è il gioco semantico intriso nell’istallazione visiva di Franco Lancio che dialoga con l’istallazione sonora di Giampaolo Vitelli con cui la mostra è stata realizzata: abbiamo il ritratto figurato delle monache rappresentate dai teli, di cui ci resta un accenno alla loro vocazione, con l’abito monacale e i loro nomi vergati sopra, accompagnato dalle intuizioni sonore date dallo scorrere dell’acqua che allude al perpetuarsi nel tempo di uno spazio infinito che narra la fine inconsueta cui venivano sottoposti i loro cadaveri e dalla percezione spaziale – evocativa, data dalla installazione dei sedici veli attraverso i quali, si può fare un breve percorso nella memoria aiutati dalle tavole rievocanti i capitoli della celebre Bolla papale di Innocenzo IV sulla regola della vita claustrale.

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