In un momento di crescente allarme per gli effetti della crisi climatica sugli ecosistemi marini, una recente ricerca condotta nelle acque dell’isola d’Ischia ha portato alla luce sorprendenti capacità di adattamento delle patelle (Patella caerulea) all’acidificazione degli oceani.
Lo studio, coordinato dalla Prof.ssa Camilla Della Torre dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, e pubblicato sulla rivista Environmental Research, apre nuove prospettive sulle strategie di sopravvivenza delle specie marine in ambienti estremi.
Un laboratorio naturale unico nel suo genere
Le acque di Ischia, grazie alla presenza di "vents" vulcanici sottomarini che rilasciano anidride carbonica, offrono un laboratorio naturale unico al mondo. Queste emissioni creano condizioni simili a quelle previste per gli oceani alla fine del secolo, a causa dell’incremento di CO₂ atmosferica.
In questo contesto, ci si aspettava che organismi con guscio calcareo, come le patelle, fossero gravemente penalizzati dalla diminuzione del pH. Eppure, i risultati dello studio hanno smentito queste previsioni.
“Con sorpresa, abbiamo osservato che le patelle di Ischia non solo sopravvivono in acque acidificate, ma diventano più grandi e immagazzinano maggiori riserve energetiche rispetto a quelle che vivono in acque normali, a poche decine di metri di distanza”, ha spiegato il team di ricerca.
I motivi dell’adattamento
Secondo gli scienziati, questo adattamento potrebbe essere favorito da diversi fattori:
Maggiore disponibilità di cibo: alcune alghe prosperano in presenza di CO₂.
Minore competizione e predazione: molte altre specie non riescono a tollerare tali livelli di acidità.
Il team di ricerca è composto da:
Silvia Giorgia Signorini (Università degli Studi di Milano, SZN) – prima autrice dell’articolo
Marco Munari, Fabio Crocetta, Isabella Moro, Ilaria D'Aniello, Lara Nigro e Fiorenza Micheli (Stanford University)
Un equilibrio fragile
Nonostante le capacità adattative osservate, i ricercatori mettono in guardia dai costi biologici di vivere in un ambiente così estremo.
“Sopravvivere in condizioni ostili comporta un forte stress metabolico e un grande dispendio di energie”, sottolinea la Prof.ssa Della Torre.
Inoltre, un'eccessiva specializzazione nell’adattarsi a un singolo stress — come l'acidificazione — potrebbe rendere le specie più vulnerabili ad altri fattori, come il riscaldamento delle acque o l’inquinamento.
Un messaggio chiaro: agire ora
Lo studio rafforza la necessità urgente di ridurre le emissioni globali di CO₂.
“La tolleranza all’acidificazione di alcune specie non giustifica in alcun modo l’inazione. La crisi climatica impone un impegno immediato e globale”, ribadiscono i ricercatori.
La ricerca ricorda che l’acidificazione degli oceani sta già alterando in profondità gli ecosistemi marini, con conseguenze anche per la sicurezza alimentare delle future generazioni.
🌊 Una sfida silenziosa ma potentissima, che si sta giocando proprio nei nostri mari.
🔗 Leggi lo studio completo su Environmental Research:
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0013935125011259