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Il punto / Un voto politico in ogni elezione. Io voto a sinistra

Politica
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Forse ho qualcosa da aggiungere al mio “Controcorrente” di lunedì 17 novembre 2025, apparso su Il Dispari con il titolo Il sonno degli enti locali ha generato il Mostro della Regione. Ho premesso – e ripeto – che questa campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale e l’elezione diretta del presidente della Giunta, che ormai per prassi si chiama “governatore”, è talmente scadente da giustificare il grande astensionismo. Questo è il vero punto, ed è la preoccupazione più seria per chi crede nella democrazia politica, per la quale ho lottato per tutta la vita.

La disaffezione dei cittadini verso la politica è la questione drammatica oggi sul tappeto. Se una nuova generazione vuole – come deve – ritornare all’impegno politico, così come lo ha avuto e in parte lo ha ancora la mia generazione sessantottina, deve ridefinire la propria concezione di “democrazia politica”, nata alla fine del XVII secolo in Gran Bretagna e in Francia, grazie ai grandi pensatori che hanno lanciato il seme della libertà in Europa e nel mondo.

Non è affatto vero che la nostra epoca sia segnata dall’abbandono delle ideologie. Le grandi idee si aggiornano, ma non vengono abbandonate. Non si può “ballare” sulle idee. Non si può ridicolizzare il “comunismo italiano” ridicolizzando se stessi ballando, senza neppure saper ballare. La mia generazione restava invece affascinata dai discorsi colti, alti, chiari, fermi, di uomini come Francesco De Martino, Giovanni Pieraccini, Giacomo Brodolini – alcuni leader della mia parte politica – ma anche di Enrico Berlinguer, leader di un’altra parte politica, ma l’unico, nel 1972, capace di riempire Piazza del Plebiscito con rigore, concretezza, consapevolezza e responsabilità estrema nel rappresentare le condizioni economiche e sociali di milioni di lavoratori del braccio e della mente.

Per me non esiste una campagna elettorale senza la partecipazione attiva dei cittadini. Dalle amministrative alle politiche, il cittadino deve partecipare: conoscere i candidati, leggere i programmi, dire la propria sulle cose urgenti da fare per il Comune, per la Provincia (per la quale non si vota più dal 2014!), per la Regione, per il Parlamento della Repubblica e, dal 1979, anche per il Parlamento Europeo. Il voto deve essere politico in ogni occasione. Non deve esistere un voto “personale”. In ogni lista ci sono amici, parenti, conoscenti. Ma la politica diventa una cosa seria solo quando un cittadino dà un voto per convinzione, non per convenienza. La democrazia politica ha iniziato la sua discesa, diventando “ballerina” e “trasformistica”, quando tutto è diventato mercato, senza alcun legame con la dignità dell’opinione.

Personalmente voto a sinistra per storia personale e per profonda convinzione. Vengo da una formazione del “pensiero libero”, cioè dal liberalismo, che ritengo debba trovare concretezza moderna nel socialismo. Quello di Jean Jaurès (1859-1914). Se c’è un testo – letto a vent’anni, oltre cinquant’anni fa – che ha segnato in modo incancellabile il mio pensiero politico, è Storia della sinistra in Europa di Davide Caute. L’ho letto, riletto, consultato così tante volte che ora non lo trovo più nella mia biblioteca, ma ne ricordo perfettamente i punti salienti, gli avvenimenti decisivi, sempre validi come esempio, poiché la storia si ripete sempre, e spesso come tragedia. Anche oggi, con il ballo del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che a Napoli ha voluto così manifestare che “comunista non è”.

Jean Jaurès era segretario della SFIO – la Sezione Francese dell’Internazionale Operaia – il partito socialista francese. Fu ucciso da un fanatico. È stato il primo grande socialista riformista della storia. La SFIO fu il primo partito socialista europeo ad appoggiare un governo liberale e borghese. Jaurès morì per questo. I suoi resti riposano al Pantheon di Parigi, dedicato “ai grandi uomini, la patria riconoscente”.

Perché, nel primo Novecento, Jaurès appoggia un governo borghese, spaccando il movimento operaio e tutta la sinistra? Egli spiegò: “Se appoggiamo il Ministero, non lo facciamo nel suo interesse. Lo facciamo per prevenirne dei peggiori”. Una frase lapidaria per me, ventenne in un ambiente universitario in piena contestazione, dove essere socialisti significava, per i colleghi, essere “di destra” e “traditori del movimento operaio e studentesco”. Ma io sono rimasto fermo sul socialismo riformista, anche attraverso enormi delusioni personali, che in cinquant’anni hanno rafforzato la scelta del “meno peggiore” in un tempo di estrema decadenza di valori e comportamenti.

Andrò a votare e voterò per Roberto Fico e il “campo largo”. Non amo questa legge elettorale maggioritaria, ma devo dare un voto unito, e voterò una lista con due nomi che fanno parte della coalizione.

Non sono un ragazzino e non ho grandi speranze, ma la democrazia politica per me non ha alternative e deve essere difesa. Anzi, come affermava Davide Caute nel suo libro, “il compito della sinistra è estendere la sovranità popolare”. Mai così attuale come oggi, in Italia e in Europa.

di Giuseppe Mazzella