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I poteri della Repubblica

Politica
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"La crisi politica che l'Italia sta vivendo non è paragonabile ad una semplice crisi di governo. C'è qualcosa di più. Emergono fattori che le pur travagliate esperienze della Prima e delle Seconda Repubblica non avevano mai registrato. Ci sono elementi in grado di spostare gli eventi verso una vera e propria crisi di sistema". Lo ha scritto in prima pagina Claudio Tito su "La Repubblica" di sabato 23 marzo 2013 nella sua "analisi" del pre-incarico all'on. Bersani di formare il governo ricevuto dal Presidente Giorgio Napolitano. Credo che soltanto per evitare allarmismi Merlo non afferma chiaramente che questa è una crisi di sistema, del sistema politico italiano che è ancora un parlamentarismo con due Camere che hanno gli stessi poteri e questa "Repubblica parlamentare" delineata dalla Costituzione del 1948 che ricalcava quella della IV Repubblica francese del 1946 è rimasta la stessa ed è quindi improprio ricorrere alla "numerazione francese delle Repubbliche" perché ogni nuovo sistema politico della Repubblica veniva segnato con una nuova Carta Costituzionale – ecco perché in Francia le "Repubbliche" sono cinque. Siamo in piena crisi della "Repubblica parlamentare" con due Camere con gli stessi poteri – qualcosa che hanno solo nel piccolo Belgio e non a caso è stata richiamata la lunga crisi del "plat pays" come chiamava Jacques Brel il suo Paese che nella lingua "francofona" è femminile e non maschile.


A questa crisi del parlamentarismo – che dura da almeno 30 anni con un dibattito infinito sull'opportunità di cambiare questa parte della Costituzione fatto di Commissioni Bicamerali e di innumerevoli proposte avanzate da costituzionalisti famosi come Giovanni Sartori – si è cercato di porre rimedio modificando le leggi elettorali dopo circa 40 anni di proporzionale pura fino ad arrivare alla "porcata" in vigore che ha abolito le preferenze e dato un premio di maggioranza alla Camera ma non al Senato.
Avere due Camere con gli stessi poteri ed addirittura con due metodi di votazione ha partorito l'assurdo di oggi costituito dal fatto che il centrosinistra ha una maggioranza alla Camera ma non l'ha al Senato e poiché il voto di fiducia deve essere dato dai due "rami del Parlamento" non c'è oggi nel parlamentarismo italiano una governabilità. Aggiungiamo ancora che il secondo o addirittura il primo partito italiano è un "Movimento" trasversale che un altro commentatore de "La Repubblica", Michele Serra, chiama "i superiori" perché il M5S non sta né a destra né a sinistra.
Questo "Movimento" che ha il 25% dei voti con oltre 100 deputati ed oltre 50 senatori e con il quale il centrosinistra vorrebbe fare una larga maggioranza respinge sdegnosamente tutte le offerte di governo in modo offensivo e sprezzante.
Una "grande coalizione" tra i due maggiori partiti alternativi – il PD ed il PDL – non è praticabile per le posizioni inconciliabili del padre-padrone del PDL, Silvio Berlusconi, con quelle ferme e decise di un centrosinistra che è già una coalizione tra il PD, SEL ed il PSI.
Di questa crisi di sistema credo che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ne abbia certezza tanto da conferire l'incarico di formare il governo all'on. Bersani non solo in modo atipico – è un pre-incarico nemmeno un incarico esplorativo – ma motivandolo con un ampio discorso che non ha precedenti nella storia della nostra Repubblica. Fino ad oggi il Presidente della Repubblica si limitava a conferire l'incarico di formare il governo ad una personalità in grado di ottenere la fiducia nei due rami del Parlamento e non aggiungeva altro.
Il Presidente Napolitano ha già avviato, per quanto possibile, una "Nuova Repubblica" che appare inevitabile per la salvezza della Democrazia che non può andare avanti in questo modo con due Camere con gli stessi poteri e con una porcata di legge elettorale. La prima riforma da fare è a mio parere la riforma costituzionale oltre naturalmente alla riforma di costume della severa moralizzazione della vita pubblica.
Questa crisi di sistema mi ha riportato alla mente la crisi del parlamentarismo della IV Repubblica del 1958. Il parlamentarismo fu avversato dal generale Charles de Gaulle ( 1880-1970), il salvatore della Patria durante la II Guerra Mondiale, che abbandonò il potere nel 1946 dopo la vittoria e si ritirò nella sua villa di Colombay-les-deux –églises e vi restò per 12 anni. Di fronte al pericolo di una guerra civile determinata dai rivoltosi di Algeria e della incapacità della IV Repubblica di formare un governo autorevole in grado di salvare il paese il Presidente della Repubblica, Renè Coty, un liberale conservatore, si rivolse "al più illustre dei francesi" per formare il governo. De Gaulle non era neanche deputato e non era a capo di alcun partito. Già aveva 68 anni ed aveva già scritto le sue "Memorie di guerra".
De Gaulle il 15 maggio 1958 rilascia una dichiarazione di sette righe, rimasta famosa, dove si dichiara "pronto ad assumere i poteri della Repubblica". Il passaggio dei Poteri avvenne nell'assoluto rispetto della legalità repubblicana. De Gaulle fece redigere una nuova Carta Costituzionale da un gruppo di esperti e la Carta della V Repubblica fu approvata da un Referendum deliberativo senza passare per una approvazione parlamentare. La Carta della V Repubblica rimarcava i valori fondanti della prima mai messi in discussione ma riformava sensibilmente il funzionamento introducendo un "semipresidenzialismo" che è sopravvissuto a de Gaulle e che dura ancora oggi anche se quella Carta ha subito 13 modifiche e nessuno in Francia ha gridato allo scandalo.
Mi auguro che l'Italia oggi non si trovi nella condizione della Francia del 1958 ,anche perché non abbiamo un de Gaulle, ma certamente abbiamo necessità di una svolta politica, istituzionale, morale, in un momento forse ancora più drammatico di quello francese del 1958 perché abbiamo la più terribile crisi economica e finanziaria che abbiamo mai vissuto nella nostra storia. Questo momento storico richiede una eccezionale Responsabilità da parte dei deputati e dei senatori eletti o nominati ciascuno dei quali dovrebbe sentirsi "il più illustre degli italiani".

Casamicciola, 23 marzo 2013-03-23
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