Da oggi Il Mattino – un tempo il quotidiano più importante del Mezzogiorno, oggi meno incisivo nel panorama dell’informazione online – ha un nuovo direttore, pur mantenendo la stessa impostazione editoriale del predecessore, che ieri ha lasciato il giornale ricordando i suoi 500 giorni, poco più o poco meno, alla guida della testata.
Fino a circa vent’anni fa, Il Mattino era di proprietà del Banco di Napoli, la principale istituzione bancaria del Sud, cancellata con l’integrazione nel gruppo Intesa Sanpaolo. Non saranno mai abbastanza le polemiche per questa sottrazione al Mezzogiorno del suo più importante strumento finanziario. Essendo di proprietà della principale banca meridionale, Il Mattino non poteva non essere sostenitore del Governo, di qualsiasi colore fosse, ma con un punto fermo: il sostegno al Mezzogiorno attraverso l’“intervento straordinario” stabilito fin dal 1950 con la creazione della Cassa per il Mezzogiorno, decisiva per il decollo del Sud.
Negli ultimi trent’anni la situazione è cambiata: va ricordato lo straordinario impegno del prof. Amedeo Lepore, con i suoi libri che valorizzano la storia della Cassa per il Mezzogiorno contro i detrattori nordisti della Lega e dei suoi alleati, passati e presenti. Salvato dalla chiusura grazie all’intervento della finanza privata, oggi Il Mattino è di proprietà del gruppo Caltagirone, insieme a Il Messaggero di Roma.
Con il declino del monopolio della stampa scritta – negli anni ’80 Il Mattino era l’unico quotidiano a Napoli – oggi deve competere con i forti concorrenti locali delle edizioni napoletane di Corriere della Sera e La Repubblica, oltre alla resistenza della cooperativa giornalistica de Il Roma.
Ma, come ieri, Il Mattino rimane un giornale di Governo. Qualsiasi sia il colore dell’Esecutivo, il punto fermo della testata resta la “questione meridionale”, cuore della sua identità e missione. Il Mezzogiorno vive oggi una stagione di opportunità grazie al PNRR e al sostegno dell’Unione Europea per le aree in ritardo di sviluppo. Le opportunità sono ulteriormente cresciute grazie al contesto geopolitico del Mediterraneo e alla spinta al Rinascimento culturale, sociale e turistico di Napoli, iniziata nel 1993 con la Giunta del sindaco Antonio Bassolino. Questo Rinascimento si percepisce ogni giorno con migliaia di turisti che visitano una città ricca di storia e infrastrutture sufficienti, come la Metropolitana, avviata circa cinquant’anni fa da una classe politica oggi troppo presto dimenticata.
Sotto la direzione uscente di Roberto Napoletano – economista e giornalista di lungo corso – la linea editoriale del giornale si è basata sull’ottimismo della volontà e delle opportunità: basta con i lamenti sul Sud, basta raccontare solo del crimine e della camorra a Napoli. Qui c’è un popolo che lavora, che vuole competere e che è forte del proprio passato. Qui ci sono le opportunità della Rinascita perché siamo parte dell’Europa, e l’Europa non può esistere senza di noi.
Credo che questa impostazione sia corretta. Abbiamo bisogno di ottimismo nel Sud e nelle sue periferie. Il nuovo direttore, Vincenzo Di Vincenzo – vice di Napoletano da circa un anno – lo ribadisce nel suo editoriale odierno dal titolo “A vele spiegate prendiamo il largo”. Conosco Vincenzo di Vincenzo da circa trent’anni, ai tempi dell’ANSA, dove iniziò la sua carriera. Allora era per noi “Chicco”, bravo e socievole. L’ANSA è stata una grande scuola, una grande casa: ci ha insegnato il rispetto della notizia e la capacità di vedere le cose.
Una linea editoriale basata sull’ottimismo delle opportunità per il Sud è positiva. Ma c’è sempre un “ma”. Quando si è troppo ottimisti, bisogna ricordare il pessimismo della ragione. Sotto la testata del giornale francese Le Figaro c’è un ammonimento di Beaumarchais che mi rimase impresso all’inizio della mia carriera giornalistica: “Senza la libertà di criticare non c’è da vantarsi se si ha quella di elogiare”.
Criticare e denunciare i forti ritardi delle classi dirigenti, esplorare le periferie del Sud e scrivere della totale inadeguatezza delle élite politiche, ricordando che Giustino Fortunato, Guido Dorso e Gaetano Salvemini non erano cittadini ma “provinciali”, è una missione ancora più importante dell’elogio. Lo scrivo per esperienza personale nella mia isola e nel mio piccolo paese, tanto cari a Benedetto Croce.
Nelle periferie del Sud non si possono spiegare le vele perché non c’è vento e la barca è piccola. Servono i remi. Come recita un proverbio polacco: “Se non c’è vento, rema”.
Questo è un appello ai cittadini attivi, democratici, liberali e socialisti del Sud: qui non è stata recuperata l’efficienza della macchina amministrativa né l’intraprendenza di una classe imprenditoriale aperta all’avventura, come scrive il direttore Di Vincenzo. Qui siamo in piena tempesta, ma tutto sembra tranquillo a causa della rassegnazione e dell’individualismo estremo.
Il Mattino, sotto la direzione Di Vincenzo, vada a vedere e a raccontare.
Casamicciola, 3 dicembre 2025
Giuseppe Mazzella, direttore de Il Continente
