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Trasporti e la Guerra nel Golfo

Il porto di Ischia

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La Guerra nel Golfo di Napoli nel trasporto tra l’armamento cosiddetto pubblico e quello cosiddetto privato dura in maniera formale con dichiarazioni solenni rese dalle parti da almeno 35 anni e cioè dalla approvazione da parte del Parlamento della Legge n.169 del 1975 con la quale veniva riconosciuto il diritto alla mobilità dei cittadini delle Isole Minori italiane e veniva solennizzato per la prima volta il principio della “continuità territoriale della Repubblica”. Fu una legge di grande importanza per la quale avevano combattuto soprattutto le forze di sinistra ed il sindacato unitario CGIL-CISL-UIL e fu anche una legge lungamente dibattuta dalla stampa locale.

Con la 169 lo Stato costituiva “aziende pubbliche” per il trasporto marittimo e nel Golfo di Napoli, ma anche per i collegamenti delle isole Pontine con il Continente, veniva costituito la “Campania Regionale Marittima” sotto forma di società per azioni il cui capitale sociale era interamente sottoscritto dalla capogruppo Tirrenia. Ma la legge prevedeva anche che le Partecipazioni Statali – in quel tempo in forte espansione essendo stata avviata e voluta dai governi di centro-sinistra a partecipazione socialista la politica di Programmazione Economica – potessero limitarsi a possedere soltanto il 51% del capitale sociale lasciando ai privati il restante 49%. La “Caremar” rilevò il naviglio della ex-SPAN e le sue “linee” che erano state effettuate per almeno 70 anni e realizzò un grande piano di costruzione di nuove navi ed aliscafi. Essendo un “servizio pubblico” il prezzo del trasporto era “politico” cioè inferiore al costo di produzione e la Caremar riceveva sostanziosi contributi da parte dello Stato essendo la materia del trasporto marittimo locale non delegata alle Regioni.

L’armamento privato vide nella costituzione della Caremar la fine delle proprie imprese basate sul lucro anche perché la società pubblica non solo doveva “assicurare i collegamenti delle popolazioni delle isole Partenopee e Pontine” ma anche “promuovere lo sviluppo socio-economico delle popolazioni”.

Da allora cioè da 35 anni c’è la guerra nel trasporto marittimo nel Golfo di Napoli tra Caremar e privati essendo ormai per il numero degli utenti un vero e proprio trasporto in un’area metropolitana anche per la prevalente economica turistica.

E’ stata una guerra di tariffe, di corse, di aiuti finanziari, di competenze tra Stato e Regione ed il conflitto non ha mai avuto un trattato di pace ma soltanto – dopo scioperi, dimostrazioni e minacce – una serie di “cessate il fuoco” che hanno scontentato sia i belligeranti sia gli utenti. E’ una pagina di Storia Economica che merita di essere approfondita.

Dopo la modifica del capitolo V della Costituzione e la nuova politica economica dei Governi “liberisti” che hanno cancellato la Programmazione ed avviato le Liberalizzazioni la competenza è passata alla Regione in tema anche di neofederalismo ma è chiaro che non poteva essere cancellato il principio della continuità territoriale e che lo stesso sistema economico basato sul turismo non poteva andare avanti senza un efficiente trasporto pubblico.

Siamo arrivati oggi forse ad un punto cruciale del conflitto a quello che i latini chiamavano il “redde rationem” cioè alla resa dei conti.

Se viene confermato il principio irrinunciabile della continuità territoriale è evidente che il trasporto pubblico – sia a terra, che a mare così come in cielo - deve essere assicurato dallo Stato essendo fra l’altro il sistema dell’“omnibus, di carrozze pubbliche a prezzo fisso” progettato fin dal XVII secolo da Blaise Pascal. Se c’è una moderna “carrozza” a terra per il trasporto ci deve essere anche a mare ed il prezzo deve essere “fisso” anche se deve prevedere la differenza tra l’“isolano” ed il “turista”.

Quindi non c’è alternativa alla razionalizzazione del servizio pubblico a mare in un contesto locale e metropolitano se non con lo stesso metodo e con la stessa forma con il quale vi è stata posta efficienza a terra. Il trasporto marittimo nel golfo di Napoli deve essere effettuato da una specie di EAV cioè da un Ente Pubblico Economico nel quale sono confluite tutte le società di trasporto terrestre regionale addirittura con un biglietto unico. Un Ente Interregionale Marittimo soprattutto delle Isole Napoletane che impegni le due Regioni – Campania e Lazio – e progetti anche un nuovo Distretto Industriale Turistico da Capri a Ponza.

“Assicurati i collegamenti” cioè determinate le esigenze delle popolazioni e del sistema economico e la cosa è complessa perché nel solo caso dell’isola d’Ischia bisogna tener anche conto di 3 mila imprese iscritte alla Camera di Commercio, di 40 mila posti letto e di 13 mila lavoratori iscritti al collocamento, tutto il resto può essere concesso all’imprenditoria privata, se ne trova convenienza, per collegamenti ulteriori e cioè bisogna utilizzare lo stesso metodo praticato a terra. Negli anni ‘60-70 del ‘900 ad Ischia scomparivano i trasporti privati di Di Maio e di Carcaterra, assorbiti dalla SEPSA, e negli anni ‘07 e 08 del nuovo millennio “falliva” la Pegaso di Forio per essere assorbita dalla Sepsa.

E’ probabile che per raggiungere questo nuovo assetto finanziario e giuridico bisogna ritornare allo spirito della legge 169 e cioè alla partecipazione del 49 per cento dei privati al nuovo capitale sociale della società regionale ma questo comporterà, in tempo di recessione economica e di riduzione della spesa pubblica, tagli alle linee e forse al naviglio ed allo stesso personale. Ma non vedo altre soluzioni se non la firma di una ulteriore tregua, un monito a cessare il fuoco rivolto soprattutto all’imprenditoria privata del mare che non può pregiudicare la stessa imprenditoria del sistema a terra se non accetta la tregua.