La tragica situazione del pronto soccorso dell'ospedale Cardarelli di Napoli, il più grande ospedale del mezzogiorno della piu grande città del mezzogiorno, è apparsa su tutta la stampa italiana con ampia evidenza. La qualità della sanità in Campania è molto scadente ma ci sono punte di eccellenza da andare fieri come il cotugno il monaldi il santobono.
Naturalmente la pandemia ha aggravato la situazione. Anche nella nostra isola d'ischia non basta più un unico ospedale zonale ed è tempo di realizzare una seconda struttura ospedaliera che potrebbe essere localizzata nello stabilimento termale militare ex-casina reale dei Borboni con la smilitarizzazione e una nuova destinazione sanitaria e sociale civile. Lo "stabilitermilites" è già una struttura della "sanità militare" e si tratterebbe di un passaggio di gestione fra organismi di stato. Insomma una operazione di "contabilità di stato" la materia che insegnava alla facoltà di economia e commercio di Napoli il prof. Antonio gava. L'uomo politico più contestato di Napoli degli anni '70 ma sarebbe diventato ministro degli interni. Avrebbe firmato la riforma fondamentale degli enti locali - n. 142/90 attesa da circa 80 anni da centinaia (io pure) di consiglieri comunali. La casina ex-reale potrebbe diventare una "villa della salute" non solo a servizio degli ischitani (siamo 64mila) ma di tutto il sistema turistico (abbiamo almeno 50mila posti-letto). Ma il primo importante e urgente provvedimento è il potenziamento dei medici di famiglia che oggi si chiama con un eufemismo "medicina di territorio". Fino al 1962 l'isola d'Ischia non aveva un ospedale pubblico. A Forio esisteva una piccola struttura religiosa. La "casa della madre e del bambino" costituita dal regime fascista negli anni 30 del 900 funzionava anche come "maternità" per i parti più complessi. Ma ogni comune aveva il "medico condotto" e l'ostetrica per i parti in casa. Poi c'erano - pochi - i medici di famiglia. Dovevano saper fare tutto. La specialistica era ridotta allo stretto necessario. Credo che una buona rete di medici di famiglia permetterebbe una sensibile riduzione del pronto soccorso e della stessa ospedalizzazione. Ho un ricordo di infanzia:1958/59 9-10 anni. Giocando con coetaneo questi mi lanciò una pietra in testa. Fui portato nello studio del dottor Vincenzo vitale, giovane bravo medico morto per un tumore a soli 40 anni nel 1962. Non mi mise i punti di sutura ma "tre ciappe" che tenni in testa non ricordo per quanti giorni. Il dottore voleva sapere chi "mi aveva scagliato la pietra" ma non glielo dissi perché era il mio compagno di banco e non lo aveva fatto apposta. Mi rimase impresso però il suo studio:completo di tutto come quelle stanze che poi avrei conosciuto nel pronto soccorso dell'ospedale. Fu l'unica volta che entrai nello studio del dottor vitale.
G. M.