Era evidente – dalle iniziative del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, costituite dal discorso del pre-incarico a Bersani e della nomina dei "saggi" per sbrogliare la matassa della crisi politica. Senza precedenti nella prassi repubblicana – che quella italiana è una crisi del regime parlamentare impostato sul "bicameralismo perfetto" cioè due Camere con identici poteri che in Europa è vigente solo nel piccolo Belgio e non a caso ma assolutamente fuori luogo la lunga crisi politica del Belgio è stata richiamata dal Movimento delle 5 Stelle di Grillo per "legiferare senza Governo" quasi a proporre un "Governo del Parlamento" in una sorta di "assemblearismo permanente" da contrapporre ad una novella "repubblica dei soviet". Proposta risibile ed irresponsabile. L'evidenza è diventata solare dopo la rielezione di Napolitano alla massima carica dello Stato con il disfacimento del maggiore partito di centrosinistra. Se c'è da fare una osservazione al discorso di insediamento di Napolitano di fronte all'assemblea dei 1007 grandi elettori (deputati,senatori, rappresentanti delle Regioni) e che "le plus vieux chef d'Etat de la planète qui a pris en main les destinées de l'Italie" – come scrive "Le Monde", il più autorevole giornale francese nell'edizione di martedì 23 aprile 2013 in cui dedica un editoriale ed una intera pagina alla situazione italiana – e che il richiamo alla responsabilità dei partiti non ha tenuto conto che questi partiti di oggi non sono più quelli di una volta. Non hanno radici. E un albero senza radici – anche un Ulivo – non può crescere come dimostra la disgregazione del PD.
Sono almeno 30 anni che si parla, si discute, e si alimenta il dibattito sulla riforma costituzionale della Repubblica anche con Commissioni Bicamerali e interpartitiche di cui la prima fu quella del liberale Aldo Bozzi una quarantina di anni fa e l'ultima quella del postcomunista Massimo D'Alema una decina di anni fa.
Pur di far nascere una Seconda Repubblica – senza una profonda revisione costituzionale – dopo il crollo dei partiti politici governativi (DC,PSI,PLI,PSDI,PRI) avvenuto sulla scia di "tangentopoli" oltre vent'anni fa e del "comunismo reale" che ha imposto al PCI, il più grande partito comunista dell'Occidente, nel 1989 il cambio del nome – da PDS a DS passando dal termine fortemente ideologico - "comunista" - a quello indistinto di "sinistra" - i nuovi partiti hanno cercato, in assenza di una concreta volontà di rinnovamento istituzionale, di cambiare il regime parlamentare con due leggi elettorali, di cui l'ultima vigente è definita una "porcata", dopo circa 40 anni di proporzionale pura e con un nuovo "cesarismo" o meglio con una "personalizzazione" della politica con l'indicazione del leader, approvata per legge ordinaria,nel simbolo elettorale e fino ad affermare con il leader di centrodestra, Silvio Berlusconi, che "il Presidente del Consiglio dei Ministri è scelto dal popolo" quasi a realizzare una "nuova Costituzione materiale".
Il centrosinistra ha risposto al "cesarismo", stando al gioco, con la soluzione copiata dagli Stati Uniti d'America delle "primarie" per la scelta del leader di una coalizione dal partito più forte del centrosinistra che ha scelto per la nuova denominazione l'indistinto aggettivo "democratico" che per oltre 40 anni era pre-condizione per la partecipazione civile alla Repubblica e non identificativo tanto che il principale partito – la Democrazia Cristiana – lo faceva precedere all'altro usato come sostantivo , "cristiano", così come per distinzione dai cugini-separati si chiamavano "socialisti democratici" quelli del PSDI fondato sa Saragat. Queste NON sono osservazioni semantiche ma sono la descrizione sostanziale di una crisi dei nuovi partiti nati dalle ceneri di "tangentopoli" che ha partorito anche il partito-azienda del cavaliere Silvio Berlusconi il quale con l'indicazione Partito della Libertà ha occupato tutto lo spazio della destra e di vasti settori del centro ed addirittura acquistando dirigenti e militanti dal disciolto PSI di Craxi.
Questo ventennio – 1992-2012 – viene quindi impropriamente definito della "Seconda Repubblica". In realtà è sempre la Prima – se vogliamo mutuare dai cugini francesi la numerazione delle Repubbliche perché in Francia sono già alla Quinta istituita nel 1958 dal generale Charles de Gaulle con un "sistema semipresidenziale" – perché non è cambiata la natura parlamentare con due Camere con identici mentre il sistema delle Autonomie Locali (Comuni, Province e Regioni) ha avuto un Testo Unico nel 2000 con un nuovo sistema elettorale con l'elezione diretta del sindaco del Comune, fin dal 1993, e del Presidente della Provincia e poi del Presidente della Regione istituendo un "presidenzialismo" a livello locale senza istituirlo a livello nazionale così per diminuire la spessa pubblica il Governo ha ridotto il numero dei consiglieri comunali ma non dei deputati e senatori . Come dire: le riforme istituzionali in Italia cominciano dal basso e non dall'alto, toccano i deboli e non i forti e soprattutto non si pone proprio l'ipotesi di abolire una Camera istituendo un sistema parlamentare unicamerale perché come affermò Amintore Fanfani, presidente del Senato negli anni ' 70 del ' 900, "nessuna Camera voterà mai l'abolizione di se stessa".
Proprio in pieno "cesarismo" con le elezioni del 25 febbraio 2013 è emersa tutta l'inadeguatezza del parlamentarismo italiano perché nonostante una "porcata" di legge elettorale che non permette all'elettore di scegliere il proprio deputato o senatore è uscita dal voto una profonda ingovernabilità poiché alla Camera c'è una maggioranza di centrosinistra ma non c'è al Senato e quindi l'on. Bersani, "pre-incaricato" dal Presidente Napoletano, non ha potuto formare un Governo di coalizione per l'indisponibilità del M5S di Grillo di partecipare o appoggiare il Governo pur ottenendo il 25% dell'elettorato con un successo senza precedenti. Il Governo deve avere la fiducia sia della Camera sia del Senato.
Questa situazione di stallo ha fatto assumere un ruolo di primo piano al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale essendo a fine mandato non poteva sciogliere le Camere e quindi si è trovato l'escamotage dei "saggi" per "prorogare" il governo già tecnico del senatore a vita Mario Monti, diventato senatore e presidente del Consiglio in poche ore, con l'obiettivo di arrivare all'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Ma i maggiori partiti hanno dovuto riconfermare Napolitano dopo aver bruciato nomi come Marini, Prodi e Rodotà indicato dal M5S ma dalla chiara identità di sinistra. Quello che viene definito il "governassimo" PD-PDL ,a mio parere, è l'unica strada per riformare il regime parlamentare con una profonda modifica della Costituzione non nella prima ma nella seconda parte ed avviare quindi una vera e forte Seconda Repubblica e mi pare anche che tanto si possa rilevare dalle osservazioni finali del costituzionalista Andrea Manzella del suo intervento su "La Repubblica" di martedì 2 aprile 2013 ("La prorogatio e la costituzione"): "La realtà effettuale spinge ora a una lettura della Costituzione e delle sue logiche di revisione assai diversa rispetto al passato". Con il "governo del Presidente" si è avviata di fatto la Seconda o Terza Repubblica. Nell'interesse della Democrazia è opportuno che questa riforma de facto lo diventi anche de iure.
Ci sono molte analogie di straordinario interesse della situazione italiana con quella francese sia del 1945-46 sia del 1958. E'un aspetto che non è stato a nemmeno accennato nel lungo servizio su "Le Monde". Sarebbe forse stato opportuno perché se Atene pianse Sparta non ne rise.
Basta leggere con attenzione il capitolo nono – la caduta della Repubblica – della "Storia di Francia" dal 1715 al 1965 di Alfred Cobban (Garzanti ) per trovare queste analogie anche tenendo conto che la Costituzione italiana ricalca fortemente quella della IV Repubblica francese approvata con un Referendum popolare nell'ottobre 1946 dopo che con un altro Referendum dell'ottobre 1945 era stata respinta "l'idea di continuare o far rivivere la Terza Repubblica" anch'essa di tipo parlamentare ed ancora con un altro Referendum del maggio 1946 era stato "respinto un progetto costituzionale che prevedeva una sola Camera legislativa onnicompetente".
Per approvare quindi la Costituzione della IV Repubblica i francesi votarono tre volte in un anno.
Il regime parlamentare della IV Repubblica durò 12 anni con continue crisi di governo ed una permanente instabilità alla quale si cercò di porre rimedio con una nuova legge elettorale tanto da far affermare a Paul Reynaud (1878-1966), parlamentare e ministro liberale sia della Terza che della Quarta Repubblica, nel 1952 che "la Francia era il malato d'Europa".
Furono i moti di Algeri per l'"Algerie francaise" che nel maggio 1958 riportarono al potere il generale de Gaulle che fece redigere da una commissione ristretta una nuova carta costituzionale approvata direttamente con un Referendum popolare il 28 settembre 1958 senza passare per l'approvazione da parte dell'Assemblea Nazionale. La Quinta Repubblica – un sistema "semipresidenziale" – nasce in meno di 4 mesi.
Credo che siamo arrivati in Italia ad una svolta obbligata ed irreversibile per il consolidamento della Repubblica e l'avanzamento della Democrazia Politica ed anche da noi la "Nuova Repubblica" – o bicameralismo imperfetto con una sola Camera pienamente legislativa alla quale spetta dare la fiducia o la sfiducia al Governo o semipresidenzialismo alla francese - nascerà da una crisi forse ancora più drammatica di quella francese del 1958 perché è economica e sociale ma oggi, 2013, abbiamo un contesto europeo profondamente diverso determinato dalle regole e dai vincoli dell'Unione Europea della quale siamo il più grave dei malati perché non siamo il piccolo Belgio o la piccola Olanda.
Come in ogni malato se il medico non interviene con immediatezza, capacità e terapia adeguata, il pericolo è mortale.
"Le Monde" chiude l'editoriale non firmato con l'affermazione perentoria: "La grande saggezza del presidente Napolitano non basterà per far uscire l'Italia da questo brutto momento".