Nella polemica in atto sui trasporti marittimi – che sono ESSENZIALI non solo per gli isolani ma SOPRATTUTTO per l’intero sistema economico fondato sul turismo delle tre isole partenopee ed anche delle due ponziane anche se Ischia, Capri, Procida, Ventotene e Ponza sono tutte storicamente ed antropologicamente “isole napoletane” - c’è un principio fondamentale ed irrinunciabile che è quello della “continuità territoriale della Repubblica”. E’un principio evidente che comprende doveri e diritti ma che afferma in modo solenne che la Repubblica Italiana è tale in tutto il territorio inserito nella carta geografica politica. Così un piccolo paese che si trova su di una sperduta montagna delle Alpi o dell’Appennino è anch’esso parte integrante della Repubblica così come la Repubblica Italiana si estende anche alle isole minori divise dal mare dal continente. Anche Pantelleria o Lampedusa sono “Italia”così come lo sono Ischia o Capri. Tutti gli italiani ovunque si trovino hanno il DIRITTO alla mobilità. E’ DOVERE della Repubblica – nelle sue varie e complesse articolazioni – costruire strade, ponti, sentieri affinchè i cittadini possano circolare liberamente e nello stesso tempo attuare la “coesione economica e sociale” della Nazione. E’ DOVERE della Repubblica costituire un Trasporto Pubblico per la circolazione delle persone in ogni modo civile.
Questo principio non può essere cancellato o sminuito perché significherebbe ritornare indietro di almeno 150 anni cioè proprio nell’anno dell’Unità nazionale.
Se le isole minori sono divise dal continente è DOVERE dello Stato di permettere un CIVILE collegamento affinchè l’Italia sia una ed indivisibile.
Se questo principio viene da tutti condiviso perché è un diritto costituzionale il dibattito sui trasporti marittimi nel Golfo di Napoli ed in quello di Gaeta ha un punto comune irrinunciabile.
Il principio della continuità territoriale della Repubblica fu posto alla base della legge nazionale n. 169 del 1975 con la quale lo Stato istituiva – sotto la forma giuridica della società per azioni di diritto privato ma con un soggetto economico pubblico cioè un capitale sociale interamente sottoscritto dallo Stato – le società marittime “regionali” per la Campania ed il Lazio, per la Sicilia, per la Toscana, che facevano parte della società marittima capogruppo Tirrenia.
Per le isole partenopee e ponziane la società era la “Caremar- Campania Regionale Marittima” che non solo doveva assicurare i collegamenti ma doveva “promuovere lo sviluppo socio-economico delle popolazioni”. Per assicurare i collegamenti la società pubblica riceveva un sostanzioso contributo finanziario dello Stato perché il prezzo del trasporto doveva essere POLITICO – cioè inferiore al costo – così come avviene nel trasporto pubblico a terra o su ferro o su gomma e nel caso della nostra area metropolitana di Napoli con la Circumflegrea, Circumvesuviana, l’Azienda Mobilità di Napoli ex-Atan ed ex-CTP ed ora addirittura con la Metropolitana.
Assicurati i collegamenti – il cui numero veniva deciso dall’ex-Ministero della Marina Mercantile sentite le Regioni e gli enti locali cioè un parere obbligatorio anche se non vincolante – la Caremar avrebbe potuto e dovuto anche agire sul mercato libero dei noli e delle linee in competizione con l’armamento privato che poteva continuare ad esistere ma non aveva alcun obbligo di assicurare i collegamenti e la sua funzione sociale era soltanto indiretta com’è nella definizione stessa del profitto.
Per oltre 30 anni la Caremar non è stata questa. E’ stata una società pubblica al riparo dal rischio di impresa che si è limitata ad effettuare le linee approvate dal Ministero ma ha lasciato tutto il resto e forse la gran parte del mercato all’imprenditoria privata la quale a sua volta ha chiesto finanziamenti pubblici poiché svolgeva anche un servizio turistico e sociale e li ha ottenuti con la legge n. 4 del 1984 dalla Regione Campania per “linee turistiche” poiché la materia del trasporto marittimo locale NON era stata delegata dallo Stato alle Regioni con la famosa legge n. 382 del 1976.
Ridefinita la materia con il trasferimento della competenza alla Regione com’era naturale nel 2009 ma purtroppo cambiato il clima della politica pubblica impostato sulle cosiddette “liberalizzazioni” e “privatizzazioni” che andavano a intaccare nella sostanza il principio della “continuità territoriale” è necessario ribadire prima di tutto che il trasporto marittimo è un servizio pubblico e che quindi la PRINCIPALE società marittima deve rimanere di proprietà pubblica e deve essere gestita con criteri di “efficienza, efficacia ed economicità” come è scritto in ogni atto della riforma della Pubblica Amministrazione.
Poiché il trasporto nel Golfo di Napoli – che nel 2010 ha avuto 6.226.078 passeggeri facendo del golfo il secondo porto del mondo dopo Hong Kong – è un vero e proprio trasporto metropolitano la Regione ha il DOVERE e la COMPETENZA per predisporre un completo piano di trasporto integrato.
Il piano degli orari dei collegamenti deve quindi nascere da un’ampia partecipazione non solo degli enti locali ma anche delle categorie produttive non solo degli utenti e cioè gli albergatori, i commercianti, l’imprenditoria dei servizi e della rinnovata agricoltura.
Credo che approvato un realistico piano orari dei collegamenti – invernali ed estivi – tenendo conto della statistica e della consistenza delle popolazioni e delle economie delle tre isole il finanziamento pubblico di circa 20milioni di euro all’anno debba essere erogato a sostegno di tutto il sistema dei trasporti non solo a favore della società pubblica poiché nel golfo convivono da circa oltre 100 anni armamento “sovvenzionato” ed “armamento libero” e sarebbe ingiusto non riconoscere anche la funzione di sviluppo che ha avuto l’armamento privato per l’affermazione di un turismo di massa nelle tre isole.
Ma è chiaro che questo sistema-misto deve fare una politica tariffaria compatibile con la concorrenza turistica mondiale perché un costo alto del trasporto marittimo impedisce all’industria alberghiera, con riflessi sull’indotto commerciale e dei servizi, di effettuare a sua volta una politica competitiva nel prezzo dei soggiorni. Per gli isolani deve essere mantenuto un PREZZO POLITICO del trasporto marittimo per le esigenze di mobilità e di crescita civile.
Un ultima osservazione è sulla politica comunale di bilancio. I Comuni debbono avviare il risanamento dei loro bilanci e prevedere anche un sostegno finanziario al trasporto marittimo di interesse sociale in modo significativo anche se necessariamente non consistente.
Il problema dei trasporti marittimi è quindi molto complesso ancora più complesso in tempo di recessione economica la quale però costringe tutti gli interessati – amministratori regionali e comunali, armatori privati, utenti, imprenditori turistici – alla dura responsabilità di trovare un onorevole accordo nell’interesse di tutti.
Casamicciola, 25 ottobre 2011-10-25