Un team di ricerca dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti “E. Caianiello” del Cnr, con il contributo della Stazione zoologica Anton Dohrn, ha realizzato un test ottico per quantificare la presenza di rame nelle acque del fiume Sarno, valutandone gli effetti sulle microalghe. Lo studio è pubblicato sulla rivista Scientific Reports
Ricercatori dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti “Eduardo Caianiello” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isasi), in collaborazione con la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli (Szn), hanno messo a punto un test ottico per il rilevamento della dose di rame dispersa in campioni d’acqua isolati dal fiume Sarno in Campania, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports.
Il metodo ottico sviluppato dal gruppo di ricerca è di tipo funzionale, perché non si limita a identificare la presenza del metallo ma riesce a quantificarne gli effetti sulle diatomee, le microalghe che sono state impiegate come biosensori, presenti sia in acque dolci che salate. Per ottenere questo risultato è stata utilizzata una tecnica di microscopia innovativa detta Fourier Ptychography che, sfruttando una sorgente di luce led, riesce a mappare migliaia di microalghe in una singola immagine con risoluzione sub-micrometrica. “Per esaminare adeguatamente le immagini prodotte, che presentano informazioni su diverse scale di ingrandimento, abbiamo per la prima volta utilizzato elementi di geometria frattale, un modello matematico che descrive efficacemente la complessità di oggetti naturali e ben si adatta all’analisi di queste immagini. Abbiamo così notato che anche dosi basse di rame (a partire da 5 micromolare) possono indurre uno stress nelle diatomee, cambiandone la forma, mentre dosi alte possono causarne la fuoriuscita del citoplasma e determinarne la morte”, spiega Vittorio Bianco, primo ricercatore del Cnr-Isasi e autore della ricerca.
La presenza di grandi concentrazioni di metalli pesanti (il rame è uno dei più diffusi) è solitamente un indicatore dell’impatto antropico, soprattutto nelle aree altamente urbanizzate e industrializzate, dove questi metalli possono confluire negli ambienti acquatici. L’accumulo di questi metalli nelle microalghe risulta essere un problema grave per il possibile trasferimento agli organismi che se ne cibano e anche all’uomo, attraverso la catena alimentare. “Al fine di individuare strategie di biorisanamento efficaci e su larga scala, è importante conoscere la capacità di rimozione di inquinanti da parte delle specie viventi, ma anche gli effetti tossici che questi inquinanti possono avere su di esse in relazione alle quantità assunte. Ad esempio, il rame è un elemento chimico essenziale per la crescita delle microalghe, ma può essere fortemente dannoso in dosi elevate”, specifica Angela Sardo, tecnologo della Szn.
“In futuro, questo test potrà essere utilizzato per valutare rapidamente i livelli di inquinamento da metalli pesanti anche in aree marine dove, ad esempio, vengono effettuate attività estrattive in profondità, oppure in zone acquatiche ad alta industrializzazione”, spiega Pietro Ferraro, dirigente di ricerca del Cnr-Isasi.