Il regista ha anticipato i contenuti del suo documentario su JFK, che presenterà a Cannes, e annunciato il suo nuovo film sul “climate change”
Resta seduto tra il pubblico ad assistere alla proiezione, nel cuore del Castello aragonese, del suo “Ogni maledetta domenica”, chiedendo con un sorriso che il celebre monologo di Al Pacino abbia il massimo volume possibile. E ringrazia l’Italia e l’isola per il premio alla carriera che l’Ischia Film Festival gli assegna, per mano del direttore Michelangelo Messina, in una sala all’aperta gremita ed entusiasta.
Oliver Stone, tre volte Premio Oscar, si racconta partendo dall’ultima sfida, il documentario ‘JFK Revisited: Through the Looking Glass’, che sarà prossimamente presentato a Cannes e che già promette di far scalpore: “Ho deciso di raccontare JFK per i giovani, tornando sul caso dopo la terza inchiesta ufficiale e dopo il mio film. Sono venute alla luce cose particolarmente interessanti che contribuiscono a far luce su una delle storie più controverse del Novecento, che altrimenti le nuove generazioni ignorerebbero”.
Poi Stone - regista di pellicole celebri come “Platoon”, “Nato il quattro luglio” e “JFK - Un caso ancora aperto” – annuncia che lavorerà presto “a un film sul ‘climate change’, sui grandi cambiamenti climatici in atto nel pianeta, e sul futuro del pianeta (si chiama “Bright Future” ed è in pre-produzione, ndr). L’anidride carbonica – dice - ci sta ammazzando, è necessario trovare energie alternative, liberandoci dalle logiche del denaro e magari puntando sul nucleare e sull’idrogeno”.
Dalla sua suite dell’hotel Excelsior guarda il mare blu di Ischia e confessa: “Mi piace il vostro Paese, ma più di tutto adoro il cinema italiano, a cominciare da Rossellini, De Sica, Sofia Loren, che è stata ed è una delle mie muse, Marcello Mastroianni e Fellini: chi lavora in questo settore, non può per nessuna ragione ignorare il cinema italiano. E dell’Italia adoro anche il cibo (ha particolarmente apprezzato i prodotti degli orti ischitani, ndr), il senso di ospitalità e la bellezza dei paesaggi, impareggiabile. Mi sarebbe piaciuto girare in Italia. Una volta, anni fa, feci dei sopralluoghi a Cinecittà con Dino De Laurentiis, ma non se ne fece niente. Avrebbe voluto fare anche “Platoon” con me, ma non andò in porto. Poi, ho conosciuto il produttore Fernando Ghia, che lavorava con Franco Cristaldi nel 1974. Credo che girare in Italia sarebbe stata una grande opportunità”.
Tra i temi affrontati con i giornalisti e nel dialogo serale, moderato dal critico Antonio Capellupo, anche la complessa contemporaneità del suo Paese, gli Stati Uniti: “Biden? Il problema non è tanto in chi viene eletto alla Casa Bianca, ma più il sistema, che resta profondamente imperialistico”. E ricevendo il premio con orgoglio, aggiunge: “Bisogna credere nei propri ideali e lottare per raggiungere gli obiettivi in cui si crede: io stesso mi sono dovuto rimboccare le maniche per diventare regista, girando ‘Platoon’ vent’anni dopo aver vissuto la traumatica esperienza del Vietnam. Ed è stato proprio tornando dalla guerra che ho avuto chiaro il mio destino: sarei diventato regista. Così ho frequentato la Film School di New York, accettando sudore e sacrifici e persino qualche fallimento, con diverse sceneggiature che non sono andate in porto. L’importante è, come sempre, rialzarsi. Anche quando – e a me è successo a 30 anni – sei pronto a gettare la spugna”.