Personaggi e interpreti; Vito Morgera; Pier Paolo Mandl
Costumi: Atelier Carmela Forio. Testo e regia di Giuseppe Magaldi
Una vittima sacrificale, un Lager, un olocausto. Ecco gli ingredienti per non dimenticare. Non solo Auschwitz-Birkenau, Buchenwald, Dachau e altre centinaia, ma tutti i genocidi della storia.
Se, infatti, osserviamo la classifica degli sterminatori, rileviamo che l'uomo è l'unico animale sulla terra che uccide per piacere e che è in grado di compiere quelli che sono chiamati genocidi, parola con cui si dovrebbero intendere il tentativo di eliminare una genia, (ghénos razza, stirpe in greco, e caedo uccidere in latino), ma che poi è stato esteso a qualsiasi azione che provoca la morte in breve tempo di un alto numero di persone. E' una triste verità ed esiste anche una classifica dei genocidi degli ultimi cent'anni, che riserva alcune sorprese. Comunemente ci si aspetta di trovare in testa alla classifica, il vecchio Hitler con il suo olocausto, vista l'insistenza con cui ne parlano i mezzi d’informazione. E invece nonostante l'impegno profuso, il dittatore coglie solo un terzo posto con dodici milioni di morti (poco più di cinque milioni di ebrei per il resto civili), alle spalle di Stalin che con ventitré milioni di anime spedite all'altro mondo (in gran parte ucraini) si piazza secondo, e Mao che occupa il gradino più alto del podio con un numero imprecisato, compreso tra quarantanove e settantotto milioni di persone tra cinesi e tibetani.
Appena fuori da questo triste podio un trittico di asiatici che dimostra come nel vecchio oriente non ci si metta molto a ridurre la popolazione: troviamo, infatti, quarto Hideki Tojo, Primo Ministro Giapponese durante la seconda guerra mondiale, che firmò il patto tripartito con Hitler e Mussolini e attaccò gli americani a Pearl Harbour. Ben cinque milioni di morti per lui; poi al quinto posto Pol Pot, il rivoluzionario cambogiano, che, con i suoi Khmer Rossi, fece un milione e settecentomila morti, centomila in più del sesto classificato, Kim Il Sung.
Continuando a scorrere la classifica troviamo, in mezzo ad un paio di poco teneri dittatori africani, Ismail Enver, capo della dittatura militare turca, dal 1914 al 1922, promotore dello sterminio degli Armeni, che ispirò Hitler, e Brezhnev che guidava l'Urss ai tempi dell'invasione dell'Afghanistan nel 1979, e che fece novecentomila morti tra i civili ingaggiando un braccio di ferro con gli Americani cui, in quel periodo, i mujaheddin e i talebani piacevano un sacco. Scendendo la classifica troviamo, tra i nomi noti, il povero vecchio Saddam al tredicesimo posto, con i suoi seicentomila morti, in gran parte curdi e poi Tito che tra il 1945 e il 1987 di fronte "alle bandiere e i gelati" di Rimini (Fabrizio De Andrè) ne mandò al creatore cinquecentosettantamila in Yugoslavia. Solo ventunesimo "l'orgoglio nazionale" Benito Mussolini che tra Etiopia, Yugoslavia e qualche italiano, di morti ne ha fatto circa trecentomila. In quest’aberrante classifica troviamo i vari Slobodan Milosevic, Richard Nixon, Vladimir Ilich Lenin, Francisco Franco, Fidel Castro, Lyndon Johnson e Augusto Pinochet. Chiudono la classifica due nomi che il solo pronunciarli fa tremare le gambe, Osama Bin Laden e Al Zarqawi.
L’Associazione Culturale Radici, alla luce di questi terribili dati, peraltro relativi solo al secolo scorso, ove non compaiono gli indigeni delle Americhe e tanti popoli storicamente sopraffatti, cerca di dare, attraverso la voce di un bottaio foriano, suo malgrado imbattutosi nell’orrore del Campo, il suo piccolo contributo alla causa della Memoria perché l’oblio non cancelli le responsabilità dei regimi dittatoriali, e lasci intatto lo sgomento dinanzi all’annientamento dell’Uomo sull’Uomo.
Cali il sipario.