Avvistata nel Golfo di Napoli, dopo ben 94 anni, la gazza marina, nome scientifico Alca torda. Lunedì 21 novembre 2022, infatti, l’Ornitologo Rosario Balestrieri della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” ha documentato la presenza della specie nei pressi del lungomare di Mergellina a seguito della segnalazione effettuata ieri, verso il tramonto, dall’istruttore di vela della Lega Navale di Napoli Pino Esposito, che aveva notato un uccello marino diverso da quelli comunemente osservati.
Il velista e l’ornitologo, in particolare, sono entrati in contatto grazie al ciclo di seminari divulgativi in corso presso la Lega Navale di Napoli e coordinati da Raffaella Casotti della Stazione Zoologica, per informare e sensibilizzare la gente comune ed i fruitori del mare su varie tematiche legate all’ambiente marino. L’ultimo incontro, il 15 novembre scorso, incentrato sulla biodiversità dell’avifauna marina, ha visto protagonista lo stesso Rosario Balestrieri e ha previsto anche una prova pratica di monitoraggio che ha coinvolto ben 6 barche a vela.
La gazza marina, in particolare, è un uccello marino di abitudini pelagiche, che nidifica sulle coste e sulle isole dell’Europa nord-occidentale, Groenlandia e America nord-orientale, di norma su alte scogliere a picco sul mare. In inverno si allontana dalla costa e si disperde nell’Atlantico settentrionale giungendo a sud fino alle Canarie ed entrando nel Mediterraneo occidentale.
In Italia la si osserva con una certa regolarità nel Mar Ligure, soprattutto da fine novembre ad inizio marzo. Nel Golfo di Napoli invece la specie era segnalata con una certa frequenza fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, ma non ce ne sono più state tracce fino ad oggi.
Della gazza marina, infatti, si parla nell’opera di Giglioli del 1890 dove viene riportato che Franceschini e Monticelli la considerano di comparsa accidentale in Inverno a Posillipo. Il 12 gennaio del 1903 viene catturato un esemplare maschio presso i Granilli (l’attuale porto) e solo 10 anni dopo, sempre a gennaio, un altro esemplare viene abbattuto a Napoli. Entrambi vengono conservati presso il Museo di Zoologia dell’Università “Federico II”.
Risalgono, poi, al 1928 le ultime due segnalazioni per il Golfo di Napoli: due femmine abbattute, una il 21 e l’altra il 26 gennaio ed oggi conservate presso il Museo Ornitologico “Ferrante Foschi” a Forlì. La gazza marina ricompare in Campania nel 1970 ma a largo di Castel Volturno (CE). Viene poi riosservata sul litorale Domizio nel 2012 e nel 2016 ed in Cilento, nel porto di Scario, nel gennaio 2017. È quindi da esattamente 94 anni che questa specie non veniva più osservata nel Golfo di Napoli.
In questi ultimi giorni si stanno susseguendo numerose osservazioni di gazza marina nei mari italiani (circa 15 individui visti ieri nel Mar Ligure, altri 3 nel Tirreno e ancora in Sardegna del sud). È molto complesso interpretare le dinamiche che determinano gli spostamenti degli uccelli marino-pelagici, in quanto questi sono indotti da variabili non sempre semplici da decifrare sul momento, come le condizioni meteo – climatiche e la disponibilità e distribuzione della risorsa ittica di cui si nutrono. Un interessante studio del 2019, pubblicato sulla rivista scientifica “Movement Ecology”, mostra come le gazze marine in caso di scarsa quantità di cibo nelle aree di svernamento abituali, cercano nuove risorse trofiche spostandosi più a sud.
Negli ultimi anni ci sono stati vari segnali d’allarme lanciati da chi studia gli uccelli marini, come la moria di oltre 8000 urie per denutrizione in Alaska nel 2016 (l’uria è una specie molto simile alla gazza marina).
“Il mare e gli oceani – spiega l’Ornitologo Rosario Balestrieri della Stazione Zoologica “Anton Dohrn”- sono sempre più a rischio a causa delle attività umane, dell’emergenza climatica, gli inquinanti, come la plastica, il depauperamento della fauna ittica, solo per citare alcuni dei problemi che si riflettono sull’intero ecosistema di cui noi stessi facciamo parte. Gli uccelli pelagici ittiofagi sono una delle componenti del sistema mare che possiamo monitorare senza immergerci: dalla loro presenza, distribuzione e successo riproduttivo, possiamo dedurre numerose informazioni utili per individuare le criticità e provare a cercare soluzioni per mitigarle con specifiche azioni di conservazione, che gioverebbero all’intero ecosistema marino ed a chi ne fruisce”.