Ischia News ed Eventi - Virtù e vizi della Prima Repubblica: valorizziamo i primi e riduciamo i secondi per una “fusione calda” del “Progressismo” verso la Terza Repubblica

Virtù e vizi della Prima Repubblica: valorizziamo i primi e riduciamo i secondi per una “fusione calda” del “Progressismo” verso la Terza Repubblica

Politica
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Mi pare che oggi occorre dare una denominazione CHIARA alla Sinistra. E con un NOME definirne la sua SOSTANZA perché siamo da oltre 16 anni nel Secolo XXI con gli effetti devastanti della Seconda Globalizzazione della Storia Moderna dopo la Prima che caratterizzò il “secolo lungo” cioè il 1800 che lo storico inglese Eric Hobsbawn fa terminare nel 1917 con la rivoluzione sovietica.

E così il ‘900 è il “secolo breve” perché oltre il conto del tempo esso comincia nel 1917 con la rivoluzione russa cioè con l’avvento di un nuovo sistema economico e termina nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino rimarcato nel 1991 con la dissoluzione dell’Unione Sovietica ed il crollo del “comunismo”.

Per settanta anni il mondo è stato diviso in due blocchi dopo due guerre mondiali nel “secolo breve”. Due modelli di distribuzione della ricchezza mentre incessante andava avanti lo sviluppo tecnologico. E’ esistito un “Occidente” con il modello di sviluppo capitalistico ed un “Oriente” con un modello di sviluppo collettivistico o comunista.
La Repubblica Italiana nata con il Referendum istituzionale del 1946 si è data una Costituzione nel 1948 con un modello di “Repubblica Parlamentare” con due Camere con identici poteri, con un ampio decentramento amministrativo della Repubblica divisa in Regioni, Province e Comuni, con un Governo nominato dal Capo dello Stato ma con la fiducia, a maggioranza assoluta, dei componenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

La Costituzione – abbiamo studiato in Diritto Pubblico – è un documento “programmatico” frutto di un “compromesso” veramente STORICO fra i rappresentanti dei partiti politici che avevano combattuto e vinto il fascismo: primo fra tutti il Partito Comunista Italiano, poi il Partito Socialista Italiano, poi ancora il piccolo Partito d’ Azione ed ancora i “popolari” o cattolici democratici che assumevano il nuovo nome di Democrazia Cristiana ed ancora i Liberali antifascisti.

Il sistema parlamentare NON era protetto da alcuna norma tesa a garantire la massima stabilità dell’ Esecutivo come la Costituzione della Repubblica Federale Tedesca del 1949 che prevede la “sfiducia costruttiva”. NON era protetto nemmeno da una legge elettorale maggioritaria poiché non c’è in Costituzione alcuna legge elettorale demandata alla legislazione ordinaria.

L’insieme dei partiti costituenti approvò una legge elettorale proporzionale pura che è durata fino allo scandalo di “tangentopoli” del 1992. In vent’anni abbiamo così avuto tre leggi elettorali una peggiore dell’altra.

Lo scandalo di “tangentopoli” ha portato alla dissoluzione dei partiti costituenti mentre il crollo dell’Unione Sovietica ha portato al crollo del Partito Comunista Italiano “costretto” prima a chiamarsi PDS, poi semplicemente “Democratici di Sinistra” fino ad arrivare alla cosiddetta “fusione a freddo” tra i postdemocristiani ed i postcomunisti nel 2007 che dettero vita ad un “Partito Democratico” che voleva fare sintesi del “centro” che la DC aveva tenuto per oltre 40 anni con la “sinistra” che nella maggior parte il PCI rappresentava.

Tutta una rappresentanza laica e soprattutto “socialista” – non fu ammessa alla “fusione a freddo”. Poiché lo scandalo o tragedia di “tangentopoli” aveva colpito SOPRATTUTTO il Partito Socialista Italiano di Craxi il nuovo partito di “centrosinistra” NON poteva definirsi nel NOME “socialista” ma nel nuovo quadro politico dell’Unione Europea i partiti di “sinistra” si definivano “socialisti o socialdemocratici” e così nacque la “particolarità italiana” di un partito aderente all'Internazionale Socialista ed al Partito del Socialismo Europeo (PSE) senza definirsi tale!

A mio parere questo è stato il motivo esiziale del FALLIMENTO del Partito Democratico con la crisi profonda dei postcomunisti che non potevano definirsi “socialisti”.

La “fusione” viene detta “fredda” perché non c’è stata nessuna partecipazione popolare all’elaborazione di un nuovo partito che avesse una base “ideologica” perché è stata l’Ideologia che ha diviso per oltre mezzo secolo in Italia la Sinistra dal Centro e dalla Destra. Non c’è stata neanche una partecipazione “programmatica”, che è tale solo se parte dal basso verso l’alto e non viceversa, che indicasse non solo i Valori ma anche le priorità programmatiche che una nuova forza di “centrosinistra” doveva avere.

I vizi della “formula del parlamentarismo della Prima Repubblica” furono la grande frammentazione con una grande instabilità governativa fino alla degenerazione del sistema di corruzione del “finanziamento ai 5 partiti” di governo che resero irreversibile il “pentapartito” perché non c’era una alternativa democratica né a sinistra con la pregiudiziale anticomunista né a destra con la pregiudiziale antifascista. Ma già molto tempo prima del “pentapartito” i partiti di governo – la DC, il PSI, il PSDI, Il PRI ed il PLI – si dividevano al loro interno in una galassia di “correnti” che ne minavano non solo l’unità ma la loro stessa credibilità.

Fino ad un certo tempo – diciamo fino alla svolta di Craxi con il congresso del PSI di Palermo del 1982 – il “correntismo” presentava anche aspetti positivi perché c’era un ampio dibattito “programmatico” nelle “sezioni” – le ramificazioni dei partiti sul territorio - le quali erano attente e vigili anche sulla politica locale che si praticava nel proprio Comune piccolo o grande che sia.

Questo buon “correntismo” non esasperava il “leaderismo” cioè l’“uomo solo al comando” ma offriva al militante soprattutto e poi all’elettore un’ampia scelta di classe dirigente.

Oggi con la scissione dei “Democratici Progressisti” dal PD di Renzi si pone la questione di non ripristinare un dannoso “correntismo”. Così come la scissione non deve ricalcare la vecchia caratteristica della Sinistra di dividersi proprio in momenti cruciali.

Questa può essere una ricostruzione della Sinistra con le sfide del XXI secolo perché pone al primo posto della sua piattaforma ideologica l’art.1 della Costituzione e cioè il problema del LAVORO.

Se non basta più il termine “democratico” per definire in Italia una “sinistra” e se il termine “sinistra” ha un significato troppo ampio – da Rifondazione Comunista ai socialdemocratici residui - per una definizione, se il termine “comunista” è cancellato dalla Storia, se il termine “socialista” non è proponibile in Italia per il dissolvimento del PSI con i suoi ultimi 10 anni (1982-1992), il termine “progressista” può rappresentare la definizione di un movimento di lavoratori che crede nella Repubblica fondata sul Lavoro e la vuole attuare.

Sono rimasto colpito dalle forti dichiarazione del giovane Mariano Paolozzi , membro della segretaria napoletana dei Giovani Democratici, con le quali il giovane Paolozzi si dimette dal PD ed aderisce al Movimento dei Democratici Progressisti.

Chiude la sua lunga lettera Mariano Paolozzi affermando :
“Penso dunque che i giovani della mia generazione debbano accogliere la sfida proposta dal nuovo campo democratico e progressista, la sfida del movimento “Articolo 1 - Democratici e Progressisti”. C’è bisogno di ritrovare una connessione innanzitutto sentimentale con la generazione a cui appartengo e, dove è possibile, richiamare alla militanza tanti giovani che non hanno trovato più rappresentanza in una sinistra che, negli ultimi anni, è stata sempre più percepita come parte di un establishment chiuso ed autoreferenziale”.

La “vera Sinistra” del XXI in Italia ricomincia il suo cammino verso una Terza Repubblica nel solco della Prima ma apriamo un grande dibattito fra i Cittadini sui “programmi” non “virtualmente” ma “realmente”.

Solo con una rinnovata partecipazione civile si può superare la crisi di tutto e si può e si deve salvare la Speranza per un mondo più giusto e più umano.

 

Eric Hobsbawn