Un dolore lancinante, un profondo senso di perdita. Siamo tutti attoniti per la distruzione di Città della Scienza, che non è solo la perdita di un luogo di cultura, ma è una violenza forte all’identità di Napoli, di tutta la Campania e anzi dell’Italia. Una violenza resa più infame dalla certezza morale che l’incendio sia doloso, un’aggressione alla parte migliore della città.
Quest’estate, parlando con un’amica pugliese dei problemi dell’Ilva di Taranto, mi sentivo molto fiera della mia città che da quasi vent’anni si era liberata dell’Eternit, dell’Italsider e di altre industrie inquinanti. “E’ vero, dicevo, si sono persi molti posti di lavoro, è stata dura, ma pian piano le persone si sono reinserite nel mondo del lavoro, e poi c’è la spiaggia riconquistata, e poi soprattutto c’è Città della Scienza...”
Oltre settemila persone rimasero disoccupate quando, tra il 1985 e il ’92, le industrie del polo di Bagnoli chiusero. La gente era arrabbiata e spaventata, solo i “pazzi” ambientalisti guardavano lontano e immaginavano una Bagnoli diversa, una Napoli diversa. Fu difficile convincere amici che avevano perso il posto a sperare ancora nel futuro. Ma avevamo ragione, anche se poi ci sono stati tanti problemi, anche se le bonifiche non sono ancora state completate, anche se la camorra ha tentato più volte di metterci le sue mani adunche. Città della Scienza non era solo un polo di ricerca e di divulgazione scientifica unico in Italia, un incubatoio d’impresa, un centro di formazione. Non era solo il posto dove un insegnante poteva portare i suoi alunni a imparare le leggi della fisica o del corpo umano in maniera più attiva ed efficace di come si può farlo in classe. Era anche il posto dove una zia poteva accompagnare il nipotino a scoprire come sono fatti i dinosauri, o a imparare i nomi delle stelle.
La gente di Bagnoli aveva capito. Amava Città della Scienza, ci accompagnava i bambini, credeva nel valore della sua funzione. “Non so come fare per dire ai miei bambini che Bit non c’è più”, scrive un cittadino. Sì, perché l’incendio ha distrutto anche il server, con tutto il sapere che conteneva, e il sito è sparito da Internet.
Non può finire così. Perché avevamo ragione a volere la trasformazione del polo industriale di Bagnoli in polo culturale. Ci ha salvati dalla sorte di Taranto. Ci ha regalato anni di mare, di sole e soprattutto di cultura e di speranza. E abbiamo ancora ragione a volere che Città della Scienza rinasca subito, e nel modo giusto, perché l’alternativa sono le colate di cemento della camorra.
Attraverso il suo spazio su Twitter, Città della Scienza raccoglie donazioni per la ricostruzione. Grazie al social network, CdS è ancora viva e parla con la gente. Diamo quello che possiamo, se vogliamo, ma soprattutto vigiliamo affinché non ci venga tolto un presidio di cultura e di speranza, la fiducia in un futuro migliore, conquistata a duro prezzo con dignità e coraggio.
Lilly Cacace Rajola