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Per chi non ha il POS, sanzione da 500 euro alla sospensione attività

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Arrivano le sanzioni per lavoratori autonomi e professionisti che non saranno provvisti di POS nello studio o nel negozio onde consentire ai propri clienti di pagare in modalità elettronica
La guerra al contante è appena iniziata e il bazuca utilizzato dal governo sono le “multe” per chi non predisporrà sistemi di pagamento con carta di debito o di credito. Il famoso “Pos” (Point of sale, ossia “punto di vendita”) diventa quindi, a tutti gli effetti, obbligatorio con il ddl appena approdato al Senato ed ora all’esame.

Non che il Pos non sia obbligatorio sin d’ora (solo, comunque, per i pagamenti superiori a 30 euro), ma, in verità, la norma introdotta nel 2012 [1] è lacunosa in quanto non prevede alcuna sanzione in caso di mancato ottemperamento. Unica conseguenza per chi non si munisce dell’apparecchio elettronico è l’obbligo di rifondere i maggiori costi sostenuti dal cliente – che abbia chiesto di pagare con la carta – per far fronte ad altri tipi di transazione

Ora il ddl [2] pone fine a questa strana anomalia normativa, introducendo una multa di 500 euro per gli inadempienti.

Dall’altro lato viene offerto lo zuccherino per mandare giù la medicina: qualora la copertura economica lo consentirà, saranno previste detrazioni dall’imponibile reddituale del costo percentuale di ogni transazione eseguita con il bancomat.

Il presente disegno di legge è volto quindi sia a “premiare” il professionista, commerciante, esercente o l’azienda che, in adempimento della normativa, abbia provveduto a dotarsi degli strumenti elettronici di pagamento, sia a tutelare il consumatore e fruitore del servizio nel caso in cui si veda negata la legittima possibilità di procedere al pagamento mediante strumenti elettronici.

Quando scatta l’obbligo

Solo per pagamenti superiori a 30 euro. Ma questo non vuol dire che lo studio o l’esercente non debba essere dotato del Pos. Infatti, è diritto del professionista o dell’autonomo solo rifiutare il pagamento elettronico per importi fino a 30,99 euro. Dopo tale soglia, invece, egli non potrà negare la transazione con Pos.

La sanzione di 500,00 euro, dunque, scatta in due distinte ipotesi:

– se il professionista/commerciante abbia rifiutato il pagamento con Pos per importi superiori a 30 euro

– oppure se il professionista/commerciante non sia munito di adeguati mezzi a tale scopo destinati (il Pos è solo uno dei tanti).

La sanzione viene irrogata dietro segnalazione del consumatore alla Guardia di finanza o anche da parte di quest’ultima che abbia agito d’ufficio.

Che succede dopo la sanzione?

Dopo l’irrogazione della sanzione, il professionista/commerciante dovrà adeguarsi alla normativa e installare un sistema di pagamento elettronico entro i 30 giorni successivi, dandone comunicazione all’amministrazione entro 60 giorni. Se non lo fa, scatta una seconda multa di 1000 euro. Anche in questo caso, della successiva regolarizzazione va data comunicazione entro 30 giorni altrimenti scatta la sospensione dell’attività da parte della Guardia di finanza.

[1] D.l. n. 179/2012.

[2] Ddl n. 1747.

 

IVA – Introduzione del meccanismo del "reverse charge" nei rapporti tra GDO alimentare e fornitori – Decisione della Commissione europea del

22 maggio 2015.

Lo scorso 22 maggio, la Commissione europea ha negato l'autorizzazione per l'estensione del meccanismo del "reverse charge" alle cessioni di beni effettuate nei confronti di ipermercati, supermercati e discount alimentari, prevista dalla legge di stabilità 2015, e la cui applicazione era subordinata al placet comunitario.

La portavoce della Commissione UE per i servizi finanziari, Vanessa Mock, ha, infatti, dichiarato che "La Commissione ha adottato una comunicazione indirizzata al Consiglio europeo che rigetta la richiesta italiana di una deroga alle norme UE sull'Iva per introdurre il reverse charge per le forniture alla grande distribuzione.".

Per la Commissione europea non ci sono prove sufficienti che la misura richiesta possa contribuire a contrastare le frodi in campo Iva.

Al riguardo, si ricorda che l'estensione del meccanismo del "reverse charge" alle cessioni di beni effettuate dei confronti di ipermercati, supermercati e discount alimentari era stata prevista dalla L. 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), con l'introduzione della lettera d-quinquies) all'art. 17, comma 6, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

In attesa del rilascio dell'autorizzazione comunitaria - necessaria ai sensi dell'art. 395 della Direttiva n. 2006/112/CE - la norma, tuttavia, non è mai entrata in vigore.