Ischia News ed Eventi - VINISCHIA, la nuova economia agricola nel luogo più carico di Storia

VINISCHIA, la nuova economia agricola nel luogo più carico di Storia

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Si terrà da sabato 5 a lunedì 7 novembre  ad Ischia Ponte – l’antico Borgo di Celsa – l’edizione 2011 di VINISCHIA, , organizzata dal Consorzio del Borgo di Ischia Ponte e dalla Camera di Commercio, Industria ed Agricoltura di Napoli con l’intento di presentare “i sapori ed i saperi dell’isola d’Ischia e dintorni”. Per l’occasione  il magazine  “IschiaNews & Eventi”ha realizzato un numero speciale in italiano ed inglese dove viene presentata la “nuova economia agricola dell’isola d’Ischia nel luogo più carico di storia”. Una economia antichissima – risale al tempo della colonizzazione greca dell’ottavo secolo a.C. – che, come  scrive lo storico Giuseppe D’Ascia, è fondata sul “remo”e la “zappa”e che oggi si rinnova al tempo della globalizzazione e del moderno turismo.

L’economia della “zappa”e del “remo” oggi come ieri

“… ricordiamo a coloro che verranno dopo di noi che i segni “inquartati”in tutti i “blasoni”degli isolani non sono che  il “Remo”o la “Zappa”perché dalla zappa o dal remo hanno origine tutte le famiglie…”. Bisogna sempre ricorrere a Giuseppe D’Ascia (1822-1889) ed alla sua “Storia dell’isola d’Ischia”stampata per la prima volta nel 1867 per  dare un’idea dell’economia dell’isola d’Ischia nel XIX secolo ed anche nei precedenti. Per secoli le popolazioni dell’isola -  insediate in punti diversi  dell’isola  con una propria “identità”che si manifestava e si manifesta con un proprio “dialetto”, propri usi , costumi e Santo  Patrono – hanno vissuto con i prodotti della terra,   e ne hanno fatto commercio con la loro “marineria”con  altre isole del Mediterraneo e con il Continente. La “zappa”di D’Ascia  permetteva di coltivare i terreni strappati alla  montagna e  protetti dai muri a secco che si chiamano “parracine”. La qualità dei terreni , la bontà del clima, la presenza di sorgenti d’acqua, permettevano uno sfruttamento che oggi si direbbe “intensivo”della terra che dava tutto. Il “remo”permetteva  di  navigare nel Mediterraneo sia trasportando il principale prodotto della “zappa”e cioè il vino sia di pescare e di vendere il pescato sui mercati ittici di Napoli e Pozzuoli.

Gli ischitani per secoli e secoli sono stati contadini e pescatori ed avevano una buona economia agricola non solo di sussistenza. Ci sono segni evidenti di questa economia rappresentati dalle Chiese. Oggi ad Ischia ci sono 74 chiese  in tutte le località dell’isola e la gran parte sono state costruite nei secoli XVII, XVIII e XIX. Alcune sono maestose come la Chiesa dello Spirito Santo nel Borgo di Celsa – che oggi si chiama Ischia Ponte -  costruita alla metà del Seicento dalla corporazione dei marinai e dei pescatori o come la Chiesa di Santa Maria di Loreto a Forio che ha avuto origine a partire dal XIV secolo e poi sempre più ampliata ed abbellita e segno della ricchezza dei ricchi   proprietari terrieri di Forio, che  fra i sei Comuni è  quello più esteso. Altre- come la Chiesa della pietra verde in località Ciglio sono la testimonianza della civiltà contadina che non solo sapeva coltivare la terra ma sapere anche lavorare la pietra.

Nel XVIII secolo – quando, nel 1734, partirono da Ischia 52 famiglie di contadini  per colonizzare l’isola di Ponza a 44 miglia da Ischia per aver ricevuto da Re Carlo III di Borbone gratuitamente la terra in quell’isola lontana di circa 8 Km2 e disabitata da almeno due secoli -  la popolazione dell’isola d’Ischia nei vari “Casali”era di circa 16mila abitanti  e c’erano 420 preti. Nel 1798 si producevano “50 mila botti di vino”e nel 1861 “il vino che produce l’isola d’Ischia, scrive D’Ascia,può giungere da 20 a 25 mila botti cioè da 10 a 14mila ettolitri”.

“Di questo vino una sesta parte di consuma nell’isola; il dippiù si esporta per l’Italia e anche qualche piccola porzione all’estero”dice D’Ascia.

Ma il grande sviluppo della produzione vinicola si ebbe a partire dal 1880 quando alcuni  produttori isolani, fra cui Francesco D’Ambra, cominciarono a trasportare il vino via mare  per conquistare i mercati italiani e stranieri

Nel 1929 la superficie a vigneto nell’isola era di 2747 ettari e la produzione di 250mila ettolitri. Nel 1990 la superficie coltivata era scesa a 900 ettari e la produzione a 62mila ettolitri.

E’dagli anni ’50 del ‘900 che cambia l’economica dell’isola: da agricola a turistica e molto spesso con una edilizia di rapina che non rispetta il paesaggio. Nel periodo del grande boom del turismo di massa – che va dagli anni ‘70 agli anni ‘90 -   si assiste ad un grande abbandono nei campi. Ma poi con la diversificazione dei mercati a partire forse dalla fine degli anni ‘90 c’è un ritorno alla viticoltura di qualità.

“Se rispetto a 50 anni fa la produzione viticola è diminuita parecchio a causa del forte sviluppo edilizio la minor quantità di vino prodotto è senza dubbio qualitativamente migliore”ci dice Andrea D’Ambra, enologo, proprietario  della D’Ambra Vini d’Ischia la più antica casa vinicola dell’isola ed autore di una “Storia del vino d’Ischia”.

L’osservazione di Andrea D’Ambra trova conferma  nella “strada del vino e dei prodotti tipici dell’isola d’Ischia “con 23 aziende agricole che puntano sulla qualità e non sulla  quantità.

Cosa rimane dell’economia della “zappa”e del “remo”al tempo della rivoluzione dell’informatica, del turismo di massa con i “centri benessere”al posto degli antichi stabilimenti termali? Molto. C’è una fierezza  da parte di questi imprenditori agricoli di appartenere a famiglie operose e quindi di ritornare alla fedeltà alla “Terra-Madre”. C’è anche la consapevolezza che in un mercato globale delle vacanze l’isola d’Ischia compete con il suo ricco patrimonio storico di cui la viticoltura, portata dai coloni greci nello VIII secolo a.C., è parte fondamentale.

“Le doti principali dei vini d’Ischia ,quali eleganza, equilibrio e serbevolezza ,si prestano ad un crescente interesse sul consumatore, stanco di assaggiare vini di facile omologazione – ci dice Andrea D’Ambra -  il turismo, quello più attento alle scoperte di un’isola che ha più sapori di terra che di mare, è quindi  la causa del nuovo “Rinascimento”del vino d’Ischia”.

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