Una Verità per lo Sviluppo: il Mistero del Piano Calza-Bini o le Memorie del Soprintendente
L’arch. Mario De Cunzio, ancora vivente, è stato negli anni ‘70 ed ‘80 del ‘900 un autorevole funzionario della Soprintendenza ai Monumenti della Campania e per un certo periodo è stato addirittura Soprintendente. Quel decennio registrò forse la massima espansione del “sacco di Ischia”determinato anche dalla svalutazione monetaria che in quegli anni toccò il 20%. Il “mattone”divenne un “bene rifugio”dove investire i risparmi sia del piccolo che del grande investitore. Fu anche il decennio della “grande speculazione edilizia”che poteva dare al costruttore un profitto enorme forse del 100% o anche oltre. La speculazione edilizia era quasi un “gioco in borsa”. Nel 1951 nell’isola d’Ischia i vani censiti – dati del censimento della popolazione – furono 18.843, nel 1971 – venti anni dopo – erano 42.718 e dieci anni dopo nel 1981 erano 69.560. In un decennio – 1971-1981 – erano sorti 26.842 vani.
Ma come è stato possibile? Se l’assessore ai lavori pubblici di Casamicciola, Antonio Castagna, nel 1949 affermava che “Ischia è stata messa sotto la tutela di diversi enti rappresentati purtroppo da uomini che, non essendo isolani, pretendono di decidere questioni e problemi vitali dalla loro poltrona burocratica”ed elencava – come abbiamo visto – tutti i vincoli soprattutto il Piano Paesistico Calza-Bini del 1943 ? Sarà stata la Soprintendenza ai Monumenti ad autorizzare tutte queste costruzioni? Ma qual è la storia di questo Piano Calza-Bini?
Vediamo di ricostruirla ed andiamo a cercare la sua storia ed il comportamento della Soprintendenza nella premessa scritta nel 1991 dall’arch. Mario De Cunzio al libro di Nicoletta D’Arbitrio e Luigi Ziviello sull’”Architettura rupestre delle case di Pietra”nell’isola d’Ischia edito dalle Edizioni Scientifiche Italiane (ESI).
“il 18 febbraio 1943 un intelligente Ministro dell’Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai, firmava il Decreto di approvazione del Piano Territoriale Paesistico dell’isola d’Ischia poi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 marzo 1943 n. 65. Il Piano Paesistico era stato progettato da Alberto Calza Bini, uno dei maestri dell’urbanistica italiana degli anni trenta; preside della facoltà di Architettura di Napoli, aveva contribuito a preparare insieme ad altri, architetti, storici dell’arte e archeologi, le leggi di tutela del 1 giugno1939 n. 1089 e del 29 giugno 1939 n. 1497 e la legge urbanistica del 17 agosto 1942 n. 1150, leggi tuttora valide”scrive Mario De Cunzio.
De Cunzio scrive ancora: “Si racconta che dopo aver redatto il Piano Territoriale Paesistico, Alberto Calza Bini aveva preparato anche il Piano Regolatore Generale per l’isola d’Ischia al fine di assicurare un più completo e organico assetto del territorio. In un giorno tra marzo e giugno del 1943 Calza Bini si accingeva a portare a Roma gli elaborati del piano, il treno in cui viaggiava fu bombardato, nell’incendio che ne seguì gli elaborati andarono distrutti”.
Come spesso accade nella storia degli avvenimenti umani un piccolo episodio cambia il corso degli eventi. Progettato in piena guerra ed approvato a poche settimane dal 25 luglio 1943, che segna la fine del regime fascista, il Piano Calza Bini ebbe una vita difficile ed una applicazione “contorta”.
De Cunzio che dopo la guerra “venne la ricostruzione, vennero il boom edilizio e il boom della seconda casa. I governi di centro-sinistra nella prima metà degli anni ‘60 provarono a fare una nuova legge urbanistica con il regime pubblico dei suoli, ci provarono Sullo, Pierraccini, Mancini, ma invano”.
“Il Piano Territoriale Paesistico di Alberto Calza Bini intanto era stato dimenticato – scrive ancora De Cunzio – e per circa trenta anni è stato rimosso, semplicemente rimosso, non ha avuto un’opposizione formale, non è mai stato annullato. Rimosso dalle coscienze e dalle penne stilografiche, poi penne a sfera, si soprintendenti, sindaci, architetti”.
Cosa vuol dire De Cunzio? Per circa 30 anni lo sviluppo urbanistico dell’isola d’Ischia è avvenuto senza piano paesistico, senza alcun strumento di programmazione poiché è soltanto “ nel 1970 che il soprintendente Di Geso iniziò ad applicare il piano paesistico perché era ancora valido”scrive De Cunzio che dichiara anche che “a quell’epoca, come architetto della Soprintendenza ai Monumenti della Campania, io mi occupavo dell’isola d’Ischia”.
De Cunzio continua l’esposizione: “Più recentemente il D.M. 28 marzo 1985 ha dichiarato decaduto il Piano Paesistico Calza Bini ritenendolo “non adeguato ad una corretta tutela”ne è seguito un divieto assoluto di qualsiasi costruzione, divieto di fatto non controllato dai Comuni”.
De Cunzo dedica infine alcune parole al libro della D’Arbitrio e di Ziviello – “una ricerca affascinante”- e chiude affermando che “ora non dobbiamo più accontentarci di registrare tristemente il degrado, dobbiamo tutti, me compreso, operare concretamente per la migliore conservazione e valorizzazione del nostro patrimonio storico e paesistico”.
E’sconcertante – per uno studioso di economia politica e di sviluppo locale - che un funzionario pubblico che ha avuto un enorme potere discrezionale nella gestione urbanistica dell’isola d’Ischia seduto dalla “poltrona burocratica”– della quale parlava l’assessore di Casamicciola Antonio Castagna nel 1949 – affidi la storia dell’isola ad un intervento di presentazione ad un libro e che non si faccia alcun accenno in questo intervento allo sviluppo economico e sociale dell’isola “comunque”realizzato in oltre trent’anni con o senza Piano Calza-Bini.
Ci aveva pensato l’Ente per la Valorizzazione dell’isola d’Ischia (EVI) nell’ultimo numero della sua rivista “Lettera da Ischia”, diretta da Giacono Deuringer, dell’ultimo anno della sua vita giuridica e finanziaria a tracciare un bilancio di vent’anni con un ampio resoconto dal titolo: “Venti anni di costante attività per il progresso del’isola d’Ischia”che appare nel n.15 – inverno 1972-primavera 1973. C’è la storia dell’intervento pubblico dello Stato attraverso la Cassa per il Mezzogiorno: la costruzione delle grandi arterie per raggiungere Citara, i Maronti , il potenziamento dell’energia elettrica, e soprattutto la storia dell’acquedotto sottomarino, una delle più grandi opere della Casmez mai realizzata nel Mezzogiorno. C’è il dato sull’eccezionale potenziamento della ricettività: nel 1949 c’erano 28 alberghi, tutti di terza categoria. Nel 1972 c’erano 217 alberghi di cui uno di lusso, 17 della prima categoria ed 8 della seconda. I posti letto erano 10.594.
Com’era sorto questo sviluppo urbanistico, “edilizio”, “economico”, dentro o fuori il Piano Calza.Bini?
Il mistero non è svelato.
2 – continua
Casamicciola, 16 febbraio 2012-02-16