Ho cominciato a fare l'addetto stampa a 26 anni e l'ho fatto per altrettanti 26 dal 1975 al 2001. All'inizio, io che venivo dalla piccola stampa locale di un'"isoletta", perché tale è la considerazione di Ischia nelle righe della contrattualizzazione giornalistica, mi sembrava di aver toccato il cielo con un dito nella bella stanza al primo piano del palazzo della Provincia di Napoli in Piazza Matteotti. In quegli anni il lavoro di ufficio stampa non veniva neanche considerato un lavoro perché non era previsto negli accordi del contratto di lavoro giornalistico se non legato ad una impresa editoriale. Veniva considerato un incarico "politico" perché l'addetto stampa veniva ritenuto un microfono del potere chiamato a divulgare tutto quanto faceva di buono la Pubblica Amministrazione mentre doveva tacere su quanto faceva di male o non faceva. Proprio in quegli anni '70 invece cominciò un'azione per professionalizzare quel lavoro nell'ambito del giornalismo e ricordo che aderii immediatamente al Gruppo Ufficio Stampa (GUS) di cui si fece promotore Claudio Azzolini che allora era il capo ufficio stampa dell'ATI, la compagnia per i voli nazionali dell'ALITALIA. Ma fu una battaglia vana. I giornalisti degli uffici stampa non erano tutelati né dall'Ordine dei Giornalisti né dalla Federazione della Stampa. Non è bastata nemmeno una legge nazionale la n. 150 del 2000 che ha istituito la "Comunicazione Pubblica" per una regolamentazione degli uffici stampa nell'applicazione del contratto di lavoro giornalistico.
Così una dignità professionale i giornalisti degli uffici stampa l'hanno dovuta conquistare personalmente sul campo di battaglia. C'è chi è stato assolutamente condiscendente al potente di turno - io ne ho conosciuti molti di due Repubbliche e molti di basso livello – ma c'è chi invece ha voluto rimarcare una professionalità; ha voluto richiamarsi alle regole fondamentali del giornalismo che sono fissate sia per la stampa scritta sia per quella parlata sia infine per chi manda "comunicati o note per la stampa". Questa dignità professionale non solo si doveva conquistare presso il proprio "Editore" – che in questo caso erano gli amministratori di un ente pubblico – ma anche nei "colleghi" della stampa, scritta e parlata, che nella stragrande maggioranza non avevano alcuna considerazione degli "addetti stampa" considerati poco più o poco meno di portaborse.
Così l'addetto stampa subiva una doppia umiliazione: quella nei confronti del potente di turno che pretendeva la diffusione di un comunicato e la sua ampia diffusione su una iniziativa o una presa di posizione del tutto secondaria o addirittura ridicola e quella nei confronti del collega di turno presso la cronaca del giornale che considerava non notizia o notizia di scarso valore quella data e comunque non meritevole del rilievo che chiedeva il politico.
I comunicati stampa venivano diffusi con la chiosa finale "con preghiera di pubblicazione" con in qualche caso l'aggiunta dell'aggettivo "viva" e poi con la nascita delle TV libere veniva aggiunto il termine "diffusione".
Naturalmente non bastava quella chiosa: "con viva preghiera di pubblicazione/diffusione". Bisognava telefonare – una volta, due volte, molte volte – al capocronista o redattore politico per chiedere la pubblicazione e molto spesso era quasi una richiesta pietosa. Ho conosciuto l'estrema supponenza di chi aveva il potere di pubblicare o cestinare una notizia. Ricordo che una volta ad un potente capocronista dell'allora unico quotidiano di Napoli raccomandai una notizia alla cui pubblicazione era interessato il Presidente che era democristiano gavianeo ed il capocronista mi rispose che lui "parlava solo da Antonio Gava in su". Un altro redattore della più grande agenzia di stampa nazionale mi rispose che lui "i giornalisti degli uffici stampa li schifava". Ci si può immaginare come ci si sentisse dall'altro capo del filo del telefono quando non si ha il potere di avere un giornale che è in questo caso l'unica pistola per sparare.
Così negli anni ' 90 con l'approvazione della legge 241 sulla trasparenza degli atti della pubblica amministrazione cominciai un nuovo tentativo di professionalizzazione trasformando l'ufficio stampa in una "agenzia di stampa", forte della collaborazione alla più importante agenzia nazionale, in modo che il comunicato fosse scritto come una notizia di agenzia con estrema obiettività e potesse avere – come deve avere "LA NOTIZIA" (scritta in maiuscolo perché gridata come si usa oggi su Facebook) – il suo autonomo cammino nella valutazione del giornalista dall'altro capo della macchina del fax senza alcuna umiliante telefonata di cortesia, senza quella "preghiera di pubblicazione" che addirittura avrebbe dovuto essere cancellata dal comunicato.
Non credo di aver vinto la battaglia. Credo che ancora oggi quando un addetto stampa manda un comunicato deve sempre telefonare – ancora più facile oggi con il telefonino – all'amico redattore per chiedere attenzione per la notizia inviata.
Personalmente ritenevo ieri o lo ritengo ancora oggi una umiliazione chiedere un intervento speciale per l'attenzione verso una notizia. Il redattore deve valutare la notizia e pubblicarla se merita e cestinarla se non merita. Anche questa sarebbe una riforma di costume, una moralizzazione della vita civile.
Sarebbe poi ancora più corretto se nell'ambito della stampa locale ci fosse un reciproco rispetto per il lavoro degli altri. Ai miei tempi se un giornale mensile o specializzato mandava un comunicato – estratto del numero in edicola il quotidiano o l'agenzia lo pubblicava perché non era concorrente al quotidiano. Sul piano locale dell'isola d'Ischia non solo dovremmo discutere del "giornale di carta" se sopravvivrà ma anche se sopravvivrà la piccola stampa locale, se ci sarà un elementare rispetto fra quanti lavorarono – spesso mal pagati o non pagati affatto – nella stampa locale stampata, parlata e sul web. Insomma un rispetto reciproco per il nostro lavoro che eviti una concorrenza fra poveri.
Queste considerazioni mi sono venute alla penna, come si diceva un tempo, per un caso recente di "concorrenza editoriale" sulla mancata pubblicazione del "Focus" del numero di agosto nel nostro Magazine Ischianews & Eventi inviato alla stampa locale e cittadina e non pubblicato.
Non ho fatto alcuna telefonata e non ho sollecitato nulla. Se l'avessi fatto il collega dall'altra parte del filo mi avrebbe risposto che così è stata valutata la notizia, che questo è il nuovo ambiente del giornalismo di oggi.
No, grazie, ho un'altra opinione.
Casamicciola, 16 agosto 2013-08-16