Domenica scorsa, 10 giugno 2012, si è svolta l’escursione organizzata dai soci ischitani della sezione di Napoli del CAI (Club Alpino Italiano). La giornata, inserita nel calendario delle attività annuali della Commissione Regionale di Escursionismo del CAI, ha previsto il seguente itinerario: da Fiaiano a Serrara, passando per il Monte Epomeo. I partecipanti, circa una trentina in parte arrivati dalla Campania ed in parte isolani si sono ritrovati alle 10.30 presso il maneggio dei cavalli a Fiaiano, dove sono stati accolti dal referente ischitano della sezione Prof. Francesco Mattera e dai soci Prof.ssa Assunta Bianco e Dott. Nello Migliaccio. Verso le 11.00, dopo un momento di raccolta e di briefing, il gruppo si è messo in marcia. Subito la vista è stata rapita dal colore chiaro dei fiori di castagno che, dal Monte Toppo a salire, sembravano pennellate dorate nel mare verde intenso tipico di questo versante isolano ed indice di una grande ricchezza floristica. Imboccato il sentiero che risale verso il vallone di Buceto, dove è presente l’omonima fonte, il primo tratto è stato accompagnato dai resti del vecchio acquedotto che captava l’acqua dalla fonte e la portava fino al borgo di Celsa (odierna Ischia Ponte). Data la forte esposizione di questo primo tratto la vegetazione predominante è quella tipica della macchia mediterranea, in cui spiccano le fragranti essenze del mirto arricchite dagli aromi della mentuccia selvatica e del timo.
Dopo poco, come per incanto, il paesaggio è cambiato: la particolare posizione e conformazione geomorfologica del vallone, nonché la ricchezza di acqua (la fonte di Buceto appunto), la presenza di alti pioppi ed ailaianti epifitati da edere striscianti e filanti che somigliano a liane ed in basso felci alte e bardane dalle foglie ampie almeno un metro, il cinguettio degli uccelli, rendono questo tratto simile ad una foresta tropicale. Ci si è immersi in questo mondo, perdendo per un attimo la cognizione spazio – temporale. Ma Ischia è anche questo: grazie alla sua variabilità geo – bio – morfologico – climatica, in uno spazio limitato si sviluppano tanti ambienti diversi, da quelli tipici dell’area mediterranea, a quelli di alta montagna, a quelli tropicali.
Lasciato questo luogo “salgariano” ci si è immessi in un bosco di castagni alle falde del Monte Trippodo, fino ad arrivare a Piano San Paolo, vecchia spiaggia fossile, testimonianza del passato sommerso di una parte dell’isola. Infatti, per migliaia di anni la parte centrale dell’isola, a seguito del collasso dovuto allo svuotamento della camera magmatica, conseguenza di un’attività esplosiva molto intensa, si è ritrovata in ambiente sub marino. E’ sicuramente questo uno degli eventi più significativi della genesi geologica di Ischia, in cui si è generata la roccia tipica dell’isola: il tufo verde, formato a seguito dell’alterazione chimico - fisica delle rocce piroclastiche pregiacenti, oggi visibile, come le altre strutture sommerse, a seguito della risorgenza della massa collassata. Continuando la risalita si è giunti fino al punto più alto dell’horst (è così che è definito in termini tecnici il Monte Epomeo: horst – vulcano - tettonico). In vetta si trova la chiesetta di S. Nicola (da cui il nome della vetta) con il suo eremo interamente scavato nel tufo verde, dove per anni ha soggiornato l’eremita Giuseppe D’Argout, ex comandante della guarnigione del Castello Aragonese nel 1700. L’eremo è stato poi trasformato in una suggestiva pensione le cui camere sono le antiche e silenziose celle. Oggi, purtroppo è in stato di abbandono. Un sentiero scavato nel tufo conduce verso la vetta, scolpita dal vento ed orlata da licheni gialli. Da qui si gode di una vista a 360 gradi ( da cui l’origine del nome Epomeo: Epopon o Epopos io guardo, io miro attorno). Di fronte è riconoscibile il bosco della Falanga con Santa Maria al monte, il monte Nuovo e Forio in basso. Le isole pontine, non più così lontane, formano una linea continua con la costa laziale. Spostando lo sguardo verso Nord il litorale flegreo con le isole di Procida e Vivara, il Vesuvio, e proseguendo i monti Lattari e l’isola di Capri. E poi la vista si perde in mare aperto e si ha davvero la sensazione di essere sospesi tra cielo e terra.
Sulla nostra sinistra (verso Sud) un’altra cima: è la Pietra dell’acqua, la prossima meta del nostro percorso. Il dolce pendio che li ci ha condotto è ombreggiato da lecci ed erica arborea e fiancheggiato da ginestre. Si è arrivati quindi alla cisterna che dà il nome alla cima, una grande roccia di tufo, che è stata cavata e scanalata per raccogliere l’acqua piovana.
Il percorso è poi diventato una stradina sterrata che scendendo tra rovi e ginestre (che fioriscono abbondanti) e giunto ad una deviazione verso il bosco dei Frassitelli, magnifico punto di osservazione del lato occidentale dell’isola. Nel bosco le robinie fanno ombra a rocce ricoperte di muschio, licheni, e finocchi selvatici. Il sottobosco, è il regno del coniglio selvatico che ha rivestito e riveste un ruolo fondamentale nella tradizione culinaria locale (particolare è infatti la ricetta utilizzata per cuocere la carne selvatica, che veniva e viene aromatizzata proprio con tanti aromi tipici della macchia mediterranea e del territorio, che abbiamo incontrato lungo il percorso).
Abbandonato il bosco, il sentiero è più esposto e fiancheggiato da rovi, un mare giallo di ginestre, eriche ed origano selvatico. La strada carrabile conduce fino al centro di Serrara Fontana. Dopo una breve ma ricca e piacevole sosta al ristorante Olimpo ci si è avviati verso il punto di arrivo; ma questo ultimo tratto di percorso ci ha regalato uno degli esempi di architettura locale ed, in particolare, le case con la tipica cupola a volta in lapillo e calce, che serviva a raccogliere l’acqua piovana, e la cui costruzione avveniva con una tecnica particolare, creando un’occasione per un particolare rituale delle comunità che intere, venivano coinvolte nel lavoro: si tratta della " vattuta' e ll'asteco".
L’arrivo alla piazzetta di Serrara, il cui belvedere è un punto di osservazione ideale della contrada sottostante di Sant’Angelo e dell’orizzonte aperto su Punta Campanella e Capri, è stato il perfetto coronamento di questa giornata riequilibrante per il corpo e per lo spirito. E, dopo aver viaggiato nella storia ed attraverso vari ambienti, amalgamati dalla forza vitale di questa isola, forza che ha avvolto e nutrito anche il gruppo, eterogeneo per provenienza e fascia di età, ma unito e rafforzato da questa esperienza unica.
di Francesco Mattera
Consigliere del CAI sezione di Napoli e referente per l’Isola d’Ischia