Degustazione della cinquantesima vendemmia dell’Ischia Doc.
Vinitaly, la prima fiera del vino al mondo per superficie espositiva e per numero di operatori esteri, si riconferma quest’anno al top, riproponendosi dopo aver solcato il traguardo dei 50 anni con una nuova veste: maggiore attenzione all’internazionalità, innovazione digitale e molte più occasioni di fare business.
La trasformazione di Veronafiere in società per azioni assicura, negli anni a venire, un miglioramento delle strutture, alla digital transformation, all’incoming di operatori esteri ed al radicamento nei mercati USA e Cina. La cinquantunesima edizione di Vinitaly si riconferma con cifre da capogiro, più di 4.270 aziende espositrici, oltre 270 di Sol&Agrifood e le 200 di Enolitech; sono ben 5mila i nuovi buyer registrati con il servizio free badge per l’edizione 2017, provenienti dai paesi esteri. Dal fronte espositivo, si confermano le tradizionali aree tematiche del salone: Vinitalybio, per i cultori del biologico certificato, ViViT dedicato ai vini artigianali e VinInternational, spazio dedicato ai produttori esteri, provenienti da circa 30 paesi.
Le novità sono tante, ma il leitmotiv di questo Vinitaly è stato sicuramente il digital, non a caso, quest’anno, Veronafiera ha dato il via ad un progetto sperimentale di innovazione digitale e dei servizi collegati per l’internazionalizzazione delle imprese, come l’iniziativa che coinvolge 3.000 buyer esteri selezionati, attività finalizzata a raccogliere informazioni sugli interessi degli operatori del trade in fiera.
Continua Vinitaly and the City, che l’anno scorso ha registrato 29mila presenze, progetto nato per separare i momenti in fiera riservati agli operatori dalle iniziative per i wine lover. L’evento coinvolge il centro storico di Verona e, da quest’anno, anche Bardolino sul lago di Garda, un’iniziativa mirata a rendere la fiera una piattaforma sempre più orientate ad un target di professionisti.
In questo clima di cambiamento e d’innovazione la nostra isola felice si fa sentire a voce alta, partendo, come giusto che sia, dalle radici. Infatti, il 9 aprile presso l’area istituzionale della Regione Campania al Vinitaly si è tenuto un convegno dedicato alla presentazione del progetto de Le Strade del vino dell’Isola d’Ischia, un prospetto sul recupero e il rilancio dei vitigni dell’Isola verde. Un parter d’eccezione ha condotto il dibattito: Attilio Scienza, docente di Viticoltura dell’Università di Milano, Eugenio Sartori, direttore generale dei vivai cooperativi Rauscedo, Andrea D’Ambra, enologo e produttore della cantina storica D’Ambra, Raffaele Griffo, referente del dipartimento di difesa fitosanitaria della Regione Campania, Vito Iacono, presidente de Le Strade del Vino dell’isola d’Ischia e Marco Starace nella duplice veste di vicepresidente de “Le strade del Vino” e Consigliere Nazionale Ais.
Il forte sodalizio tra i vivai Rauscedo, Le Strade del Vino dell’isola d’Ischia, le imprese agricole, gli istituti di ricerca (l’istituto Ipsar Telese e tre università: Milano, Napoli e Firenze) e la Regione Campania, permetterà la salvaguardia dei vitigni dell’isola, che ricordiamo essere la prima colonia greca d’occidente, il primo tassello di un effetto domino che ha investito la conoscenza della viticoltura in Italia a partire dall’VIII secolo a.C.
Ma per poter lanciare, o meglio ri-lanciare, l’inestimabile patrimonio viticolo dell’antica Pithecusa bisogna prima far convergere sforzi e risorse nel recupero e nella sanitizzazione del patrimonio ampelografico ischitano, come spiega -a ragion venduta- il Prof. Scienza. Inoltre, l’esimio professore pone l’accento sull’importanza di salvaguardare un territorio che ha rappresentato l’origine della viticoltura italiana ed esorta la comunità scientifica al senso civico e al dovere morale comune. Il dibattito continua con un focus sull’origine e la diffusione delle principali malattie della vite che affliggono l’isola, il campanello d’allarme scatta per la Flavescenza Dorata, malattia che -se non arginata- potrebbe portare all’ estinzione della viticoltura ischitana. Partner del progetto, Rauscedo, il più grande gruppo vivaistico al mondo; il dottor Sartori (Direttore generale dei vivai Rauscedo) abbraccia il progetto. L’intervento dei vivai Rauscedo è prezioso: assistere le aziende nel processo di catarsi del vigneto ischitano. Il dispiegamento di energie è cospicuo : 10.000 portainnesti, analisi dei terreni, istituzione di un vivaio sperimentale sull’isola, monitoraggio delle patologie che attanagliano la vite, tutto rivolto al recupero dei vitigni autoctoni dell’isola verde. Il progetto prevede una formazione tecnica agli imprenditori agricoli sulle corrette pratiche d’innesto ed il recupero paesaggistico mirato alla rivalutazione delle ‘parracine’.
Il convegno culmina con una degustazione delle principali aziende ischitane, un omaggio all’annata 2016, millesimo che celebra la vendemmia del cinquantenario della Doc Ischia. Marco Starace guida l’orizzontale di Biancolella mettendo in luce le caratteristiche organolettiche del celebre vitigno e raccontando le peculiarità di ogni azienda: D'Ambra Vini d’Ischia, La Pietra di Tommasone, Cenatiempo Vini d’Ischia, Cantine Mazzella, Tenuta Crateca, Cantine Pietratorcia. Francesco Iacono dell’azienda la Bajola ha presentato il suo progetto Vino in Vigna, un progetto che mette in luce la capacità del territorio ischitano di accogliere vitigni estranei all'isola, rappresentando una straordinaria culla di acclimatamento. I vini in degustazione: incrocio Manzoni, Sauvignon, Vermetino e Malvasia. Il vicepresidente de Le strade del Vino dell’Isola d’Ischia chiude la degustazione dicendo: ” Questo è un punto d’inizio per un nuovo progetto unitario che coinvolge tutte le aziende vinicole e darà luce ad un nuovo consorzio di tutela e promozione”.
Vito Iacono, il presidente de Le Strade del Vino dell’isola d’Ischia conclude: “In un mercato sempre più attento alla tipicità e al fascino intrinseco dei vitigni autoctoni, Ischia trova ampio respiro, posizionandosi con la sua produzione in un mercato di nicchia ma che ha i connotati per poter competere sulla piattaforma internazionale. La storia della viticoltura d’Ischia è importante, non è un caso se negli anni ‘60 fu individuata dalle istituzioni competenti per il riconoscimento della Doc, prima del sud Italia e seconda nel panorama nazionale. E non a caso, i Greci scelsero Pithecusa come prima colonia d’occidente, rappresentando -all’ora- l’ombelico del mondo in termini di scambi commerciali e diffusione delle tecniche di coltivazione in Italia. Alla luce di tutto ciò, posso affermare che il potenziale c’è, ma non posso non sollevare l’attenzione su delle criticità che vanno analizzate e risolte, prima su tutte la scarsa produzione in termini di volumi che non riescono a soddisfare la domanda con particolare riferimento al vitigno autoctono per eccellenza Biancolella. Dai numeri si evince una chiara controtendenza in termini di capacità, ma a fronte di un aumento degli standard qualitativi, dai 2253 ettari del 1962, si registrano ad oggi circa 100 ettari. C’è un chiaro problema di recupero che deriva dall’impoverimento dei terreni vitati, conseguenza del dissesto idrogeologico e della cementificazione cha investito ampie zone dell’area pedemontana a partire dagli anni 70.
Ma sono fiducioso, il coinvolgimento dei dipartimenti universitari e del più grande vivaio del mondo testimonia che Ischia con la sua vocazione pedoclimatica è ancora al centro dell’attenzione del mondo enoico. Siamo forti di una storia importante ma anche della volontà di costruire un percorso virtuoso che garantisca una longevità del comparto vitivinicolo”.