Inizia a far caldo. Napoli risplende più che mai.
La frenetica voglia di passeggiare, consumare aperitivi al sole e visitare monumenti, assopita in inverno, si è risvegliata; la città pullula di turisti e percorrere le sue strade sembra essere un regalo innegabile a sé stessi. La mole di attrattive che offre la citta è smisurata e le giornate sembrano troppo corte per riuscire a contemplarle tutte, pranzare al ristorante, risulterebbe un piacevole deterrente in termini di tempo sulla tabella di marcia del turista “diligente”.
La città in questo ci viene incontro, infatti Napoli, così come altre città italiane, offre una vasta gamma di quel che è definito:streetfood,il costrutto si riferiscea quei cibi offerti al momento da piccole botteghe e bancarelle che imperversano sulle strade. Questa filosofia ottempera la necessità di consumare un pasto sostanzioso in breve tempo ed in economicità, in piedi o al massimo su sedie e sgabelli fronteggiati da una piccola superficie d’appoggio. Un posto emblematico dove consumare il “vero” cibo da strada napoletano è rappresentato dalla friggitoria: “Il Cuoppo”, a Via S.Biagio dei librai, nel cuore di Spaccanapoli, il nome evoca il particolare involucro che contiene i cibi, un cartoccio di carta paglia di forma conica in cui, nelle strade di Napoli, secondo una tradizione lunga un secolo, vengono serviti cibi fritti al momento: fiori di zucca imbottiti, crocchè di patate, paste cresciute...
Il Cuoppoè il frutto dell’ingegno di tre soci: Giorgio Sangiovanni, Luigi Vivese e Antonio Di Martino che hanno creato un luogo in grado di riproporre le antiche ricette della tradizione napoletana nelle geniali versioni, proposte dallo chef Carmine Vitiello: il cuoppo‘e mare, composto da calamari, alici gamberetti e zeppole con i bianchetti (cicinielli); il cuoppo ‘eterra, con zeppole, palle di riso, fiori di zucca, mozzarelline, tocchetti di zucchine e melanzane, crocchè e tocchetti di polenta (scagnuzzielli); il cuoppora’ regina, il cuoppo ro’ re, il cuoppo ro’criaturo e il cuoppocomm o’ bbuo tu. Novità assoluta, che però si discosta nettamente dalla nostra tradizione è il “limonciotto” uno squisito arancino farcito con gamberi, limone e zafferano.
Parlando di streetfood non si può non annoverare, la pizza, che è «ad essere allo stesso tempo arnese, luogo del cibo e cibo stesso». L’usanza partenopea è quella di consumarla ripiegata “a portafoglio”, nella tradizione napoletana ritroviamo il calzone o pizza fritta, ripiena di ciccioli e ricotta e la montanara, costituita dello stesso impasto della pizza al forno, ma fritta e conciata con pomodoro e basilico e mozzarella.
Anche se il nome c’induce a pensare che lo streetfood sia un’ invenzione a stelle e strisce, la realtà è ben diversa e precede di molti secoli la scoperta di Colombo, infatti,le prime testimonianze della presenza di streetfood nella nostra penisola risalgono ai tempi di Roma Antica. Le strade dell’Urbe e delle città dell’Impero erano animate da folle di cittadini che dovevano ovviare al problema della fame e della sete. Attorno a tali bisogni collettivi era venuto così a crearsi un fiorente commercio costituito dalla frenetica attività di ambulanti, botteghe e taverne. Nasce lo streetfood! Che resiste nella nostra penisola e che rappresenta per Napoli l’ennesimo “tassello” di cultura gastronomica fatta di materie prime semplici che raccontano la proverbiale “arte di arrangiarsi” del popolo napoletano.