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Le canzoni di Ischia

Franco d'Ischia ed i pescatori

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Anche Ischia è nel firmamento della canzone napoletana. Certo non ha un posto di prima fila  rispetto a Capri e Sorrento  forse perché nel grande turismo di massa è arrivata più tardi.

“Torna a Surriento”conosciuta e cantata in tutto il mondo ed interpretata da grandi cantanti di ogni epoca fu scritta nel 1902 dai fratelli Ernesto e Giambattista De Curtis  per invogliare l’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli a ritornare a Sorrento e fare qualcosa per migliorare la città.

“Luna caprese”fu scritta nel 1953 da Augusto Cesareo e musicata da Luigi Ricciardi e da allora è  cantata in tutto il mondo soprattutto per il rilancio  negli anni ‘60, con uno stile del tutto particolare,  da Peppino di Capri.

“Luna caprese”non manca mai nel repertorio dei concerti di Peppino di Capri che come è noto ha interpretato   un numero infinito di canzoni che non può riproporre tutte nei suoi concerti ma “Luna caprese”è immancabile. Sulla parete esterna della sede dell’Azienda Turismo a Capri , che si trova al porto, le parole bellissime di Cesareo sono poste  su una lapide di bronzo quasi a sintetizzare meglio di  qualsiasi altro scritto le emozioni che ogni visitatore avverte in una notte a Capri.

Ischia non ha avuto una grande canzone come “torna a Surriento”e “luna caprese”ma ha anche le sue canzoni.

La più celebre è quella che scrisse Totò, il principe Antonio de Curtis , nel 1952 durante un suo soggiorno sull’isola e la intitolò semplicemente”Ischia mia”. Interpretata dai “posteggiatori”di Ischia nel  ventennio – 1950 – 1970 -  quando  furono inventate soprattutto sulla riva destra del porto le “taverne”, la canzone di Totò venne conosciuta anche come “Ischia, paraviso e’gioventù”dal primo verso della canzone.

C’è un’altra canzone di Ischia abbastanza nota ed è “Ischia si’tu”e fu scritta dal cantante chitarrista Umberto Boselli sul finire degli anni ‘60 ed il caro Umberto, morto giovanissimo agli inizi degli anni ‘70, la riproponeva sempre durante i suoi  recital ad Ischia che amava molto.

Ma se Ischia appare poco nei testi delle canzoni napoletane alcune delle canzoni “eterne”di Napoli furono scritte qui. Ad Ischia il cantante chitarrista Ugo Calise scrisse “na’voce ns’chitarra e’o poco e’lune”e nel 1958 quando gestiva il night “O’rangio fellone”scrisse “Nun e’peccato”che Peppino di Capri incise  fra i suoi primi 45 giri e che – per dichiarazione sempre ripetuta da Peppino – fu la canzone determinante per il suo successo.

Ischia quindi non fu estranea a quella straordinaria stagione creativa della canzone napoletana negli anni ’50 ma  in quegli anni l’allora presidente dell’Ente per la Valorizzazione dell’isola d’Ischia, Giacono Deuringer, voleva fare di più ed istituì nel 1957 un festival della canzone marinaria che ebbe solo tre  edizioni ma che quest’anno alla festa di S. Anna si è voluto riproporre per rinnovare una produzione di canzoni napoletane legate soprattutto all’incanto del mare.

Negli anni ‘60 anche l’isola d’Ischia ebbe i suoi complessi musicali di giovani musicisti sulla scia del successo dei cantanti da night come Don Marino Barreto, Marino Marini eppoi Peppino di Capri. Il night club era il locale cult di quegli anni senza l’aiuto dell’alta tecnologia musicale. Il night club – ce n’erano almeno una decina da Ischia Porto a Forio -  aveva un complesso base di 4-5 elementi poi  c’era nei mesi di alta stagione l’”attrazione”del grande cantante italiano o straniero. Questi complessi musicali subirono anche la rivoluzione della musica dei Beatles e si adattarono alla nuova moda e sopravvissero fino  alla metà degli anni ‘70 e cioè quando il night si trasformò in discoteca.

Fra i complessi ischitani c’era anche quello di”Franco d’Ischia ed i suoi pescatori “che incise per la Vis Radio, la piccola casa discografica napoletana, nel 1965  “Aufwiedersehen” con un discreto successo di vendite. Il complesso di Franco d’Ischia durò poco e si sciolse presto. Lo stesso cantante emigrò in Germania dove alcuni anni e rinunciò alla carriera artistica. Il disco  – introvabile oggi – è un segno dei tempi: “arrivederci”in tedesco per il nuovo turismo che si stava affermando caratterizzato dalle belle ragazze tedesche; lo stile tra Umberto Bindi e Peppino di Capri con la chitarra protagonista.

Ancora oggi se si ha l’occasione di ascoltare qualche vecchio “posteggiatore”nel corso di una serata in un albergo o ad un matrimonio la richiesta di eseguire la canzone di Franco d’Ischia forse può essere esaudita.

Quegli anni ‘60 furono indimenticabili per la generazione che li ha vissuti  per il clima romantico che li avvolgeva  e per le persone che frequentavano Ischia.

Fra i cantori di Ischia un posto d’onore merita il dottor Giulio de  Marco (1926-2008) che scelse Ischia come seconda  Patria per oltre cinquant’anni. Scriveva poesie e canzoni anche se “per vivere”faceva il primario di medicina interna all’Ospedale San  Leonardo di Castellammare di Stabia. Queste poesie e queste canzoni le scriveva per gli amici – di cui mi onoro di aver fatto parte – e non le registrava alla Società degli Autori (SIAE)  così una canzone che scrisse  nella Taverna di Pepito Casanova negli anni ‘70 e cantò per la “compagnia”fu copiata da tutti i posteggiatori e parlava “che dopo un anno si riuniva la compagnia con “luigino (Luigi Arcamone Trentoss!)  chitarra e mandolino che fa na’senerata a’na tedesca ca’a trippa e’ca’ventresca a’mare si rifresca; ci sta Mazzella (io) che guarda e’piccerelle  ma acciappa e’vicchiarelle…. Ancora oggi è possibile ascoltarla dai “posteggiatori”.

Ne scrisse altre che cantava nelle serate d’agosto solo per gli amici e le più belle sono dedicate alla moglie milanese Rina, conosciuta ed amata ad Ischia e sua compagna per  mezzo secolo.

Giulio scrisse alcune poesie negli anni ‘80  e ne fece un piccolo libretto per gli amici. Lo regalò anche a me e nella dedica scrisse: “A Peppino Mazzella, il più piccolo dei grandi amici, il più grande dei piccoli sognatori”.

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