Delusione è il commento spontaneo all’esito del convegno tenutosi a Lacco Ameno nel Centro Congressi “Angelo Rizzoli” del Grand Hotel Regina Isabella sul tema “problemi irrisolti del condono edilizio dopo la legge 47/1985: problematiche e soluzioni operative per le pubbliche amministrazioni e gli operatori” che ha avuto però l’indiscusso merito di riattivare un dibattito su di un problema cruciale.
Al di la delle buone intenzioni degli organizzatori, quello che infatti è mancato da parte dei relatori è il benché minimo accenno al tema proposto cioè alle soluzioni praticabili per gli operatori e le pubbliche amministrazioni in difficoltà a fronte della “macelleria economica e sociale” di cui ha parlato in un suo resoconto giornale Giuseppe Mazzella ed al “letamaio giuridico” come è stata definita dal notaio Antonio Arturo la struttura concreta dell’attuale quadro normativo in tema di abusivismo edilizio a finire con il Comune di Forio qualche giorno fa in prima serata televisiva quale capro espiatorio in negativo di una situazione ben generalizzata in Campania e sull’isola.
Tornando al convegno, forse non poteva essere andare diversamente: non è certo possibile infatti individuare “soluzioni operative” senza affrontare preliminarmente il tema delle ragioni che hanno condotto alla drammatica situazione attuale, dalla omessa vigenza di validi strumenti urbanistici alla perdurante scelta politica effettuata da parte di chi ha l’obbligo di gestire lo sviluppo ordinato del territorio di ignorare finchè possibile e non perseguire gli abusi pur in presenza di validissimi strumenti come quello fornito fin dal 1985 con l’art. 4 della legge del primo condono. E’ evidente che se fin da subito le amministrazioni avessero fatto normalmente il proprio dovere applicando semplicemente la legge vigente oggi non ci troveremmo in una situazione siffatta.
Ma ancora oggi tutto continuerebbe nella più assoluta, pacifica anarchia amministrativa se non fosse intervenuta la magistratura penale con la del tutto rituale esecuzione delle sentenze passate in giudicato che ha messo in crisi un sistema fatto di anomia e clientelismo a tutto danno dei cittadini che sono ingiustamente discriminati rispetto a quelli di tante altre regioni italiane dove, per l’eccellente funzionamento delle strutture pubbliche, di abusi se ne consumano pochissimi.
Centrali nel convegno sono state la lectio magistralis del prof. Lucio Iannotta su settant’anni di legislazione urbanistica e le precisazioni del dott. Aldo De Chiara il quale non ha fatto altro che assicurare come continuerà normalmente ad applicare, come è suo dovere, la legge che impone l’esecuzione delle sentenze penali di condanna anche nella parte in cui prevedono la demolizione dell’immobile illegittimo senza alcuna improponibile scelta prioritaria discrezionale o l’adozione di “protocolli” vari di pura equità politica, lecita per il potere-dovere amministrativo, ma non per il giudice penale.
Mi attendevo in verità che qualcuno (non i due summenzionati relatori che hanno svolto egregiamente il loro compito) s’impegnasse in un’analisi dell’attuale disastro urbanistico che coinvolge l’isola d’Ischia individuando se non soluzioni, almeno ipotesi normative (una legge speciale ?) o prassi virtuose per superare l’attuale impasse ed iniziare ad uscire da questa situazione di crisi guardando con nuova fiducia al futuro del nostro territorio le cui eccellenze sono alla base della nostra economia.
La situazione attuale vede infatti migliaia d’immobili realizzati illecitamente, quasi tutti oggetto di domande di condono che, malgrado essi siano stati ultimati, abitati e commercializzati da decenni, rimangono abusivi con altrettanti problemi di abitabilità o agibilità, strutture per molte delle quali sarebbe sufficiente un verbale di inottemperanza all’ordine di demolizione per essere acquisite di diritto al patrimonio pubblico, altrettante domande di condono inspiegabilmente ( ? ) inevase con la conseguenza che l’immobile oggetto di domanda rimane “abusivo” così che qualsiasi intervento sul bene potrebbe configurare un ulteriore reato e la perdita di ogni beneficio condonistico, mentre comunque perdura indisturbata la prassi di continuare nei “colpi di mano” incentivata anche proprio dal continuo parlare di nuovi condoni. Ed infatti, a fronte alla domanda circa il che fare in tale drammatica situazione, domanda che per fortuna molti onesti tecnici, politici e cittadini ancora si pongono, la sola ipotesi che viene prospettata è quella di un ….quarto condono.
Ben diverso respiro era lecito attendersi in particolare dall’intervento dell’on. Aurelio Misiti, vice Ministro alle Infrastrutture e quindi rappresentante del Governo il quale, anziché delineare, come il suo ruolo imponeva, ipotesi programmatorie di risanamento, di recupero di legalità e di nuovi interventi di politica urbanistica anche “speciali” per risolvere una situazione come la nostra, si è limitato a riferire che allo stato non ci sono le condizioni “politiche” per un nuovo condono edilizio. Ed ancora, contraddicendo subito quanto appena detto, ritenendo forse la precedente affermazione rischiosa sul piano del consenso, ci ha subito rassicurati affermando che però, nel quadro del previsto “decreto sullo sviluppo”, potrebbero riaprirsi i termini del condono del 2003 rendendolo applicabile anche alle zone sottoposte a vincolo: dopo gli ormai classici nove anni potremo quindi ottenere di fatto…il quarto condono perchè tale sarebbe in realtà la ventilata parziale modifica del contenuto e dei termini dell’ultimo provvedimento del 2003.
Se è questo che ci propone l’attuale Governo del paese, la situazione è allora veramente senza speranze.
Più seriamente Domenico De Siano, Presidente della Commissione regionale urbanistica ha posto in un concomitante convegno svoltosi a Napoli l’attualità più drammatica della complessa situazione caratterizzata dall’emergenza socioeconomica di circa 67mila demolizioni da attuarsi nella nostra regione. Si tratta di un argomento concreto che pone seri ed evidenti problemi di praticabilità e di giustizia sostanziale.
Un ripensamento complessivo della materia era quindi auspicabile e permane tuttora ineludibile mentre del tutto fuori luogo è il limitare il tutto alla sola praticabilità “politica” di un quarto condono che lascerebbe il tutto irrisolto e servirebbe solo ad allungare i tempi ed ad incancrenire vieppiù la risoluzione dei problemi di fondo di cui si è detto a partire dalla carenza di efficaci strumenti urbanistici e paesistici che consentano ai cittadini ed alle imprese rituali interventi sul territorio.
Va detto allora che il primo condono del 1985, a parte le riserve di molti sullo strumento in sè, aveva però un serio e condividibile presupposto politico-programmatico e cioè quello di sanare le condotte abnormi precedenti ponendo però un rigoroso “punto fermo” facendo sì che, con i nuovi strumenti anche repressivi di cui dotava le amministrazioni, le condotte abnormi che andava a sanare non si sarebbero più ripetute per il futuro. Ma ciò nelle nostre zone non è avvenuto perché la svolta necessaria avrebbe dovuto essere posta in essere proprio da quelle stesse amministrazioni che avevano favorito la degenerazione rendendola sistemica. Non a caso anche la Corte Costituzionale già in relazione al secondo condono, attesa la eccezionalità dello strumento, aveva affermato che un ulteriore intervento in tal senso per la sua evidente irrazionalità non sarebbe stato in linea con la nostra Costituzione.
E’ lecito ventisei anni dopo coltivare ancora solo un’ipotesi di questo tipo? Certamente no, soprattutto perché il “punto fermo” non si è verificato e perdurano invece incontrastate le pessime prassi omissive seguite in tutti questi anni.
Altro allora che “..suggerire strumenti operativi alle amministrazioni ed agli operatori” quando proprio questi ultimi, in Campania e sull’isola d’Ischia hanno, negli ultimi decenni, persa, in questa materia, gran parte della loro credibilità e legittimazione.
Credo che proprio da qui si dovrebbe però ripartire. Mi si consenta un’utopia “propositiva”: ma è proprio vero che non esistono nella nostra società civile e politica le condizioni per voltare pagina, per porre, indipendentemente da ogni ipotesi di sanatoria, quel “punto fermo” preconizzato già dal primo condono del 1985 !? Io penso di no. Non è mai troppo tardi per approdare ad una politica urbanistica “normale” come quella attuata in tante altre regioni. Cosa vieterebbe alle sei amministrazioni dell’isola, prima di richiedere un nuovo ponderato colpo di spugna, decidere autonomamente un cambiamento di rotta politico ed anticipare motu proprio quelle prassi virtuose già da sempre attuate altrove impedendo in primo luogo nuovi abusi anche eventualmente con quegli strumenti sempre attuali e validi che si accompagnavano alla legge del 1985?
L’on. De Siano, forte anche del suo autorevole ruolo istituzionale, potrebbe promuovere, con il concorso delle sei amministrazioni locali ed eventualmente delle competenze tecniche che la nostra isola può vantare in materia, un’iniziativa in tal senso ove vagliare la possibilità di mettere a punto un protocollo virtuoso da rendere poi operativo su tutto il territorio.
Cambiare spontaneamente registro credo consentirebbe, anche sulla base di una recuperata autorevolezza e legittimazione, di poter poi chiedere, con nuova credibilità, un ragionevole strumento normativo anche di carattere speciale che risolva il drammatico problema delle incombenti demolizioni e delle oltre ventimila pratiche di condono in giacenza.
Utopia? Forse si, ma a volte le iniziative che appaiono utopiche sono quelle che poi più facilmente possono divenire realtà.