Mi auguro che l’articolo della giovane collega Isabella Puca apparso su “Il Golfo” di lunedì 8 settembre 2014 dal titolo: “Il no dei giovani ischitani a uno stipendio sicuro: “preferisco andare a mare” costituisca una provocazione civile per un ampio dibattito “contenutistico”(cioè sui “contenuti” piuttosto che sulle “forme”, sull’”azione” piuttosto che sulla “predica demagogica”) che veda l’intervento di quelle che un tempo si chiamavano “forze politiche”(sindaci, assessori, consiglieri, deputati etc.) e “forze sociali ed imprenditoriali”(sindacalisti, presidenti di associazioni degli albergatori, dei commercianti, degli artigiani e chi più ne ha più ne metta) perché il tema è fondamentale per l’avvenire della nostra Comunità e per gestire il presente. E’ un dibattito talmente complesso che non può né deve essere affrontato in maniera “virtuale” solo su Facebook né si può accettare la dichiarazione del titolare di uno stabilimento balneare che cerca un bagnino e non lo trova. Nella rubrica degli annunci economici dello stesso giornale e della stessa giornata alla pagina 22 figuravano appena 23 offerte di lavoro e tutte per lavori saltuari, stagionali e a percentuali o con le nuove forme dei contratti della nuova legge sul lavoro che in linea con la ventata “liberistica” chiama la domanda e l’offerta di lavoro “mercato” come se il Lavoro non fosse un Diritto addirittura definito nella solennità della Costituzione ma una “merce” soggetta alle dure leggi della domanda e dell’offerta. Se questo fosse vero – ma non lo è per fortuna – l’Europa Unita non servirebbe ed Altiero Spinelli e molti altri avrebbero sprecato le loro vite.
Essendo il nostro territorio circoscritto – siamo un’isola di 46 Km2 separata dal Continente – possiamo applicare con più precisione le metodologie economiche e sociali dei Grandi Classici della “scienza triste” cioè l’Economia Politica perché “la curva dello sviluppo non è esponenziale ma logistica” ed ad un certo punto si ferma e torna indietro. Noi abbiamo raggiunto negli anni ‘80 del ‘900 il punto massimo di espansione economica. Da allora la curva dello sviluppo ha iniziato ad indietreggiare perché noi siamo anche parte del Continente e non siamo una Repubblica Indipendente ed abbiamo fondato la nostra economia inscindibilmente sul turismo. E’ tempo, forse, di cominciare a pensare alla “decrescita felice” che è stata teorizzata dall’economista francese Serge Latouche o forse di ri-cominciare a discutere ed applicare anche a livello locale la “Programmazione Economica e la Pianificazione Territoriale” che i settori più progressisti della DC e del PSI negli anni ‘60- 70 del ‘900 sulla scia dell’indirizzo nazionale di “dirigismo pubblico” dell’Economia cercarono di applicare anche nell’isola d’Ischia.
Tutto il mio libro del 2010 “Ischia, luci e ombre sullo sviluppo – il sistema economico-sociale dell’isola d’Ischia: dall’espansione selvaggia (1970-1974) al tempo della globalizzazione (2002-2010) e direi tutta la mia lunga “militanza nel giornalismo economico e politico” che dura da oltre 40 anni e qualche cosa è contenuto nelle mie raccolte dal 1986 al 1999, è una testarda riproposizione di questa Politica di Programmazione che ha cambiato nome ed aggettivi qualificativi come “indicativa, concertata, negoziata, strategica etc. senza trovare concreta applicazione .
Il libro non ha alcuna pretesa di rivelazione di verità o di scoperte. Si limitata ad una raccolta di dati, assolutamente parziali, ma sufficienti per formulare una teoria: esiste una forbice mostruosa tra “offerta formativa” e “offerta di lavoro” anche nell’isola d’Ischia. Ci sono 3200 studenti nelle superiori ed almeno 500 diplomati ogni anno. La professionalità data dall’Istruzione Superiore e dall’Università per tutti è molto elevata ed il “mercato del lavoro” anche a livello locale non può dare occupazione a queste professionalità. Ergo: Ischia è diventata per le alte professionalità nel XXI secolo terra di disoccupazione e di emigrazione mentre è diventata per le basse professionalità (lavapiatti, operai generici etc.) terra di immigrazione da parte di almeno 3mila extra-comunitari. Non vanno bene le cose per l’occupazione anche a livello nazionale e regionale e basta leggere l’articolo di Marcello D’Aponte su “La Repubblica-Napoli” di martedì 9 settembre 2014 per avere i dati terrificanti della disoccupazione giovanile in Campania.
Come uscirne? Io credo che bisogna nel caso dell’isola d’Ischia avviare una Politica di “consolidamento” dello sviluppo ed occorre rilanciare la Programmazione che a mio parere può avvenire solo con i Piani di Recupero delle aree dismesse e con la Finanza di Territorio e cioè il Pubblico, i Comuni, interviene dove non arriva il Privato e sono i Comuni che debbono avviare una “concertazione” con il mondo delle imprese (ce ne sono almeno 3mila nell’isola con partite IVA!!!).Insisto sul Piano di Recupero per Casamicciola con il Pio Monte della Misericordia ed il bacino di La Rita per circa 100mila mc. di superficie coperta ed insisto sulla capacità di utilizzazione dei fondi europei per il 2014-2020 sul quale scrivo da anni anche con le iniziative dell’Osservatorio sui fenomeni socio-economici (OSIS) con il caro amico Franco Borgogna ed il Comitato Colibrì della cara amica Caterina Iacono. Sono schierato sul fronte Keynesiano e sono per la politica dei “tempi brevi perché nei tempi lunghi siamo tutti morti”.
Rilevo che l’economia dell’isola si va trasformando e completando. C’è un risveglio forte della viticoltura e della produzione tipica come emerge in questo mese di settembre dalla bella manifestazione “Andar per cantine” alla quale dedicheremo uno Speciale “Ischianews & Eventi Magazine”.
Ancora una volta ricordo la chiusura del mio libro – gentilmente citato da “Il Golfo”– che si richiama all’inizio: c’è un ruolo sociale dell’impresa non solo economico e gli imprenditori locali lo debbono riscoprire e c’è una “inevitabilità “della Programmazione Economica se vogliamo dare speranza all’avvenire.