La letteratura sul Mezzogiorno o sulla “Questione Meridionale” è sterminata. E’ impossibile indicare che cosa si deve leggere, chi ha detto di più, chi ha avuto le soluzioni più realistiche per avvicinare lo sviluppo economico e sociale del Sud al Nord d’Italia. Dopo 153 anni dall’Unità del Paese la “Questione Meridionale” è ancora sul tappeto ed è talmente al centro del dibattito politico che sprigiona i sentimenti più campanilistici e fa resuscitare il neonazionalismo obsoleto al tempo del progetto dell’Europa Unita. Nella ventata “liberistica” degli anni ‘90 e forse per un ventennio un movimento chiaramente “secessionistico come la Lega Nord del “senatur” Bossi voleva dividere il Nord dal Sud d’Italia creando la “Padania” ed è stato talmente importante da essere determinante per la coalizione di destra del Cav. Berlusconi.
Bossi e Calderoni sono stati Ministri ed hanno fatto approvare le leggi sul “Federalismo” e la “porcata” della legge elettorale così è stata indebolita invece di essere rafforzata la Democrazia italiana mentre le Regioni – che dovevano essere enti di legislazione – sono diventate enti di amministrazione sostituendo ad un centralismo statale uno regionale che faceva perdere – di fatto – al Governo la guida delle politiche pubbliche per le aree in crisi o in ritardo di sviluppo di sviluppo.
Dall’altra parte l’abbandono dello Stato ha fatto nascere al Sud movimenti nostalgici sul tempo della dominazione borbonica che era sì assolutistica ma aveva il bilancio in pareggio e stava incamminandosi sulla modernizzazione industriale.
Per fortuna il vento della Storia sta cambiando e dopo un ventennio di “ricorso storico” di “liberismo” si stanno riavviando le politiche pubbliche keynesiane, le sole possibili per un capitalismo avanzato dal volto umano che renda possibile mettere in pratica i diritti consacrati nella Costituzione primo fra tutti quello del Lavoro.
Nelle cronache e nei commenti politici di oggi di qualsiasi esponente del nuovo sistema dei partiti il termine più usato e abusato è “piano”. “Si deve fare per la sicurezza un “piano”, anche un “piano” per l’energia, ancora un “piano” per la casa, e non basta ancora un “piano” per il lavoro” alla fine sono decine o centinaia i “piani” che si dovrebbero fare.
Ma non è stata abolita la Programmazione Economica? Ma si possono fare decine di “piani” settoriali senza un disegno “generale”?
Quando si costituirono i primi governi di centro-sinistra (quelli col trattino che indicava come “centro” la DC e come “sinistra” il PSI e forse anche il PSDI ed il PRI) nel 1963 la politica di Programmazione Economica fu posta al centro del programma di governo insieme alla “Questione Meridionale”. Il Ministero del Bilancio cambiò denominazione in “Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica” ed il Sud aveva il “Ministero per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno” con un corposo finanziamento pubblico della Cassa per il Mezzogiorno. La Programmazione ebbe Padri illustri come Antonio Giolitti e Giorgio Ruffolo ed avversari altrettanto illustri come Giovanni Malagodi ed Angelo Costa cioè il centro liberale e la confindustria perché le politiche pubbliche avrebbero potuto distruggere il mercato e la stessa economia di mercato.
Dopo un tentativo ventennale e la tragedia di “tangentopoli” è stata cancellata la Programmazione Economica ed è stato cancellato l’intervento straordinario nel Mezzogiorno nel lontano 1992 con lo scioglimento della Cassa diventata Agenzia forse mal gestita dalle Regioni. E’ ritornato il “liberismo”– che significa lasciar stare, lasciar passare con il nuovo slogan più mercato e meno stato – con una esasperata “liberalizzazione” e con regalità assoluta al “Re Mercato”.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: c’è il più alto tasso di disoccupazione giovanile nel Mezzogiorno i cui giovani “iperprofessionalizzati” con diplomi, lauree, master debbono emigrare al Nord d’Italia o nella Europa della produzione – Germania, Francia, Benelux, Gran Bretagna – o nelle Americhe o in Oceania o in Asia per trovare un lavoro. Sono i nuovi migranti italiani del XXI secolo. Non partono più con la valigia di cartone come i loro bisnonni. Non sono più analfabeti. Conoscono perfettamente la lingua di Dante e la leggono e scrivono benissimo. Conoscono almeno due lingue straniere. Usano perfettamente il computer che i francesi si ostinano, soli nel mondo, a chiamare “ordonnateur”. Si portano anche la gran parte o tutti i risparmi dei loro genitori che si sono dissanguati per farli studiare alle superiori o all’università. Insomma ritornano allo stato dei loro nonni ed in condizioni civili peggiori dei loro padri. Partono in aereo con il “trolley” ed hanno il cellulare prodotto in Cina. Fanno meno notizia dei poveri disperati del Nord Africa che sbarcano con un enorme sacrificio di vite umane innocenti sulle spiagge di Lampedusa, ultimo avamposto d’Europa di sovranità italiana, che tentano a loro volta una vita migliore senza conoscere una lingua straniera e senza avere nemmeno la valigia di cartone.
Ma nei due casi resta la sostanza di un ordine economico e sociale mondiale squilibrato dove le Carte Costituzionali hanno scarso valore.
Bisogna trovare una soluzione a questo squilibrio e la via obbligata col metodo democratico e la Programmazione Economica ed il dirigismo pubblico. E’ la valorizzazione del Mezzogiorno come Risorsa.
Un lettore de “La Repubblica”, Franco De Rossi, ha inviato una lettera a Corrado Augias apparsa domenica 28 settembre 2014 titolata “Il tesoro del Mezzogiorno” dove De Rossi dice che il Mezzogiorno è una “miniera d’oro” di Beni Culturali che “non sappiamo sfruttare” e che invece con il “turismo ben organizzato potrebbe offrire ai giovani milioni di posti di lavoro ed entrate altissime per lo Stato”. Augias risponde che “lo sviluppo nel Mezzogiorno partì nel dopoguerra con il piede sbagliato. Si misero impianti siderurgici e raffinerie di petrolio su spiagge immacolate “.
La risposta di Augias mi ha riportato alla mente l’epigrafe scelta da Carlo Borgomeo per il suo libro “L’equivoco del Sud”che presentammo il 17 settembre dello scorso anno come Osservatorio sui fenomeni socio economici dell’isola d’Ischia (OSIS) a Villa Arbusto sostenendo una politica di Coesione economica e sociale dell’isola d’Ischia con la Finanza di Territorio ed un dirigismo pubblico da parte dei Comuni o ancor meglio di un unico Comune per tutta l’isola che è ormai un sol comprensorio economico e sociale. Lo abbiamo rimarcato dedicando il FOCUS del mese di ottobre 2013 del nostro Magazine “Ischia News & Eventi” dal titolo impegnativo: “Coesione dell’isola d’Ischia, strada Maestra”.
Borgomeo – sostenitore di uno sviluppo del Mezzogiorno con le sue caratteristiche naturali e con il Terzo Settore – cita il giovane economista Giorgio Cerini Sebregondi (1916-1958) che ammoniva che “bisogna evitare di cadere nell’errore di chi, trovandosi di fronte ad un albero che dà pochi frutti, invece di provvedere a curare la malattia dell’albero, provvedesse ad appendere dei frutti sui suoi rami”.
Bisogna valorizzare il Tesoro del Mezzogiorno. Ed in questo spirito credo che vada accolto l’appello lanciato da Capri, al termine del convegno di studi “Mezzogiorno come risorsa nazionale” con la partecipazione di 50 relatori ma con una partecipazione telematica di 20mila studenti dal Presidente dell’Università Telematica “Pegaso”, dottor Danilo Iervolino.
"Non dobbiamo lasciare alle nuove generazioni solo debiti e recriminazioni. Abbiamo bisogno di un grande progetto che unisca tutti gli interessi, che sia un patto generazionale in grado di scuotere le coscienze civili": “
Se non ora quando?