Da ragazzo ha intrapreso un percorso di studio, formazione e specializzazione accumulando esperienze in hotel di prestigio, il Savoy a Londra, il Palace a Parigi, passando per il mitico ristorante stellato Il Melograno di Libera e Giovanni Iovine sulla collina di Cava dell’isola (dieci anni da sous chef), e il Mezzatorre Resort nel verde di Zaro, il Miramare e Castello, il Punta Chiarito.
E poi ha messo insieme il passaggio stellato al Papavero di Eboli; consulenze e start up, dal Misticanza di Roma, il relais Bellaria a Bologna, il Novohotel a Bologna Fiera, La Vigna a Mechelen (Belgio). Senza dimenticare i corsi da manager della ristorazione, con la fantastica tappa a Palermo, dove è stato chiamato dalla magistratura per la gestione e lo sviluppo di una sala ricevimenti confiscata alla mafia. «Alla fine della fase palermitana sono stato chiamato da uno degli uomini più importanti dell’ex Unione sovietica in qualità di personal chef e per firmare i menù italiani sulla sua compagnia di voli charter. Il suo gruppo noto come uno dei maggiori sponsor della Champions league, mi ha portato a ideare e preparare il menù per la cena per gli sponsor della finale di Champions 2015 all’interno dello stadio a Berlino dove si giocò Juve-Barcellona», e lo dice come se fosse la cosa più normale al mondo…
Il suo motore è sempre acceso, il racconto si fa accattivante. «Nell'ultimo anno – spiega - sto collaborando con un grande gruppo turistico di Casablanca in Marocco per l'apertura di un piccolo spazio Italia che si chiama “Saporita”, in uno dei quartieri nuovi ed esclusivi della città. E da poche settimane sono lo chef executive del Grand Hotel Excelsior di Amalfi fi proprietà di Lorenzo Amendola: per il prossimo anno intende aprire anche agli esterni il ristorante che si trova su una splendida terrazza. Ovviamente l'obiettivo è offrire qualità e prodotti del territorio, per far conoscere sempre meglio le nostre ricchezze».
La caratteristica delle scelte saporite di Ermanno è proprio l’abilità nel combinare le materie prime locali, rispettando la stagionalità, dando vita e colore a menù vari e ricchi con prodotti freschi. La tradizione va tenuta in conto, ma la ricerca d nuovi stimoli e l’aggiornamento alle tendenze del mercato sono una priorità.
«Quando faccio la spesa devo conoscere l’origine di quel prodotto. Devo immaginare bene le mani degli uomini e delle donne, di terra e di mare che con la loro passione mi permettono di trasformare la loro grande materia prima. A proposito: il biologico non deve essere una eccellenza, acquistare cibo naturale dovrebbe essere la quotidianità».
Eh, già. Ermanno con sincerità riesce a dispensare anche la parte più profonda della sua etica professionale. È un mantra che mi è ormai familiare.
«Cucinare, nutrire, è il più grande atto d’amore: se pensi al primo gesto che facciamo appena nati, legandoci al seno materno. Il gesto di ingerire – ricorda - è un qualcosa di molto intimo, bello che deve riportarci al seno. Da queste linee guida, e da questa sensibilità, oggi gli operatori che lavorano nella ristorazione devono partire».
Con la sua valigia carica d’entusiasmo, Ermanno Nicolella mette in mostra idee molto chiare anche rispetto alle mode.
«Le guide, i palcoscenici, i riflettori arriveranno solo se c'è reale concretezza, e anche se non dovessero arrivare, ci saranno di certo i sorrisi e le facce felici degli ospiti e dei fornitori che lavorano con noi per dare il meglio in tavola. La semplicità sta diventando un lusso. Dai numerosi viaggi – spiega - ho potuto notare come le esigenze dei consumatori stiano prendendo due strade parallele e diverse. Non si cucina più in casa, le esigenze sono cambiate, però grazie anche ai media che ci bombardano di programmi sul cibo, vino, e natura in genere, sta crescendo l'esigenza di coccolarsi un po’ almeno quando si mangia. Nelle grandi città sta crescendo l’offerta di ristorazione da asporto, e lo street food con prodotti anche poveri ma di grande qualità. E lo possiamo notare anche negli aeroporti o stazioni ferroviarie dove si trovano sempre più bistrot e shop con firme di grandi chef e produttori».
Questo, in giro, e a Napoli? C’è da chiedersi. La risposta è pronta. «Dico sempre, e immagino anche a Napoli sul porto, in un futuro non lontano dovrebbe esserci qualcosa del genere, dove chi arriva e parte possa avere un aperitivo, un antipasto di ciò che troverà una volta giunto a destinazione, o l’ultimo ricordo gustoso prima di andare via». Le riflessioni e le suggestioni del nostro cuoco globetrotter diventano poi una lezione per i più giovani.
«Il settore della ristorazione è duro e selettivo, e ci mette ogni giorno di fronte al mercato. Negli anni sono diventato sempre più eclettico per capire cosa vuole il pubblico e per espandere l'idea di una cucina sana buona e bella. Non è facile perché ad esempio all'estero c'è molta confusione sulla "vera" cucina italiana e sui prodotti italiani. La politica deve fare molto di più, far conoscere e tutelare sempre di più le nostre eccellenze. E poi le coltivazioni intensive, cosi come gli allevamenti di grandi numeri meritano una riflessione approfondita per lottare a fondo contro gli sprechi alimentari. Il mondo va molto veloce, però i paesi sviluppati specie nel nord Europa, e guarda caso emergenti nella gastronomia, stanno riprendendo tutte le vecchie e sane abitudini di vita. Se il piatto rappresenta la creatività di ogni singolo chef, la qualità della materia è essenziale: e scaturisce dal rispetto dell'ambiente e dal lavoro delle donne e degli uomini. Noi cuochi dobbiamo essere i loro ambasciatori e così saremo anche gli ambasciatori del nostro territorio».