Dagli esordi con Totò e Aldo Fabrizi, fino alla lunga collaborazione con Pupi Avati. Festeggiamo settant’anni di una carriera straordinaria.
Nato nel cuore di Roma, in piazza Campo de’ Fiori il 2 febbraio del 1936, Carlo Delle Piane festeggia quest’anno settanta anni di carriera.
Fu scelto giovanissimo da Vittorio De Sica e Duilio Coletti per interpretare il ruolo di Garo nel film Cuore (1948). Era l’Italia del Neorealismo, che reagiva al trauma della guerra proponendo uno dei momenti più alti del suo cinema.
Con la sua espressione facciale fuori dal comune, modellata dal caso, una pallonata ricevuta in pieno volto che ne deformò il naso, Delle Piane non tarda ad essere notato dai maestri della commedia all’italiana degli anni Cinquanta. Steno e Mario Monicelli lo chiamano ad affiancare Aldo Fabrizi e Totò in Guardie e ladri (1951), due giganti del set con i quali nascerà una solida collaborazione professionale.
In particolare con Fabrizi, con il quale gira il mondo grazie alla tournee teatrale di Rugantino, il mitico spettacolo di Garinei e Giovannini in cui Delle Piane interpreta “er Bojetto”, figlio di Mastro Titta. Altra esperienza importante quella con Alberto Sordi, iniziata nel 1954 in un caposaldo del cinema italiano del dopoguerra, Un americano a Roma.
Una carriera da caratterista, frutto di una innata capacità interpretativa, di un talento naturale non filtrato da studi specifici che piacque anche a Polanski e che avrebbe subito una svolta nei primi anni Settanta.
Ripresosi da un grave incidente automobilistico, Delle Piane incrocia la strada di un regista che inciderà profondamente sul suo destino attoriale, intuendone le latenti potenzialità drammatiche. Si tratta di Pupi Avati, che prima lo scrittura per Tutti defunti... tranne i morti, e poi gli offre il memorabile ruolo dell’avvocato baro Santelia nel film di culto Regalo di Natale, grazie al quale Delle Piane si aggiudica la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia del 1986.
Tra i momenti più importanti dello stretto sodalizio con il maestro bolognese, da ricordare il personaggio del professore innamorato della bella collega di liceo in Una Gita scolastica (1983), altro ruolo premiato col Nastro d’Argento e il Premio Pasinetti per il miglior attore, oltre al Globo d’Oro all’attore rivelazione.
Ti amo Maria, nel 1997, segna il suo esordio dietro la macchina da presa, mentre è recente il ritorno per la terza volta nei panni dell’avvocato Giulio Santelia, in Chi salverà le rose? (2017), di Cesare Furesi. Sempre nel 2017 è stato omaggiato a Bologna con il premio alla carriera ‘La farfalla di ferro’.
In questa occasione, Pupi Avati lo ha definito “il lo rosso di tutto il cinema italiano dal dopoguerra ad oggi... una persona di una sensibilità estrema che merita il premio che oggi gli viene riconosciuto, ne avrebbe meritati molti di più, ma soprattutto avrebbe meritato quell’attenzione da parte dei miei colleghi che non ha ricevuto”.
Un’attenzione che invece il pubblico ha sempre riservato all’attore romano, riconoscendone il magnetismo e un carisma fuori dal comune. Uno stile recitativo per sottrazione, impreziosito dalle sottili sfumature psicologiche dei suoi caratteri e dal recondito senso di inquietudine che avvolge le sue migliori interpretazioni.
Una straordinaria dote di esprimere sentimenti ed emozioni attraverso impercettibili movimenti del corpo e dello sguardo, dando vita a personaggi cinematografici strutturati e a tutto tondo, saldamente impressi nella memoria collettiva.