Che cosa mi aspetto da questo 2014? Qual è l’esigenza che ritengo prioritaria per l’isola d’Ischia che fa parte della Provincia di Napoli, della Regione Campania? Della Repubblica Italiana e buon ultima dell’Unione Europea?
Ritengo che le cose che si dovrebbero fare sono molte ma se si ha una concezione riformistica della democrazia bisogna indicare le più urgenti.
A mio parere l’esigenza prioritaria è mettere ordine nelle autonomie locali. E’ un argomento antico. Gli enti locali (Comuni e Province) sono stati riformati con una prima legge nel 1990, la famosa n.142 proposta dall’allora Ministro dell’Interno, Antonio Gava.
Gava era un democristiano doroteo che un repubblicano storico come Bruno Visentini definì un “finissimo politico” ed aveva avuto, prima di diventare deputato e ministro,una lunga esperienza di amministratore locale. Fu Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Napoli per sette anni, dal 1963 al 1970 ed allora la Provincia era l’ente locale più importante perché non c’erano ancora le Regioni. La DC nel 1970 lo candidò alla Regione Campania e forse avrebbe dato un contributo importante a fare della Regione l’ente di programmazione e di legislazione che avrebbe dovuto essere se le sinistre (PSI e PCI) non avessero avanzato pregiudiziali contro di lui. Gava abbandonò la politica regionale per quella nazionale.
La 142 era una buona legge che ebbe un ulteriore ampliamento con il Testo Unico degli enti locali nel 2000 che ha recepito tutte le leggi Bassanini sulla riforma della Pubblica Amministrazione. Ma questa bella democrazia locale delineata dal Testo Unico non è stata attuata.
A distanza di 23 anni dalla legge-Gava e di 13 anni dal Testo Unico non abbiamo ancora nell’area napoletana la Città Metropolitana e cioè l’ente di governo dell’area vasta che avrebbe dovuto prendere il posto della Provincia. La Regione Campania non ha mai avviato una sistemazione dei 92 Comuni della circoscrizione provinciale così come non è mai stato approvato il Piano Territoriale di Coordinamento che la Legge Gava assegnava alla Provincia ma anche se lo fosse stato non avrebbe cambiato molto in materia di pianificazione territoriale dove i poteri sono frammentati tra Comuni, Provincia, Regione e soprattutto Soprintendenze per le aree vincolate come è il caso dell’isola d’Ischia.
L’isola d’Ischia è ancora divisa in sei Comuni ed avrebbe potuto nascere un “quarto livello di potere locale” come la Comunità Isolana prevista dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Con il sistema delle società cosiddette “partecipate” per la gestione dei servizi sono sorte 10 o 12 società di capitale – SRL o SPA - formalmente di diritto privato che hanno potuto assumere personale non solo senza concorsi pubblici ( non erano tenute perché sono di diritto privato) ma senza “evidenza pubblica” (non erano tenute perché come società private con la liberalizzazione del mercato del lavoro della Legge Biagi potevano assumere per chiamata diretta senza alcun bando pubblico). Il più importante servizio pubblico interisolano – la distribuzione idrica – affidato prima ad un Consorzio tra i sei Comuni (CAFI) , quindi un ente di diritto pubblico, è stato trasferito ad una “partecipata” (eufemismo con il quale si indicano queste società “pubbliche” ma “private” e con un sol socio “pubblico”) che è stata chiamata con un nome antico che indicava tutta un’altra cosa dal 1952 al 1972 e cioè l’EVI Spa che sta per Energia Verde Ischia ( EVI). Questa società ha oggi 76 dipendenti in minima parte costituita dai vecchi dipendenti del CAFI ma in larga parte personale assunto con diritto privato e con la liberalizzazione della Legge Biagi.
Ci troviamo quindi con un assetto istituzionale dei sei Comuni che è “svuotato” nella gestione dei servizi affidati a società private a capitale pubblico mentre la distribuzione idrica – ma doveva esserci anche la depurazione delle acque reflue – è affidata ad una società privata con capitale pubblico. Questo “sistema delle autonomie dell’isola d’Ischia” si è rivelato di un costo enorme che i sei Comuni non possono più sostenere soprattutto per il costo del personale che incide di circa il 70-80 per cento sui bilanci di questa miriade di società.
Mentre i Comuni si sono “svuotati” dei servizi fondamentali non hanno saputo o forse potuto ottenere un Piano Regolatore Generale dell’isola d’Ischia in vigore pur avendo un numero enorme di piani e programmi elaborati con un numero incredibile o risibile di indicazioni o sigle (PRG, PUT, PUC, PTCP etc.).
Risultato: i sei Comuni – la cui finanza dipende dall’80% dalla propria imposizione tributaria – sono tutti in drammatiche situazioni di cassa specialmente i piccoli Comuni (Casamicciola, Lacco Ameno e Serrara-Fontana, Barano) mentre non c’è uno strumento urbanistico che permetta di “regolare” lo sviluppo economico che è “ingessato” nella “inedificabilità assoluta” decretata dal Piano Urbanistico Territoriale del 1995 approvata dal Ministro dei Beni Culturali dell’epoca per l’inadempienza legislativa della Regione Campania.
Di fatto tutta la ventata di rinnovamento civile e democratico del Testo Unico degli Enti Locali è stata dispersa al vento e naturalmente non è nata una partecipazione politica alla vita dei Comuni perché sono cambiate le leggi elettorali ed è cambiato il modo di fare clientelismo che cacciato dalla porta con la rivoluzione di tangentopoli è entrato dalla finestra con gli incarichi “intuitu personae” o di “staff” o attraverso le “partecipate”. La mancata legiferazione della Regione Campania in materia di turismo ha perpetuato il commissariamento dell’Azienda di Cura, Soggiorno e Turismo e così tutta la promozione turistica è accentrata dalla Regione che è una” Grossa Banca“ erogatrice di finanziamenti a privati attraverso lo strumento dei “bandi”. Soltanto la reintroduzione della Tassa di Soggiorno nel 2013 ha permesso ai Comuni più ricchi di riprendere una autonomia decisionale poiché finanziariamente coperta in materia di promozione turistica.
Mi pare che questo sia il quadro istituzionale – nella brevità dell’articolo di giornale - nel quale operiamo e credo che sia assolutamente inadeguato sia per governare il sistema economico e sociale dell’isola d’Ischia della cui grandezza quantitativa e qualitativa sono tutti a conoscenza sia per far rinascere la partecipazione civile dei cittadini alla vita politica locale con i nuovi partiti della II Repubblica. In questo inadeguato quadro istituzionale hanno operato con grande responsabilità gli imprenditori della piccola e media impresa degli alberghi, del commercio e dei servizi che hanno cercato di mantenere i livelli occupazionali stagionali e nello stesso tempo di competere sul mercato internazionali dei viaggi e dei soggiorni sempre più spietato per effetto della crisi economica nazionale ed europea. Sta svolgendo un grande ruolo di supplenza il volontariato attraverso il Terzo Settore soprattutto per merito delle organizzazioni della Diocesi.
Si può andare avanti ancora in questo modo? Come si può uscire da una crisi economica con questo “sistema locale di sviluppo”? E’ necessaria una svolta per un nuovo assetto istituzionale? Come si deve diminuire la spesa pubblica dei Comuni? come si deve diminuire l’imposizione tributaria dei Comuni? Come si deve massimizzare nella sua utilità sociale la spesa pubblica ridotta? Infine come si devono rendere trasparenti le nostre pubbliche amministrazioni ai sensi della legge n.241/90 e con le sue modifiche soprattutto in materia di “evidenza pubblica” di posti di lavoro?
Interrogativi complessi ai quali si potrebbe dare una prima risposta nel 2014 con il Comune Unico dell’isola d’Ischia nella Città Metropolitana di Napoli.