Ischia News ed Eventi - La grande quercia di Candiano

La grande quercia di Candiano

La quercia di Candiano

Animali e natura
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Quando per la prima volta sentii parlare di Candiano e della grande quercia che, come sentinella imponente vigilava su quella pianura ricca di vigneti e ruderi, la curiosità mi spinse ad allungarmi con la mia cinquecento mezza sgangherata fino a Buonopane, piccola frazione di Barano. Una vicina di casa di origine Buonopanese me ne aveva parlato spesso, con entusiasmo e con profonda nostalgia, al punto che avevo cominciato ad immaginare quella località nella quale aveva vissuto un'infanzia serena, e dove gli abitanti della zona si riunivano in primavera sotto la grande quercia per raccontare le storie di munacielli e lupi mannari.

Anche se non era la prima volta che passeggiavo tra sentieri, case contadine e alberi giganti, rimasi incantata nell' ammirare la maestosa quercia, generosa, con le sue forti braccia che pareva volessero abbracciare e proteggere gli uomini di buona volontà dalle follie del mondo. Il tronco era immenso, con le radici completamente nude, contorte e nodose, ricche di rilievi, sporgenze, incavi. Si aveva l'impressione che un grande maestro con lo scalpello avesse voluto creare sovrapposte sculture creando indefinite e strane figure di animali, piante, figure umane, montagne, colline. Sembrava un mondo in miniatura nel quale ci si poteva immergere fino a raggiungere le viscere della Terra. I contadini del posto non erano avvezzi a veder passeggiare persone sconosciute in quel regno di pace e di silenzio.

Avvertivo che dietro finestre e balconi socchiusi c'erano occhi che seguivano attentamente ogni mio movimento, ogni gesto, come se fossi stata un'extraterrestre. Ad un tratto, in quel regno apparentemente senza vita, sbucò fuori una vecchietta che portava con se una capretta legata ad una cordicella. Diffidente, ma con tono familiare mi chiese: "Chi sei, che ci fai da queste parti?" Cercando di metterla a proprio agio, risposi: "Sono di Forio e mi piace passeggiare per la campagna. Luisella, una mia vicina che è nata in questo luogo, mi ha spesso parlato di Candiano e della quercia". La vecchietta cambiò istantaneamente il suo atteggiamento sospettoso e cominciò a chiacchierare con me come se mi avesse conosciuto da sempre. Mi parlò di Luisella, dell'infanzia trascorsa in quel pezzetto di paradiso e della tristezza che in tutta la contrada avevano provato parenti e amici quando, quest'ultima, era andata a vivere con il suo sposo in un comune dove, a loro dire, c'erano cittadini moderni e istruiti, distanti dal loro modo di vivere e pensare. Mi raccontò ancora che aveva due figli gemelli e che da piccoli si erano ammalati di tifo.

Poichè lei credeva nella quercia, come se fosse stata una presenza divina che vegliava su tutti loro infondendo benessere, amore e salute decise, nel momento in cui era disperata ed i figlioletti stavano male, di bruciare nel braciere le foglie secche e le ghiande della pianta affinché l'essenza si spandesse per tutta la casa e infondesse nuova e vitale energia. Prese la corteccia, la mise in un sacchetto che legò ad un chiodo della stanza da letto. Non si capisce se, per profonda fede o per Divina Provvidenza, i due bambini si ripresero dalla malattia ricominciando a vivere una vita normale. Anche le capre che mangiavano quelle ghiande e quelle foglie acquistavano forza e vitalità. "Bisogna credere nelle piante e nella natura", ella mi disse, - "perché possono fare miracoli".

Confesso che riempii una busta di foglie secche e ghiande. La contadina, prima che mi allontanassi, mi volle regalare del latte di capra e m'invitò a tornare in quel luogo ogni qualvolta mi sentissi giù di morale. La grande quercia aveva bisogno di sentirsi amata, in cambio avrebbe infuso energia nell'anima e nel corpo. Prima di andare via, fui attratta come una calamita dall'ingresso di un rudere con un enorme portale di pietra, all'interno vi era una scalinata fatiscente ricca di muschio ed erbe. Attraversai un cortile dove c'era una cisterna con un secchio arrugginito e piante di limoni tutt'intorno. In fondo al cortile s'intravedeva un cucinino con il forno ed il focolare sul quale erano sparse pentole di alluminio. Al centro, un tavolo rettangolare apparecchiato con una tovaglia ormai lacera, piatti, posate, bicchieri, bottiglie, tre sedie di paglia ed una panca. Tutto era ricoperto da fuliggine, polvere, ragnatele intricate che, dal soffitto, si allungavano come tanti veli trasparenti fin sopra i piatti, le bottiglie, le posate. Regnava una forte sensazione, come se 1a vita, li dentro, si fosse interrotta di colpo, ma che avrebbe potuto riprendere da un momento all'altro.

Fuori al cortile ammirai tutt'intorno la campagna, i ruderi, la collina di Buttavento. Guardai la quercia i cui rami frondosi si fondevano con i colori e l'immensità del cielo. La sera cominciava a calare. La quercia vegliava in silenzio, come una grande madre.

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