Ischia News ed Eventi - Dal piombo alla rete: quando il troppo storpia

Dal piombo alla rete: quando il troppo storpia

Poesie e racconti
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Ho cominciato a fare il giornalista con il piombo della Linetype che componeva gli articoli; la macchina da scrivere Olivetti Lettera 45 che li scriveva; la busta “fuori sacco” per la spedizione postale al giornale; la telefonata in “R” cioè con il costo a carico del giornale o dell’agenzia per la notizia “urgente” dettata agli stenografi con la punteggiatura; la stampa in tipografia a “caldo” con la “zincografia” che preparava i “cliché” per le fotografie; la giornata settimanale a Napoli nella tipografia “Lampo” con il proto Salvarezza ed il compositore De Costanzo sul tavolaccio il quale mi diceva di “stare in mano a’ l’arte”; la scoperta a vent’anni di “Vache e’press”, la più antica tavola calda in Piazza Dante per il pranzetto frugale; l’arrivo del giornale con il traghetto con Franco Conte, il direttore, ed io,il caporedattore, a fare i facchini per la distribuzione;quelle lezioni e quelle discussioni sul giornalismo, la lettura de “Il Mondo” di Arrigo Benedetti e “L’Espresso” di Eugenio Scalfari, “Panorama” di Lamberto Sechi.

Se ami il giornalismo lo impari dai 20 ai 30 anni e per tutto il resto della vita non fai altro che i lavori di ordinaria amministrazione alla casa che ti sei costruito.

Ma ormai questa è la preistoria della stampa. Questo accadeva 40 anni fa. Poi c’è stata la “rivoluzione” dell’informatica e della telematica e la stampa – rimasta quasi immobile per circa tre secoli – è stato il primo attore della “terza rivoluzione industriale” della Storia tanto da definire la società di oggi – quella di Internet, di Facebook che compie 10 anni, del giornalismo on-line – quella dell’“informazione”.

Mario Capanna, leader della contestazione giovanile del 1968 con il Movimento Studentesco all’Università di Milano, dopo aver fatto politica per vent’anni nell’estrema sinistra, si è messo a scrivere libri di riflessione sul mondo di oggi progettando l’utopia estrema della fine degli Stati nazionali e un governo mondiale della politica e dell’economia.

Nel 2006 ha scritto un libro “Coscienza globale” dove sottolinea che “è stato calcolato che negli ultimi due-tre decenni sono state prodotte e diffuse più notizie che in tutti i cinquemila anni precedenti” e commenta che “l’effetto determinato (solo in apparenza paradossale) è che all’aumento di notizie corrisponde una diminuzione della conoscenza. Siamo “informati” di più ma sappiamo di meno”. Questo “bombardamento quotidiano”– secondo Capanna - non è costituito da informazioni ma da “frammenti di notizie” che ci inseguono, si accavallano, l’una scacciando l’altra o sovrapponendosi in un tourbillon incessante”. Capanna chiama questo “triturazione informativa” e gli attribuisce la responsabilità della “distruzione della memoria storica”.

Insomma il troppo storpia. Storpia al punto di farci vivere tutti in una specie di “Grande Fratello” dove diventano sempre più labili i confini tra il pubblico ed il privato. Ognuno si può fare il proprio giornale che si chiama “blog” e metterci quello che vuole. Una ragazza si può sentire come una attrice o una cantante famosa, una donna di mezza età vuole dire a tutti con le sue foto che avrebbe voluto essere una “donna da copertina di rivista” e con un “post” si diventa giornalisti.

Facebook festeggia 10 anni e chiede a tutti gli iscritti cosa ne pensano. Credo che FB sia diventato la più grande agenzia di stampa del mondo perché arriva sulle notizie – di qualsiasi genere perché è una grande Piazza virtuale – prima di tutti gli altri organi di informazione che non debbono far altro che adeguarsi per “rincorrere” la notizia. Piaccia o meno.

Per i 10 anni FB ha confezionato automaticamente un filmino che ogni utente può mettere sul suo profilo: le foto più significative,gli affetti più rilevanti, la frase più importante, i momenti più belli ed intensi vissuti negli ultimi anni. Se si sa usare FB e se ciascuno si crea una bella rete di “amici” viene arricchito ogni giorno da nuove opinioni, nuovi dibattiti,nuovi libri, e qualcosa o molto si mette in memoria. Non tutto viene dimenticato. E’ come un continuo aggiornamento.

Bisogna saper usare la Rete come un giornale, un libro, una enciclopedia.

E’ necessario che i giovani sappiano ben usare la Rete e sappiano dividere la sfera pubblica da quella privata perché anche qui il troppo storpia. I recenti fatti sul “filmino erotico” di Ischia debbono far riflettere.

I primi giornali che nacquero nel Settecento si chiamavano in prevalenza “Gazzette” forse prendendo spunto dalla gazza, uccello notoriamente ciarliero e “gazzettieri” venivano chiamati gli estensori dei pezzi giudicati importuni.

Uno dei miei Maestri, il prof. Edoardo Malagoli, che cito spesso, mi disse che “la pubblicistica quale veicolo d’informazione, è nata come pagina locale, come “foglio d’avviso” manoscritto inviato per posta ai richiedenti e che gli estensori delle notizie che lo componevano, spesso accompagnato da commenti salaci, sono da considerare come i protomartiri del giornalismo; categoria, quella dei giornalisti, inizialmente assai invisa ai potenti che li bollarono con l’epiteto spregiativo di “menanti” che indica probabilmente il loro vizio d’origine che è quello di menare la mano con la penna, di muovere acque stagnanti, di punzecchiare la gente più in vista, di mettere in piazza indiscrezioni, mugugni o maldicenze”.

Nella “società dell’informazione” attraverso la Rete tutti sono diventati “menanti” ed occorre un’autoregolamentazione collettiva per “punzecchiare” di meno e non mettere in “piazza “troppe “maldicenze”. La “piazza” è diventata globale con un numero enorme di “siti telematici”.

Un ritorno al piombo? Impossibile. Ma un invito a riflettere sulle luci e le ombre della “società dell’informazione”.