L'uomo biondo in bicicletta pedalava lentamente assaporando l'aria fresca profumata di mare. Gli piaceva arrivando alla grande doppia curva davanti al cimitero di Casamicciola, rallentare per pregustare l'ingresso nella litoranea affacciata sul Tirreno.
1° ottobre 1957, tempo bello, luminoso, e un mare calmo e limpido che si distendeva in un lento abbraccio, un flebile mormorio di risacca, l'orizzonte appariva nitido, le barche da pesca erano a quell'ora già rientrate, e lo sguardo poteva spaziare fino ad intravedere la costa della penisola. Superata la Casa Matta che si sporgeva sul mare, oscuro ricordo della guerra, l'uomo biondo si fermò, scese dalla bici che appoggiò ad uno dei parapetti sul marciapiedi, si sedette sul muretto e si mise a scrutare il mare. Guardando in lontananza, scrutando l'orizzonte, gli parve di intravedere la nave di Ulisse avvicinarsi alla riva.
Quel luogo, carico di miti e di storie, di leggende di maghe e di eroi greci, lo faceva sognare, e non smetteva mai di affascinarlo. Gli sembrava che la scelta di lasciare in tronco tante laboriose iniziative, nella città del nord da cui veniva, per arrivare sull'isola, non fosse stata un capriccio, ma, piuttosto, una necessità, quasi all'insegna di una vocazione spirituale. Il suo sguardo vagava sulla superficie azzurra del mare, sulle minuscole onde che si frangevano sull' esigua spiaggetta sotto la strada. Fu allora che la vide. Aveva appena gettato a terra una piccola borsa, si era tolta con un gesto rapido i sandali, aveva gettato accanto alla borsa, spostandosi rapida nel raggio di sole che illuminava la spiaggetta.
Era alta ed esile e nel sole i capelli dorati sfumavano nel rame, e le facevano una sorta di aureola intorno al capo. Avanzava a piedi nudi verso il mare, quasi esitante, e non appena l'onda stava per lambirle i piedi, indietreggiava in una sorta di danza rituale, per poi avvicinarsi e rifuggire. Un'amante che desidera e teme di concedersi, la grazia leggiadra di una ninfa. Nausicaa forse? che sta per incontrare Ulisse? non è questa l'isola dei feaci? all'improvviso la fanciulla raccolse la ricca gonna del suo abitino a quadretti azzurri estivo nella cintura, scoprendo le gambe, e, come se avesse deciso di rompere ogni indugio, scese in acqua fino alle ginocchia, si chinò sulla superficie del mare, prese ad accarezzarlo timoroso con dolcezza. Intorno a lei il mare ansante sembrava rabbrividire di piacere. Lei era la sua amante. Gli apparteneva.
L' uomo biondo era rimasto come paralizzato ad osservare. Certo una Ninfa, nata dal mare, che a lui ritornava, amata amante. Era stupito, incantato da tanta fragile bellezza, da tanta armoniosa perfezione, quasi prigioniero di una sorta di magia. Di scatto la fanciulla si voltò, il sole la illuminò appieno, poi, uscì precipitosamente dall'acqua, fuggì sulla spiaggia, afferrò i sandali e la borsa e in pochi agili balzi raggiunse la scaletta sconnessa che portava sulla strada.
E comparve davanti a lui.
E gli sorrise.
Sì, gli sorrise.
E l'uomo biondo si sentì come folgorato. Sorrise anche lui.
Ella già fuggiva a balzi infilandosi i sandali nella rincorsa. Si allontanava da lui. Si lanciava ad attraversare la strada sulla quale era comparsa una sbuffante sconquassata corriera. La fermava col gesto imperioso della mano.
Ecco. Era svanita. L'uomo biondo guardò il mare, pensò all'amore, al sogno, al mito.
Si sentiva tremare interiormente come chi si affaccia su di un universo misterioso e si inoltra in regioni sconosciute. Rivedeva tutti i momenti di quell'incontro magico inaspettato, e aveva paura di se stesso. Raccolse le sue forze, rimontò sulla bici e parti nella scia dell'autobus.
Era il primo ottobre. Primo giorno di scuola.
Lo attendevano i suoi alunni del liceo nel piccolo vecchio palazzetto sulla strada di Ischia Ponte. Bisognava tornare alla realtà.
Arrivato a scuola lasciò la bici nell'atrio, salì in fretta al primo piano a prendere il suo registro in sala professori e ridiscese in fretta. Gli alunni di primo liceo lo aspettavano, si erano tutti ammucchiati alla finestra che si affacciava sulla strada e si accalcavano vociando per vedere i professori che arrivavano. L'uomo biondo si fermò sulla porta, i ragazzi lo videro e dettero l'allarme, corsero spintonandosi fragorosamente per raggiungere il loro posto.
Il professore entrò, salì in cattedra, posò il registro sulla scrivania, comunicò agli alunni che avrebbe fatto l'appello, invitandoli ad alzarsi, a presentarsi ripetendo il loro nome, per essere sicuro che egli l'avesse pronunciato bene.
Ci fu un mormorio: il professore dava loro del lei? i ragazzi se ne meravigliarono molto, non c'erano abituati.
A quel mormorio il professore alzò lo sguardo sulla classe. E fu allora che la vide. Il cuore fece un tuffo nel petto. Gli occhi si abbassarono di colpo sul registro per nascondere il suo turbamento.
Lei era lì, alla sua sinistra, al primo banco, viva della sua nuova realtà: il vestito estivo era coperto da un severo grembiule nero, ma il volto risplendeva di luce e i capelli dorati e un po' scomposti, sembravano quelli di un angelo litigioso. Incominciò a fare l'appello... Uno, due, tre cognomi... Lei si alzò, di nuovo gli sorrise, e scandì il suo nome.
E, da quel momento, lui seppe, che anche l'Amore ha un nome.
Di Benedetta Patrizi