È notte e il buio si appropria dei confini di natura e architettura. È un’idea comune quella del crepuscolo che ingloba gli elementi, della luce diurna che cede il passo al silenzio della luna. Sappiamo bene invece che nel buio (e grazie ad esso) molto della materia, qualunque essa sia, si presenta diversamente agli occhi di chi la osserva, e si trasforma. Perché anche nell’oscurità più pesta, la luce trova la sua via, si insinua e… rivela una sostanza nuova delle cose.
Artificiale o della luna – ma anche combinate insieme – queste fonti luminose incoraggiano il fruitore a una visione attenta, fatta di piccoli suggerimenti della forma, di curiosità visive, di dettagli finiti nella breccia luminosa offerta dalla notte.
Ancor più in fotografia, con l’ausilio di un tempo lento di esposizione, la luce s’impossessa di ciò che incontra, specie quando il buio caravaggesco le permette di manipolare l’essenza stessa della materia.
Sono questi i presupposti del progetto fotografico Il Castello Aragonese: rivelazioni notturne di Florian Castiglione, presentato per la prima volta in mostra presso il Carcere borbonico del Castello Aragonese di Ischia, dal 5 settembre al 5 ottobre 2015.
Nel 2012 il giovane architetto-fotografo ischitano realizza uno scatto, fra tanti, nel corso di un evento serale al castello. Poi, come spesso accade, quell’immagine si è sedimentata nella sua memoria, per un anno circa, fin quando l’autore non ha sentito il bisogno di ricercare una chiave d’accesso a quella fortezza, individuandola proprio nel momento del giorno in cui la roccaforte, meta turistica per eccellenza dell’isola di Tifeo, non è mai stata vista prima, ossia nelle ore notturne. Castiglione, infatti, con il beneplacito di chi vive nella fortificazione ischitana, nottetempo ha costeggiato con la sua reflex le mura di guardia, ha attraversato gli ambienti del castello, i corridoi, la cattedrale, ha fotografato le torri del Maschio, riconoscendone la maestosità.
I sopralluoghi si sono succeduti con paziente ripetizione per fotografare, con una formula visiva tutta personale, la rocca aragonese che poggia su un’isola di magma vulcanico, è circondata dal mare del golfo di Napoli, e si congiunge con Ischia – la più grande dell’arcipelago flegreo – solo grazie a un lembo di terra che attraversa il mare. Quella formula, Florian, l’ha trovata fotografando l’equilibrio stabile fra architettura e cielo perché non muta col movimento, anzi come spiega lo stesso autore, “stelle e materia trasmettono la sensazione di immobilità e silenzio” prodotta da questo luogo elegante e ieratico.
Se una meta turistica, quale il Castello di Ischia è sempre stata, appare agli occhi dei visitatori così distinguibile, occorre un gran coraggio – va detto – per modificare qualsivoglia elemento che ne renda meno intuitiva la riconoscibilità, a favore di un rischioso quanto fondamentale equilibrio instabile, utile a mostrare non più la rocca come la ricordiamo, ma Le rivelazioni di Florian Castiglione. Come? Variando l’ora del giorno (o per meglio dire della notte) durante la quale scattare, modificando il punto di ripresa delle immagini, ma pure osando con le inquadrature, cercando prospettive insolite, scorci ripresi con un taglio non comune, servendosi altresì del proprio background professionale al fine di scegliere le porzioni architettoniche di maggiore interesse e rivisitarle con il filtro del proprio occhio autoriale. Per volere, per vedere e per mostrare il nuovo, persino in un luogo frequentato e rinomato qual è l’antichissimo Castrum Gironis, com’era originariamente conosciuto il maniero.
Il nuovo ha bisogno di proseliti, di “capitani coraggiosi” e temerari che sperimentino per virtù. Florian Castiglione, autore de Il Castello Aragonese: rivelazioni notturne, lavoro che questo testo introduce, ha costruito una nuova fortezza con l’intenzione di rivelare la componente onirica, suggestiva nonché riflessiva, propria della costruzione aragonese.
Lo ha fatto scattando i suoi bianconeri in low key e, alla corporeità dalle atmosfere – arcate in roccia, decori in pietra, mura a strapiombo sul mare, tutti valorizzati da vertiginose prospettive – fa da contrappunto la volta celeste con le sue stelle che acquistano nell’economia dell’inquadratura, la medesima sostanza della materia.
I tempi lunghi di esposizione, l’uso del treppiedi, le numerose sedute di posa nella stessa location, l’approccio lento e riflessivo dell’autore concorrono alla realizzazione di un lavoro, elogio della lentezza.
Cosa svela la notte che il giorno non ha? Lo abbiamo chiesto al giovane autore, che ci ha risposto: “La sua intimità”, la sua bellezza solenne e privata, aggiungiamo pure.
Con il suo modus operandi lento e riflessivo, inoltre, Florian si è preso il tempo per imparare a selezionare l’immagine ancor prima d’averla scattata. L’autore è un nativo digitale e, pur non avendo mai fotografato in pellicola, si sente molto vicino a questo tipo di approccio con il quale è più naturale riuscire a focalizzare nella sua massima espressione il senso e le intenzioni del progetto e, di conseguenza, di ricercarlo nelle immagini sin dal momento dello scatto. È successo pure che Florian trascorresse ore fra le mura della fortezza, tornando sulla terra ferma con una manciata di foto, neanche troppo valide. Tuttavia, quelle che con licenza poetica chiamiamo “immagini latenti”, ossia le fotografie non ancora scattate ma solo osservate, riconosciute in loco e fatte proprie prima ancora di comparire sul sensore della fotocamera, si sono sedimentate nella memoria durante la sua ricerca e poi una volta scattate, sono divenute il corpus de Il Castello Aragonese: rivelazioni notturne.
Loredana De Pace
Giornalista / curatrice della mostra Il Castello Aragonese: rivelazioni notturne