Ischia News ed Eventi - Ascom news 55: Arriva un tetto ai prelievi sul conto corrente - A cura di Marco Laraspata

Ascom news 55: Arriva un tetto ai prelievi sul conto corrente - A cura di Marco Laraspata

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Oltre 1000 o 5000 euro scatta la presunzione di compensi per i prelievi non giustificati.
Da domani, chi preleva dal conto corrente una somma superiore a mille euro in un giorno o a cinquemila euro in un mese potrebbe essere oggetto di indagini da parte dell’Agenzia delle entrate.


Viene infatti fissato un limite numerico alle operazioni sul proprio conto oltre il quale scatterà automaticamente una presunzione di “nero” qualora il contribuente non riesca a dimostrare il contrario. È questo l’emendamento più allarmante appena approvato al decreto fiscale e che rischia di costituire un vero e proprio spauracchio per contribuenti e risparmiatori. Difatti, benché la normativa sulla tracciabilità dei pagamenti stabilisce che l’uso dei contanti è vietato solo a partire da 3.000 euro, e nonostante i chiarimenti ministeriali secondo cui tale limite non si applica a prelievi e versamenti sul conto corrente (per i quali non vi è alcun tetto), la nuova norma vorrebbe imporre ai correntisti un vincolo particolarmente forte, almeno per quanto riguarda gli imprenditori.
Ma procediamo con ordine.

Soldi sul conto corrente: cosa ne puoi fare?

Se è vero che nel conto corrente ci sono soldi tuoi e, in linea teorica, dovresti essere libero di farne quello che vuoi, ivi compreso prelevarli nella misura e nei tempi che preferisci, di fatto non è così: salvo per i professionisti (per i quali sussiste una sentenza della Corte Costituzionale che li salva da questo regime [1]), tutte le volte in cui le cause del prelievo o del versamento in banca non possono essere dimostrate al fisco, quest’ultimo (o meglio, l’Agenzia delle Entrate) può presumere che, dietro l’operazione, si nasconda un’attività in nero. Scatta quindi il recupero a tassazione di quel reddito. Insomma una vera e propria sanzione per chi non sa dire da dove provengono o dove finiscono i suoi soldi sul conto corrente. Un principio che la legge stabilisce, in modo netto e chiaro per gli imprenditori, ma che spesso è stato applicato anche ai lavoratori dipendenti. La possibilità di effettuare un accertamento fiscale per prelievi o versamenti consistenti di denaro sul conto non ha salvato, infatti, in passato, neanche il lavoratore con reddito fisso, come il normale lavoratore dipendente (di norma ritenuto sempre al riparo dai sospetti dell’Agenzia delle Entrate). La giurisprudenza, infatti, ammette – sebbene non in via sistematica, ma solo laddove le evidenze di una possibile evasione fiscale siano conclamate – gli accertamenti bancari anche sui risparmiatori.
Sicché è sempre bene, anche in tali ipotesi, conservare traccia dell’impiego del denaro contante a seguito di prelievo o versamento.
Si tratta, ovviamente, solo di una «presunzione» contraria al contribuente, che opera per di più in automatico, ma che consente sempre la prova contraria. Una prova, tuttavia, non sempre facile da  raggiungere atteso che, spesso, dopo molto tempo, si perde traccia e memoria delle ragioni dei propri spostamenti monetari. Ecco allora che, oltre a una corretta causale, è sempre meglio conservare un archivio con le pezze giustificative dell’impiego di consistenti somme di denaro.

La nuova norma

La nuova norma vuole imporre un limite numerico per le presunzioni sui prelievi degli imprenditori e imprese: la possibilità che il prelievo divenga ricavo sussisterà al superamento di limiti giornalieri e mensili fissati, rispettivamente, a mille e 5 mila euro. Viene così integralmente riscritta la norma [2] in base alla quale i prelievi possono costituire “compensi”. Il legislatore interviene affermando come la norma in questione potrà operare al ricorrere di un requisito «numerico»: la presunzione contraria al contribuente, per i prelievi non giustificati, scatterà solo se viene superato il limite giornaliero di mille euro e, comunque, quello di 5 mila euro mensili. Entro invece tale limite siamo dinanzi a una sorta di «franchigia» entro la quale il problema non dovrebbe sussistere. Al contrario, superate le predette soglie la norma potrebbe essere azionata ma, si ritiene, soltanto per l’eccedenza rispetto alle stesse.

La presunzione legale continuerà, quindi, ad operare soltanto per le somme che superano tali importi, in relazione alle quali si ritiene resti possibile fornire la prova contraria dimostrando «la loro coerenza con il tenore di vita rapportato al volume d’affari dichiarato».

[1] C. Cost. sent. n. 228/2014.

[2] Art. 32, comma 1, n. 2) del dpr 600/73.