Sono i contadini isolani, sapienti osservatori del biondeggiare della vite e della sua maturazione, a decretare che, ad Ischia, è tempo di vendemmia, e di rinnovare, nei campi e nelle strade dell’isola, la sagra bacchica del taglio dell’uva e della sua vinificazione per ricreare la magia e l’allegro benessere del bianco e del rosso vino d’Ischia sulle tavole italiane e straniere. Ma comunque
il mese di settembre è tradizionalmente legato alla festa del vino “Andar per cantine”, organizzata dall’Associazione Pro loco Panza, che da anni accompagna per mano i cultori del nettare degli Dei alla scoperta degli angoli più suggestivi ed incontaminati dell’isola d’Ischia.
Si torna ad Ischia per godere del mare e delle salutari acque termali dell’Isola, ma per riscoprire anche i sapori e i saperi della terra ischitana che, di origine vulcanica, racchiude nel suo humus un’inconsueta fertilità. Una terra ricoperta da una rigogliosa vegetazione che ha guadagnato ad Ischia l’appellativo di Isola Verde, dove continua la grande tradizione di un’agricoltura eroica che si spinge dai pianori alla collina, fin sulla montagna, nella coltivazione di ogni piccolo fazzoletto di terra. Ed è la coltivazione dell’uva, con gli oltre 400 ettari di vigneti, per la produzione del vino d’Ischia, uno dei primi vini in Italia ad avere il riconoscimento della DOC, la denominazione di origine controllata, a caratterizzare l’agricoltura ischitana, contribuendo a mantenere inalterato il paesaggio isolano, come freno alla cementificazione selvaggia, e come valorizzazione dei grandi tesori naturali di un’isola che ha nella cultura contadina dei suoi abitanti, trasmessa alle giovani generazioni, la continuità dei saperi della tradizione e la giusta attenzione alle biodiversità per la difesa del patrimonio naturalistico e la riscoperta dei sapori tipici dell’enogastronomia, vero volano di rinascita di un turismo non solo rurale. Ma mi piace concludere questo breve editoriale per il numero speciale del nostro magazine dedicato alla sesta edizione della manifestazione “Andar per cantine” con una citazione tratta dalla storia millenaria dell’Isola d’Ischia che fu probabilmente la prima e la più settentrionale colonia greca d’occidente, fu conosciuta, fin dai primordi, per l’industria dei vasi d’argilla, dai quali, come narra Plinio, trasse il suo nome più antico, Pithecusa, l’isola dei vasi . Quella citazione, non a caso, è proprio su un vaso, un piccolo skiphos, come lo chiamano gli archeologi, un reperto della Necropoli di Pithecusa, risalente all’ottavo secolo avanti Cristo, rinvenuto a Lacco Ameno dall’archeologo Giorgio Buchner, su cui è inciso il più antico testo scritto d’Occidente:
“E’gradevole bere dalla Coppa di Nestore… ma chi da questa coppa beve, subito prenderà desiderio di Afrodite dalla bella corona.”
Un graffito di tre righe, in versi esametri, inciso con uno stilo di bronzo durante le libagioni di una cerimonia funebre, che allude alla famosa coppa dell’eroe epico Nestore, descritta da Omero nell’Iliade. Una testimonianza inequivocabile della conoscenza che dell’Epos omerico avevano i coloni greci. L’antica Pithecusa era un crocevia internazionale di scambi tra l’oriente e l’occidente. Si può affermare, quindi, che la storia documentata della scrittura nasce proprio a Ischia. E da qui, attraverso i coloni greci e i loro scambi, la scrittura alfabetica si è diffusa tra i popoli italici e gli Etruschi insieme all’antica sapienza nel vinificare le uve delle viti ischitane, trasformandole in quel nettare degli Dei che è il vino che ha cadenzato nei millenni la storia dell’isola.