Quando si pensa all’isola d’Ischia, la mente corre veloce al suo mare, oggi area marina protetta e alle straordinarie qualità delle sue acque termali, dimenticandosi troppo spesso che Ischia è soprattutto un’isola di terra grazie alla sua rigogliosa vegetazione che le ha guadagnato l’appellativo di isola verde. Il Monte Epomeo, la cui vetta raggiunge i 789 metri, rappresenta, al centro dell'Isola, una specie di Pandizucchero ischitano, alle cui pendici i contadini continuano a scambiarsi le altrettanto umili e sapienti notizie della conduzione della terra e del maturare dei vini nei cellai, scavati nel tufo della montagna. Un’isola diversa ma altrettanto interessante.
I suoi orti disseminati su tutto il territorio e gli oltre 400 ettari di vigneti, per la produzione del vino d’Ischia, uno dei primi vini in Italia ad avere la denominazione di origine controllata, coltivati sui rari terreni pianeggianti come sui rilievi, fino a dove la pianta resiste, confermano le tradizioni contadine di tanti isolani che ancor oggi in oltre 5000 risultano iscritti alla Coldiretti e subito hanno sottoscritto l’appello lanciato dai protagonisti della cultura rurale ed enogastronomica italiana all’incontro dello scorso ottobre, promosso sull’isola da Riccardo D’Ambra, fiduciario Slow Food d’Ischia e Procida, per fermare la cementificazione e per difendere l’agricoltura e l’ambiente isolano, non sacrificando più nemmeno un metro quadro di territorio agricolo alla dissennata devastazione della natura.
Così personaggi del calibro di Corrado Barberis, Beppe Bigazzi, Roberto Burdese, Mons. Notarangelo, Gianfranco Vissani hanno incontrato gli abitanti dell’isola più popolosa del golfo di Napoli per ribadire il ruolo fondamentale dell’agricoltura di prossimità che, nel rispetto della biodiversità, rappresenta una risorsa economica fondamentale della popolazione non solo ischitana ma dell’intera penisola italiana.
Ischia, da sempre conosciuta come l’isola verde, ha uno straordinario patrimonio naturalistico da difendere per le sue tipicità soprattutto agricole. Un’identità che gli amministratori dell’isola, della Provincia e della Regione devono tutelare, concentrando sforzi e risorse, anche quelle comunitarie, per lo sviluppo sostenibile di un’agricoltura che di per sé può essere un incredibile volano di rilancio per il turismo. Ischia era un orto. Bisogna ricordare alla sua gente di tornare a seminare. Bisogna riscoprire l’antica saggezza contadina. Nella casa dei nostri nonni i rifiuti non esistevano. Tutto veniva riutilizzato, riciclato o compostato in casa. Bisogna recuperare quella tradizione adeguandola ai giorni nostri.
E’ come se avessimo buttato via il bambino con l’acqua sporca, abbiamo dimenticato quei saperi che in tanti anni ci hanno guidato, pensando che la tecnologia potesse avere una risposta per tutto e dimenticandoci che il turista o in un cinque stelle o in un agriturismo o in un bed and breakfast cerca il prodotto tipico che Ischia assolutamente deve continuare ad offrire.
Ancora una volta, così, l’isola di terra verrà in soccorso con le sue straordinarie eccellenze paesaggistiche, con il suo ambiente incontaminato, e la qualità dei sapori dei suoi prodotti agricoli a un’industria turistica boccheggiante, incapace di ritrovare la sua identità per un’offerta di grande qualità.