Come chiedere un risarcimento del danno per un errore del fisco: il dipendente dell’Agenzia delle Entrate che dà un consiglio sbagliato fa scattare il diritto all’indennizzo.
C’è un detto comune: quando sbaglia il cittadino deve pagare caro e amaro il frutto del proprio errore; se però a sbagliare è lo Stato, nessuno è responsabile e non è possibile chiedere un risarcimento. Per fortuna qualche volta questa regola non vale. È il caso in cui a sbagliare sia l’Agenzia delle Entrate: non solo nel caso in cui notifichi un accertamento sbagliato (nel qual caso ci sarà il giudice tributario ad annullarlo, eventualmente condannando l’amministrazione a rimborsare le spese legali) ma anche quando fornisce un consiglio sbagliato a un contribuente che si è rivolto all’ufficio. È vero che, per avere i pareri ufficiali del fisco si deve svolgere un interpello, ma se si riesce a dimostrare che l’impiegato della sede territoriale ha fornito delle istruzioni errate, facendo cadere il contribuente in una incolpevole violazione delle norme tributarie, è possibile ottenere il risarcimento. A chiarirlo è una recente e interessante sentenza della Cassazione [1], forse una delle prime che toccano questo delicato tema. E questo perché è difficile che un dipendente delle entrate si spinga a fare consulenza al cittadino. Ma se così dovesse succedere, che fare se l’Agenzia delle Entrate sbaglia? Di tanto parleremo nel seguente articolo.
In particolare ti spiegheremo come tutelare i tuoi diritti dinanzi a un errore del fisco commesso sia nella fase dell’accertamento, quando cioè già è stato già notificato l’atto formale con la richiesta di pagamento, sia nella precedente fase della consultazione allo sportello. Ma procediamo con ordine.
Se un dipendente dell’Agenzia delle Entrate dà un consiglio sbagliato spetta il risarcimento?
Per comprendere bene cosa fare se l’Agenzia delle Entrate sbaglia facciamo un esempio, peraltro non lontano dalla realtà di tutti i giorni.
Immaginiamo di avere un dubbio in materia tributaria. Vogliamo usufruire di una detrazione fiscale ma non sappiamo innanzitutto se ci spetta e, in secondo luogo, quali sono i documenti da presentare. Piuttosto che pagare un commercialista preferiamo andare direttamente al vertice: decidiamo così di recarci al più vicino ufficio dell’Agenzia delle Entrate per chiedere un consiglio.
Dopo aver preso il numerino e atteso il nostro turno, ci riceve un dipendente allo sportello a cui spieghiamo la nostra situazione. Questi ci dà le informazioni necessarie e, usando un foglio di carta che ha sulla scrivania, ci scrive l’iter che dobbiamo seguire per avere l’agevolazione.
Seguiamo alla lettera ciò che il funzionario ci ha detto ma, ciò nonostante, dopo qualche mese, riceviamo un controllo da parte del Fisco. L’avviso non solo ci chiede indietro i soldi che abbiamo risparmiato con la detrazione, ma ci obbliga a pagare anche le sanzioni. Nel difenderci, ritorniamo allo sportello e facciamo presente che, se abbiamo agito in tal modo, è solo perché così ci è stato consigliato. Ma il direttore della sede ci dice che per le risposte ufficiali ai quesiti posti dai contribuenti c’è solo la procedura dell’interpello. Tutto il resto sono da considerarsi solo consigli amichevoli, ma informali e privi di alcun valore. Cosa possiamo fare?
In ipotesi del genere, per la Cassazione, è possibile chiedere il risarcimento del danno all’Agenzia delle Entrate, ovviamente a patto di dimostrare con certezza che l’errore è stato causato dalla cattiva consulenza.
L’Agenzia delle Entrate, a prescindere dalla forma con cui interloquisce con il cittadino, ha comunque un obbligo di informativa nei suoi confronti; deve cioè comportarsi in modo corretto e secondo buona fede (così come ogni ufficio della pubblica amministrazione) per consentire una conoscenza agevole delle disposizioni vigenti in materia tributaria. Il tutto ovviamente allo scopo di rendere il contribuente edotto di ogni elemento idoneo a evitare di commettere, tanto più se in buona fede, illeciti. Si tratta
La Suprema Corte ha inoltre precisato che non è in gioco il diritto del contribuente a ottenere l’agevolazione fiscale (diritto che, se per legge non sussiste, non può essere rivendicato solo per aver ricevuto un cattivo consiglio), ma il diritto a ottenere un’informazione completa dall’amministrazione finanziaria, ad esempio chiedendo al cittadino l’ulteriore documentazione necessaria per accedere a eventuali benefici fiscali. Un diverso comportamento finisce per trarre in inganno il malcapitato.
Risultato: d’ora innanzi i cittadini mal consigliati agli sportelli pubblici potranno incassare il risarcimento.
Se l’Agenzia delle Entrate invia un accertamento sbagliato cosa fare?
Un altro caso in cui l’Agenzia delle Entrate sbaglia è quando, prima ancora di avere un confronto con il cittadino o all’esito di un contraddittorio con questo, gli notifica un avviso di accertamento fondato su presupposti sbagliati. Qui il cittadino ha due chance:
1. la prima è presentare un ricorso in autotutela all’Agenzia stessa che, nel termine di 60 giorni, dovrà rispondere. La risposta non è obbligatoria e l’eventuale silenzio varrà come un rigetto. C’è tuttavia giurisprudenza che sanziona la mancata collaborazione del fisco che non ha prestato un comportamento collaborativo con il contribuente (si tratta ancora di mosche bianche). Si tenga conto che il ricorso in autotutela non sospende i termini per presentare un ricorso al giudice; sicché, in prossimità della scadenza dei 60 giorni dalla notifica dell’atto, sarà bene imbracciare le armi processuali e, rivolgendosi a un avvocato o a un commercialista, avviare anche il ricorso;
2. la seconda è, ovviamente, il ricorso alla Commissione Tributaria, ricorso da presentare inderogabilmente entro 60 giorni. Non importa se il funzionario dell’ufficio ha ammesso, a voce, di aver sbagliato e che l’atto sarà ritirato: se non ottieni un immediata cancellazione per iscritto, l’accertamento non impugnato diventa definitivo e in seguito non potrai più fare nulla per difenderti neanche dalla successiva cartella esattoriale.
Se poi ritieni di aver subito un danno da un errore dell’Agenzia delle Entrate potresti fare un’apposita richiesta al giudice civile: si tratta di una domanda giudiziale che va presentata in separata sede e non davanti alle Commissioni Tributarie, competenti solo a stabilire se un atto fiscale è legittimo o meno. Ma ti avverto: difficilmente un giudice ti potrà dare ragione se non rileva che vi è stato un errore plateale e un danno consistente. Meglio a quel punto accontentarsi della pronuncia che cancella l’accertamento illegittimo. E il tempo perso e l’ansia per difenderti chi te li paga? Per questi c’è la condanna alle spese processuali, dovuta a rigore da chi perde il processo.
Se, dopo che ti è stato dato ragione, vuoi infierire sull’Agenzia delle Entrate che ha sbagliato puoi presentare una denuncia alla Procura della Corte dei Conti per danno erariale, che serve per punire il funzionario del fisco che insiste in una richiesta illegittima. Il danno consiste nel pagare anche il risarcimento al contribuente oltre alle spese del processo.
note
[1] Cass. sent. n. 23163/18 del 27.09.2018.