La parola chiave che accompagna la questione del processo federalista in materia fiscale, non è solo quella di responsabilità e solidarietà, ma soprattutto di trasparenza. Lo fa notare Sergio Rizzo penna pesante del Corriere della Sera, moderatore del seminario “Le prospettive della Finanza Locale tra emergenza e riforma” che si è consluso ad Ischia oggi 18 giugno. Un’intesa due giorni promossa dall’ANCI Associazione Nazionale Comuni Italiani e dalla Fondazione IFEL Istituto per la Finanza e l'Economia Locale.
“Abbiamo le risorse necessarie per condividere i dati, come accade già in Gran Bretagna, potremmo pubblicare in internet l’elenco dei Ministeri e la compararazione dei principali indici di spesa per informare i cittadini”.
E’ d’accordo anche Luca Antonini Presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza sull’anagrafe tributaria “Quello della trasparenza è un problema basilare. Se non si rendono pubblici i numeri, le politiche di spesa - spiega - non ha senso il federalismo. Conoscere punto di partenza e punto d’arrivo può giustificare un aumento degli addizionali”. La sua analisi comincia dal basso fino ad arrivare allo Stato “Eccetto rarissime occasioni, le elezioni amministrative non sono mai centrate sui dati, si fa riferimento ai ‘buchi’ lasciati dalle precedenti amministrazioni solo quando si vince. Bisogna superare questo approccio, mettere in moto un meccanismo che rilasci in circolo dati certificati da organi interni e interistituzionali”.
“E’ necessario un cambiamento radicale di mentalità che consenta di passare dalla logica di chi cerca di eludere le regole a quella di chi cerca di offrire servizi migliori ai cittadini azzerando spese ed inefficienze” ad avvalorare la tesi è Enrico La Loggia, presidente della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale.
Ma Antonini si pronuncia anche sui costi standard. “Sono molto soddisfatto del decreto, perché ha portato a un superamento della spesa storica, totalmente irrazionale, a una verifica dei veri fabbisogni. Siamo sulla strada della razionalizzazione, ma bisogna potenziare i gruppi di analisi della spesa, visto che ci troviamo di fronte a spaventose carenze cognitive”.
La legislazione di studio della riforma deve riguardare anche lo Stato. “Sarei d’accordo – continua Antonini affrontando la questione delle sanzioni per gli amministratori - con la possibilità di una mozione di sfiducia individuale al Ministro che sfori gli obiettivi assegnati. La riforma – conclude - delude il nord e terrorizza il sud: la verità sta in mezzo, evidentemente. E’ un processo utile ma che ha bisogno di alcuni ‘tagliandi’, innanzitutto sul federalismo municipale”.
Anche il segretario generale dell’ANCI Angelo Rughetti nella sua ampia disamina sul federalismo ha evidenzato la necessità di “fare un primo tagliando ad un processo che nella sua attuazione ha presentato almeno tre aspetti lacunosi”. Innanzitutto la questione della compartecipazione Iva con il criterio scelto di distribuire il gettito considerando la produzione di Iva su base regionale, per ripartirlo per ciascuno dei Comuni. Tale situazione crea enormi sperequazioni, mentre secondo l’Anci “sarebbe stato più corretto rimanere alla compartecipazione Irpef, su cui i Comuni possono intervenire considerando la leva delle addizionali”, ha ricordato. Ancora le compartecipazioni sui trasferimenti immobiliari, che, “ci siamo resi conto via via che avrebbe creato enormi sperequazioni, da qui la nostra idea di utilizzarla come una fonte di finanziamento del fondo perequautivo, con la titolarità del gettito che resta ai Comuni”. Per proseguire con il tema della perequazione. “Questo tema non è stato risolto, anzi nel frattempo è stato emanato un decreto delegato sulla disparità infrastrutturale, creando una situazione confusa”, ha affermato il segretario generale dell’ANCI. A suo parere, infatti “la perequazione delle basi imponibili non può essere scollegata da quella infrastrutturale, si rischia di determinare interventi disomogenei sul territorio”.
Passando poi alla questione del patto di stabilità Rughetti ha invitato a ritornare alla definizione iniziale di “patto di stabilità e crescita, mentre qui la crescita ce la siamo persi per strada”. La via indicata dal segretario generale è quella di differenziare il trattamento dei Comuni, tenendo conto delle diverse situazioni territoriali. “L’amminisrazione virtuosa deve essere messa in condizione di spendere e di investire, mentre chi ha operato male sul bilancio non dovrebbe utilizzare la leva fiscale”, ha precisato.
“Il comune di Bari - a prendere la parola è Michele Emiliano il primo cittadino del capoluogo pugliese - ha in cassa 150milioni di euro che non può spendere per via dei vincoli del patto. Voglio ricordare a Tremonti che il rilancio dell’economia del Paese passa anche dalla possibilità di utilizzare queste risorse che i Comuni sono in grado di spendere più velocemente e in maniera più efficiente rispetto a gli altri livelli di amministrazione locale. Abbiamo dimostrato di saper risparmiare – ha poi concluso – ci venga data anche la possibilità di dimostrare che siamo in grado di spendere in maniera virtuosa”.
Emerge chiaramente un’attenzione maggiore alla fase dell’emergenza, è chiaro, ma è necessario pensare anche alle riforme lungimiranti, magari dando più spazio, ad esempio, alla finanza di progetto, ai partenariati pubblico privati, perché la finanza locale, non è fatta solo di fisco, ma anche di strumenti innovativi. Se con una bacchetta magica potessimo smobilizzare e utilizzare investimenti strategici, i cosiddetti residui passivi, queste somme non permetterebbero al sistema Italia di fare il salto di qualità. Opere calde o fredde, meglio calde, che riescono a stare in piedi grazie alle tariffe, servizi a domanda individuale che vengono erogati tramite strutture da costruire e ripagati con i flussi di cassa che derivano dall’incasso delle tariffe a servizio. Dai pedaggi autostradali agli ospedali, dai parcheggi, ai cimiteri, ma anche con opere più importanti dedicate allo sport allo studio.