Non gli interessava minimamente entrare nella Storia.
La prima domanda per la lunga intervista che mi rilasciò nel marzo del 1987 – sono passati, volando, 36 anni - e non avvertendo che quella intervista sarebbe rimasta “ storica” fu: se avesse rimpianti.
“ I rimpianti sono di chi ha ambizioni. Debbo dichiarami un uomo privo di ambizioni che non siano quelle della fedeltà a se stesso”. Da qui partì quel lungo colloquio di oltre due ore nella sua casa alla “ Spadara” – una stradina secondaria a Forio alla quale si accede dalla provinciale Borbonica - .
Era una casa di 160 metri quadrati ad un sol piano realizzata negli anni ‘ 60 del ‘ 900 su progetto dell’ arch. Cesare Longo, suo amico, che prevedeva due piani “ per i quali esistevano tutte le autorizzazioni ma preferii – mi disse – realizzare un sol piano sperando di dare il “ buon esempio” in modo che anche gli altri che avrebbero costruito in seguito conservassero il rispetto per il paesaggio essendo anche presidente della sezione isolana di “ Italia Nostra” ma a giudicare dall’ invasione del cemento che è sopraggiunto l’ esempio non è servito”. La casa in stile mediterraneo aveva una campagna di circa 1800 mq dove coltivava di tutto ma soprattutto piante esotiche come il rabarbaro.
In un angolo aveva il suo “ cantiere” dove costruiva le sue barche a vela. In circa 15 anni ne aveva costruite 10. Tutte di piccole dimensioni, al massimo sei metri “ perché il mezzo tecnico deve essere più piccolo dell’ impresa che compie l’ uomo solo così c’ è il gusto di condurre una barca a vela”. L’ ultima sua barca è stata il “ Rikki Tikki –Tavi” e la teneva ancorata nel porto di Casamicciola. Portava il nome della mangusta di Kipling che nei “ racconti della giungla” vince la sua impari lotta con il serpete cobra come dire che la piccola imbarcazione era capace di tener testa al più furioso dei mari. Aveva circa 70 anni allora. Aveva insegnato italiano e storia per circa trent’anni al liceo classico di Ischia. Era nato in un paesino delle Marche, Offida, in provincia di Ascoli Piceno . Una famiglia “ risorgimentale e laica” che gli aveva trasmesso i valori del Risorgimento. Si era laureato dopo la guerra a Milano alla Statale dopo gli studi liceali a Brescia dove aveva cominciato ad insegnare ed a svolgere attività politica nel Partito Liberale Italiano con una intensa attività giornalistica. Al partito liberale fu sempre fedele.” Il partito – mi disse – di cui Benedetto Croce fu splendido presidente ed io umile operaio” ma mi manifestò la sua amarezza perché “ il filone liberale, così intenso, così nobile, nel Sud si sta essiccando” ricordando i tempi passati con Guido Cortese e Francesco Compagna, prima che questi passasse con il Partito Repubblicano Italiano. A Brescia fu segretario cittadino del PLI e due volte candidato alla Camera dei Deputati senza essere eletto. Poi questo giovane professore – amante del pensiero di Benedetto Croce ,che scendeva da Brescia a Napoli per incontrare il Maestro, che parlava piano, lentamente, con un rigoroso rispetto per gli studenti ai quali dava del lei e non il tu con quell’ intercalare “ è vero” che gli sfuggiva ogni tanto - ebbe “ un senso di saturazione per l’ attività politica avvertendo la crisi che avrebbe poi investito il mondo moderno”. Viveva nel Risorgimento. Avvertiva l’ esigenza di un Nuovo Risorgimento per l’ Italia. Viveva il liberalismo nella sua completa ampiezza e stava non Croce non con Einaudi nella famosa polemica tra “ Liberalismo” e “ Liberismo”.
“ Avvertii un forte richiamo per la cultura meridionale che nell’ Alta Italia era poco apprezzata proprio perché il Nord era dominato dallo spirito pragmatico dei lombardi e qui cade – mi disse - la mia conoscenza personale e poi un rapporto sempre più affettuoso con la figura di Benedetto Croce. Mi trattenevo per settimane nella casa di Croce avendo l’ opportunità di conoscere quelli che erano i grandi esponenti della cultura meridionale da Omodeo a Nicolini eppoi Guido Cortese, Epicarbo Corbino ed Alfredo Parente. Mi innamorai della storia di Napoli e delle sue tradizioni e non trovai di meglio che soggiornare nelle vicinanze ed avendo scoperto che ad Ischia c’era un liceo classico decisi di conciliare il lavoro con l’ incanto del mare”. Il mare è stato sempre il richiamo più forte. Il mare è una grande metafora della vita”. Mi raccontò gli anni del liceo di Ischia. Il grande fervore culturale. Il suo insegnamento laico e le forti contrapposizioni con il Vescovo dell’ epoca, Antonio Cece, finite anche con denunce al Ministero della Pubblica Istruzione e l’ invio di un ispettore. “ La scuola pubblica doveva farsi le ossa”. Ricordò i suoi migliori tre studenti, Giovanni Zamboni, Giorgio Vuoso e Franco Iaccarino. La sua adesione al gruppo de “ Il Mondo” di Mario Pannunzio. Alle battaglie per l’ ambiente di Antonio Cederna. Quel convegno nel 1962 su “ Paesaggio e turismo in Campania” con una relazione del prof. Corrado Bequinot e la presenza “ attivissima, polemica, aggressiva, dell’ arch. Roberto Pane” e la proposta di integrare il piano paesistico Calza Bini con un nuovo piano regolatore generale e data l’ autorità degli intervenuti molti di quelli che divennero in seguito “ progettisti” chiesero l’ iscrizione ad “ Italia Nostra” forse per convenienza sta di fatto che alcuni anni dopo la sezione ischitana fu sciolta per una crisi interna e mai più ricostruita”. Volle rimarcare l’ impostanza di quel convegno dove non c’è traccia in alcun giornale dell’ epoca. Anche allora fu proposto il Parco Pubblico del Monte Epomeo a difesa dell’ intera isola come oggi ripropongono un gruppo di intellettuali promuovendo un “ Manifesto per Casamicciola” dopo la terribile alluvione del 26 novembre 2022 ed il disastroso terremoto del 21 agosto 2017.
“ Quel convegno – mi disse – rimane comunque una pagina importante se non altro perché si dica che qualche cosa si è tentato di fare per incanalare la pressione storica dello sviluppo”. Forse prevedeva una catastrofe naturale oltre a quella umana.
Lasciò l’ insegnamento statale col minimo della pensione. Non lasciò mai l’ impegno culturale laico ed itinerante con le conferenze che teneva da chiunque fosse chiamato. Lo conobbi a 16 anni nel corso di una conferenza che tenne nel 1965 presso la neonata sezione del Partito Socialista Italiano di Casamicciola chiamato per una lezione su “liberalismo e socialismo”. Ero stato allievo alla prima media ad 11 anni della sua prima moglie, Angiola Maggi,anche lei laica e liberale e da allora piccolino aderivo alla “ Religione della Libertà” con molto disappunto dei cattolicissimi miei genitori. Fu presidente del Circolo Culturale Sadoul. Scriveva poco. A mano con una calligrafia nitidissima. Negli anni ‘ 70 il mio amico e maestro, Franco Conte, a “ Il Giornale d’ Ischia” lo invitò a tenere una rubrica che chiamò “ Le effemeridi” come a registrare i movimenti delle stelle quasi per rimarcare che quello che si trovava o si proponeva era un mondo altro che si trovava in cielo o in mare. Il giornale ebbe poca vita e così le sue effemeridi ma era disponibile verso i giornalisti e non si sottraeva alla denuncia verso chi distruggeva l’ ambiente e la storia dell’ isola d’ Ischia.
Così invitato dal direttore Antonio Lubrano nel gennaio del 1985 scrisse un articolo formidabile per il mensile “ Ischia Mondo” contro il “ sacco d’ Ischia” e la follia collettiva della corsa al cemento selvaggio come un ottundimento delle coscienze di un intero popolo votato all’ autodistruzione.
“ Essere testimone di un simile evento, vedere dilatarsi i segni del disastro, assistere allo stravolgimento di un lembo di terra tra i più gratificati per doti naturali e pregnanza di memorie antiche è fra le prove più dolorose che possono essere riservate all’ esperienza di un uomo” scriveva e denunciava “ questa follia collettiva, di ottundimento delle coscienze, quasi che l’ amore per la vita, per la bellezza, per l’ armonia si sia essiccato nei petti per far posto ad una cupa smania di eversione, all’ acre gusto dell’ ingratitudine verso i valori dei Padri, alla stolta attrazione per il caotico, l’ alienante, l’ informe, il volgare”. Commentai quell’ articolo sul “ Settimanale d’ Ischia” con una nota apparsa nel n.9 del 6 marzo 1985 denunciando ancora una volta la mancanza di una seria politica di Pianificazione Territoriale che la Regione Campania non sapeva o non voleva fare e proponendo presso ogni Comune isolano un “ Ufficio di Piano” con la presenza di uno studioso del glorioso Centro Studi su l’ isola d’ Ischia fondato nel 1944 da 8 studiosi.
“ Forse anche queste idee camminano per la strada dell’ utopia ma non riesco a vedere oltre questa via nient’altro che vicoli ciechi”.( G.Mazzella-Ischia, sul filo del rasoio-Editoriale Ischia 1986 con postfazione di Edoardo Malagoli alla seconda edizione 1987).
Edoardo Malagoli del quale non sono stato allievo al liceo ma allievo nella società civile abbeverandomi alla sua parola si è portato con sé un’isola senza tempo con l’ incanto del mare e la meraviglia delle stelle e senza alcuna voglia di entrare nella Storia poiché sapeva che la sola “ aristocrazia è quella dello spirito”.
E’ sepolto dal 2001 ad Offida nella tomba di famiglia. Vive nella memoria degli allievi.