La Tari, ossia l’imposta sui rifiuti, è una tassa comunale che viene riscossa mediante l’agente della riscossione locale e che cade in prescrizione dopo solo cinque anni.
Il fatto che a riscuoterla non sia l’Agenzia delle Entrate ma il Comune non fa della Tari una imposta di serie B: l’omesso versamento resta sempre punito come un’evasione fiscale, con tutte le conseguenze – sotto il profilo sanzionatorio – previste dalla legge per le altre tasse. Chi dimentica di pagare la Tari e se ne accorge dopo qualche mese può sempre avvalersi del ravvedimento operoso che consente di ottenere una riduzione delle sanzioni adempiendo in ritardo purché, nel frattempo, non sia già intervenuto un accertamento. Se ciò non dovesse avvenire, cosa succede se non si paga l’imposta sui rifiuti? Sia che si tratti del primo o del secondo acconto, quali rischi comporta per il contribuente l’omesso versamento o il versamento in ritardo della Tari? È quanto illustreremo in questa sintetica guida.
Ti spiegheremo, in particolare, quando deve essere pagata la Tari, l’imposta sul servizio di raccolta e smaltimento dell’immondizia, quanti giorni di ritardo sono ammessi, quando è consentito non pagare e godere di agevolazioni o esenzioni totali. Ma procediamo con ordine.
Tari: cos’è?
La Tari è l’imposta sui rifiuti. Un tempo si chiamava Tarsu e Tia. Alla modifica del nome sono derivati pochi cambiamenti dal punto di vista sostanziale. Si tratta sempre di un’imposta di pertinenza dei Comuni: sono questi ultimi dunque titolari del credito e del diritto alla riscossione che esercitano non in prima persona, ma con l’agente della riscossione locale (un tempo era Equitalia; oggi invece si tratta di società private che hanno firmato un’apposita convenzione, i cui poteri sono equiparati a quelli di Agenzia Entrate Riscossione, l’esattore competente per i tributi erariali).
Tenuto a pagare la Tari è il proprietario dell’immobile o il detentore (inquilino, comodatario, usufruttuario). Solo l’affittuario con contratto di durata inferiore a sei mesi non è tenuto a versare la Tari.
Soggette alla Tari sono anche le pertinenze dell’appartamento come ad esempio il garage; non lo sono solo le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili (ad esempio cortili, locali per lavanderia, posto auto scoperto, ecc.).
In caso di pluralità di possessori o di detentori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria.
Per il calcolo della Tari il contribuente deve presentare una dichiarazione entro il 30 giugno dell’anno successivo alla data di inizio del possesso o della detenzione dei locali e delle aree assoggettabili alla Tari.
La dichiarazione, redatta su modello messo a disposizione dal Comune, ha effetto anche per gli anni successivi purché non si verifichino modificazioni dei dati dichiarati da cui consegua un diverso ammontare del tributo; in tal caso, la dichiarazione va presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui sono intervenute le predette modificazioni.
La Tari si paga con modello F24 o con bollettino di conto corrente postale al quale si applicano le disposizioni che regolano il Mod. F24 o tramite le altre modalità di pagamento offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari e postali.
Il Comune stabilisce le scadenze di pagamento del tributo; di solito è previsto il pagamento di due rate a scadenza semestrale. È comunque consentito il pagamento in un’unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno.
Cosa succede se si paga la Tari in ritardo?
Prima di analizzare cosa succede se non si paga la Tari vediamo quali sono le conseguenze per chi rimedia in ritardo all’omesso versamento. Già dal giorno successivo alla scadenza dell’imposta scattano le sanzioni, ma tali sanzioni vengono ridotte se il contribuente versa il dovuto al più presto e, comunque, entro un anno. Infatti in tal caso può usufruire del cosiddetto ravvedimento operoso.
Il ravvedimento operoso è uno strumento – previsto dalla legge per qualsiasi omissione d’imposta – che consente di ridurre le sanzioni tanto prima si procede al pagamento. Tale riduzione ammonta:
- a 1/10 di quella ordinaria se il pagamento del tributo o di un acconto avviene con un ritardo massimo di 30 giorni dalla data di scadenza;
- a 1/9 del minimo se il pagamento del tributo avviene entro 90 giorni dalla data ultima di presentazione della dichiarazione o, se non è prevista la dichiarazione periodica, dall’errore o dall’omissione;
- a 1/8 del minimo se il pagamento avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione che riguarda l’anno in cui è stata commessa la violazione o, se non prevista, entro un anno dall’errore o dall’omissione;
- a 1/7 del minimo se il pagamento avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione che riguarda l’anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione o, se non prevista, entro due anni dall’errore o dall’omissione;
- a 1/6 del minimo se il pagamento avviene oltre il termine di presentazione della dichiarazione che riguarda l’anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione o, se non prevista, oltre due anni dall’errore o dall’omissione;
- a 1/5 del minimo se il pagamento avviene dopo la constatazione della violazione tranne quando non sono state emesse delle ricevute fiscali o documenti di trasporto o non sono stati installati degli apparecchi per l’emissione di scontrini fiscali;
- a 1/10 del minimo della sanzione prevista per non avere presentato la dichiarazione o per averla presentata con un ritardo non superiore a 90 giorni;
- a 1/10 del minimo della sanzione prevista per non avere presentato la dichiarazione periodica prescritta in materia di Iva se viene presentata con ritardo non superiore a 30 giorni.
Cosa succede se non si paga la Tari?
L’omesso versamento della Tari non costituisce un reato se il debito rientra fino a 30mila euro; per importi superiori invece scatta il penale. Superare il tetto di 30mila euro è in realtà assai difficile: difatti è molto più probabile che i periodi di imposta non versati cadano nel frattempo in prescrizione nei cinque anni.
Nel caso in cui l’omesso versamento della Tari non supera 30mila euro tale comportamento costituisce un semplice illecito amministrativo cui sono collegate sanzioni tributarie, ossia di tipo patrimoniale. In buona sostanza, chi non paga la Tari deve versare, oltre all’imposta, la cosiddetta “mora” per il ritardo e le sanzioni.
Una volta che il Comune si accorge dell’omesso versamento della Tari non invia un accertamento fiscale al contribuente, in quanto non è in contestazione l’importo da versare; detto importo, infatti, viene calcolato in base alla dichiarazione presentata dallo stesso contribuente. Solo quando c’è incertezza sugli importi evasi – per cui il fisco ritiene che siano dovute somme non dichiarate – il contribuente viene prima messo in condizione di fornire chiarimenti e difendersi. Poiché invece la Tari viene determinata sulla base di un’autocertificazione, si passa subito la notifica della cartella esattoriale. Leggi Tari: che succede se non si paga.
Risultato: il contribuente che non paga la Tari riceve direttamente la cartella da parte dell’agente della riscossione locale. Da questo momento ha 60 giorni di tempo per decidere se pagare, fare opposizione oppure chiedere una dilazione. Decorsi i 60 giorni la cartella diventa definitiva e non è più possibile impugnarla.
La cartella di pagamento deve essere notificata obbligatoriamente entro:
- 5 anni a partire dal 1° gennaio successivo a quando doveva avvenire il pagamento: in caso contrario, il debito è prescritto. Con la prescrizione il contribuente è libero dal pagamento ma deve prima impugnare la cartella tardiva davanti alla Commissione Tributaria Provinciale;
- 3 anni da quando il Comune ha iscritto a ruolo non versato dal contribuente. Tale data è riportata sui dettagli della cartella di pagamento. In caso contrario interviene la decadenza e, come nel caso precedente, la cartella – se impugnata davanti alla CTP – non è più dovuta.
La mossa successiva – anche se non necessaria – dell’agente della riscossione è il pignoramento.
L’esattore potrà procedere a pignorare i beni dell’evasore come il conto corrente, il quinto dello stipendio o della pensione, i beni mobili in casa (ipotesi piuttosto rara). Eventualmente, se il debito supera 20mila euro, è possibile anche l’ipoteca sulla casa (benché si tratti della prima casa).
In aggiunta o in alternativa, l’esattore può procedere anche al fermo amministrativo dell’auto, impedendo così al proprietario di metterla in circolazione.
La cartella ha un termine di scadenza di 1 anno: per cui non è possibile procedere a pignoramenti se prima non viene notificato un nuovo sollecito: la cosiddetta intimazione di pagamento. Anche quest’ultima ha una data di scadenza: la sua validità è solo per 180 giorni, dopo i quali va rinnovata.
Tari: esenzioni e agevolazioni
La legge prevede l’esenzione dalla Tari per gli immobili che non possono produrre, neanche potenzialmente, rifiuti. Ciò non succede per le case sfitte o disabitate (a meno che – secondo alcuni giudici – non siano presenti utenze e mobili di arredo), ma per quelli che, a causa di ristrutturazioni o assenza di permessi, non possono essere abitati. Leggi Tassa rifiuti: chi non deve pagare.
Sono poi previste una serie di agevolazioni (leggi Tassa rifiuti: esenzioni):
- cassonetto lontano da casa: riduzione del 40%
- cassonetto sempre pieno: riduzione del 60%. La decurtazione scatta quando il cassonetto è insufficiente a raccogliere il quantitativo di immondizia prodotta nella zona, anche alla luce della presenza di attività commerciali;
- mancato funzionamento del servizio di raccolta e smaltimento: riduzione fino all’80% (si pensi allo svolgimento del servizio in modo discontinuo, scioperi, ritardi, ecc.).
L’omissione nella raccolta dei rifiuti deve però aver generato una situazione di emergenza ambientale o un pericolo alla salute delle persone certificata dall’Asl;
Sono infine possibili delle riduzioni facoltative a scelta dei Comuni per
- abitazioni con unico occupante;
- abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo;
- locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente;
- abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di 6 mesi all’anno, all’estero;
- fabbricati rurali ad uso abitativo.