La costruzione del porto turistico a Cala dell’Acqua può e deve costituire la “grande svolta” per l’economia di Ponza poiché rappresenta la scelta fondamentale ed irreversibile per il Turismo o meglio “i Turismi” come si articola oggi al tempo della globalizzazione il grande business dell’industria delle vacanze.
Il porto turistico è l’infrastruttura necessaria – anche se non sufficiente – per il passaggio decisivo dall’economia della pesca e dell’agricoltura di sussistenza a quella complessa di un turismo dai cento volti – balneare, storico-archeologico, della “memoria ritrovata” con gli emigranti che ritornano, della vita all’aria aperta, dell’offerta nautica e via dicendo – che oggi le località turistiche debbono presentare se vogliono restare sullo spietato mercato mondiale dei viaggi.
È dal porto turistico a Le Forna che deve partire anche – in contemporanea – la “trasformazione urbana o riqualificazione ambientale” di tutta l’area dell’ex-miniera dove deve nascere un “villaggio vacanze” capace di fare da volano per tutte le strutture alberghiere e commerciali oggi esistenti, le quali a loro volta devono aggiornare i loro programmi aziendali.
Si tratta di promuovere – al tempo della valorizzazione formale delle Autonomie Locali – uno “sviluppo locale” promosso, progettato ed attuato dal Comune con il cosiddetto “partenariato” sociale ed economico e cioè anche e soprattutto con gli investimenti – pubblici e privati – che devono trovare attuazione con quello che oggi si chiama “marketing territoriale” cioè la ricerca di investitori italiani e stranieri per creare sviluppo ed occupazione.
Da qui la necessità che il Comune di Ponza costituisca una “Società di Trasformazione Urbana” prevista dall’art.120 del Testo Unico degli Enti Locali e che utilizzi tutti gli strumenti legislativi di “concertazione” previsti dalla legge 241/90 affinché la Pubblica Amministrazione sia “efficiente”, capace di esprimere la sua volontà in maniera definitiva e rapida – con la velocità dell’economia – e quindi la fine dei “conflitti di competenza” tra Comune, Provincia e Regione e soprattutto Soprintendenze ai Beni Ambientali ed Archeologici.
Insomma si tratta di promuovere uno sviluppo economico capace di essere anche sociale in tempo di recessione economica nazionale e di drammatica crisi occupazionale soprattutto giovanile.
Faccio queste affermazioni scrivendo dall’isola d’Ischia, l’isola-madre di Ponza dalla quale partirono, nel 1734, 150 famiglie per colonizzare un territorio disabitato.
Nel 2009 con l’amico e collega Gianni Vuoso rifacemmo “il viaggio di Mattia” (leggi qui) per riscoprire dopo 275 anni Ponza e vedemmo “L’altra Ischia” con gli stessi costumi, lo stesso dialetto, le stesse tradizioni e gli stessi problemi che avevamo qui agli inizi degli anni ’50 del ’900 quando eravamo un’isola di contadini e pescatori; questo prima che il grande imprenditore milanese Angelo Rizzoli (1888-1970) con i suoi investimenti a Lacco Ameno nei Grandi Alberghi delle Terme la trasformasse in località turistica internazionale dando il via ad una crescita turistica di enorme grandezza.
Oggi Ischia ha 40mila posti-letto ed una economia turistica complessa, con una stagione che dura almeno 8 mesi e che impiega almeno 9500 addetti con una popolazione scolastica negli istituti superiori di 3200 alunni, con 520 diplomati ogni anno.
Questo viene detto “turismo maturo” ed ha oggi, in tempo di crisi, problemi difficili di consolidamento.
Ponza ha invece problemi di effettivo lancio dell’economia turistica dopo il tramonto dell’agricoltura di sussistenza e della pesca artigianale.
Si dice che è un’area “da sostenere” poiché la stagionalità del turismo è molto bassa – appena due mesi – e Ponza è poco più di un villaggio turistico in mezzo al mare con una inadeguata ricettività sia alberghiera sia commerciale.
Questa ridotta stagionalità non può garantire un futuro occupazionale ai giovani.
Ponza d’inverno – e “l’inverno” comincia a settembre e termina solo il 20 giugno con San Silverio – ha una popolazione dimorante di circa 2mila abitanti con ridotte attività commerciali in attività e con poche strutture ricettive aperte.
Il porto turistico ed un villaggio turistico nell’ex-miniera rappresentano la strada obbligata per una economia turistica moderna al tempo della competizione con le altre località turistiche.
Bisogna affrontare con realismo la nuova economia e bisogna sradicare nei petti il personalismo paesano ed elevare il dibattito politico impostandolo sui fatti.
Apprendo dalla demografia che Ponza nel 1931 cioè 84 anni fa aveva 6.827 abitanti e toccava il suo punto massimo nella popolazione. Nel 1861 aveva 3.197 abitanti. Nel 1951, 4.832 e nel 2011 aveva soltanto 3.255 abitanti.
Lo spopolamento è inarrestabile.
Si può invertire la tendenza solo con una adeguata economia turistica al passo con i tempi.
Ecco perché ritengo che il confronto pubblico sul porto a Cala dell’Acqua è oggi decisivo per il futuro se la popolazione di Ponza vuole dare un futuro anche come “sviluppo locale” alla propria gioventù .
Insisto – come ormai da sei anni – sulla necessità di creare un “Distretto Turistico delle Isole Napoletane” da Capri a Ponza capace di mettere in sistema Capri, Procida, Ischia, Ventotene e Ponza ripristinando i collegamenti marittimi un tempo secolari con la nostra comune capitale che è Napoli oltre lo spezzettamento in due Province e due Regioni possibile al tempo del dibattito sulle “macroregioni” che in Francia hanno attuato da anni.
Con queste osservazioni – anche provocatorie perché un dibattito contenutistico deve contenerle – desidero inviare i miei auguri ai cugini ponzesi invitandoli ad affrontare il presente ed il futuro con coraggio ed audacia nella fierezza dei Precursori.