Ischia News ed Eventi - Rubriche

A Ischia Ponte, su una panchina fuori alla Chiesa dello Spirito Stanto che ospita il dipinto della Madonna di Ponza, il professore Giosuè Vezzuto mi racconta del trasferimento dei confinati politici da Napoli alle isole ponziane.
Il professor Vezzuto, classe 1924, figlio del responsabile del carcere mandamentale di Ischia, é probabilmente l'ultimo testimone del passaggio dei confinati per l'isola partenopea nonché l'unica fonte consultabile, essendo andati distrutti i registri su cui venivano annotati i transiti dei detenuti.
La permanenza ad Ischia, sebbene non prevista nel piano di viaggio dei confinati in partenza da Napoli, era evento non raro : spesso violente ponentate costringevano il piroscafo di linea a gettare le ancore, in attesa che il vento scemasse e che si potesse proseguire verso Ventotene e Ponza.
Giorgio Amendola scrive in proposito, nel romanzo autobiografico UN' ISOLA:
"Non vollero togliermi le manette. Dove avrei potuto scappare? Le isole sfilavano: Procida, Ischia, Ventotene. Dopo l'oscurità del carcere ritrovavo la luce,l'aria, il sole".
Il ricordo dei confinati  diretti alle isole ponziane, ammassati nel carcere di Punta Molino, é impresso  nitidamente nella memoria del professor Vezzuto, così come l'edificio  sul mare, con due stanzoni - sezione maschile e femminile - e un terzo , che il Comune usava come deposito o come ricovero per gli animali, secondo le esigenze; l'alloggio del responsabile del carcere, che lì viveva con la famiglia, era annesso alla prigione o, per meglio  dire, inglobato  in essa ..."Per raggiungere le camere da letto bisognava  passare attraverso l'ufficio di mio padre che, a volte, era utilizzato dal magistrato per gli interrogatori. Capitava così che, per andare a dormire, dovessimo aspettare che l'udienza avesse termine".
ricorda Giosuè.

Panza d’Ischia, settembre 12

Era un popolo tenace quello dell’isola d’Ischia di contadini e di pescatori. Traeva dalla terra, da una terra fertile che bisognava domare contro la morfologia e la furia degli elementi, tutti i mezzi  di sussistenza in una straordinaria “economia autarchica” ed  era capace questo popolo, già numeroso nel Medio Evo e nel Rinascimento e sparso in una decina di micro-comunità nei 46  Kmq.

Sono stato un vecchio allievo del prof. Mariano D’Antonio. Credo che non si ricorderà di me. Alla facoltà di economia e commercio di Napoli nella sessione estiva del 1973 sostenni un esame con lui. Insegnava “Economia bancaria”  un complementare che divenne pesante come Politica Economia e Finanziaria e presi solo 21.Il professore voleva mettermi un voto più alto per il mio impegno. Dissi che non avevo seguito i corsi abitando ad Ischia. “Ma ci potevamo sentire, mi poteva telefonare” mi disse. Rimasi senza parole di fronte a questa disponibilità mai manifestata da un docente  in quei tempi nell’Università. Ho seguito da allora tutto il suo impegno civile, politico e culturale. Ha insegnato Economia Politica a Napoli ed a Roma fino al luglio scorso.

Bisogna conoscere la biografia del prof. Mariano D’Antonio per capire i suoi scritti. E’nato a Napoli nel 1938. Si è laureato in economia e commercio facendo lo studente lavoratore perché orfano di padre. Ha fatto il cameriere, il rappresentante di case editrici ed il collaboratore di giornali. L’Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche scrive di lui come di un “economista applicato, non attratto dai problemi di teoria economica, ma da una attività pubblicistica e si trova nella comoda posizione di essere ritenuto dai giornalisti un discreto cultore di economia e dagli economisti un apprezzabile giornalista”. E’un economista “postkeynesiano” e per questo  si è collocato sempre nella sinistra riformista prima nel PCI e poi nel PSI. E’stato prestato alla politica ma sempre con la difficoltà della militanza allineata  e coperta come richiedeva  una appartenenza  nei vecchi  PCI e PSI. E’stato assessore comunale con Maurizio Valenzi negli anni ‘ 70 e negli ultimi due anni della  giunta regionale di Antonio Bassolino è stato assessore regionale alle finanze ed alla programmazione. In questa qualità lesse con attenzione  un intervento che gli mandai per una società di trasformazione urbana per il recupero del complesso Pio Monte della Misericordia a Casamicciola  e mi dichiarò la sua disponibilità di concerto con il Comune per fare qualcosa. Fu un'altra testimonianza di considerazione a distanza di circa 40 anni dal mio esame. Essendo un giornalista nei suoi incarichi pubblici  ha sempre risposto alle critiche ed alle osservazioni dei giornali. Dato conto delle sue azioni alla pubblica opinione.

Dal terrazzo di casa mia, vedo tutta la marina di Casamicciola. E’un terrazzo storico in un luogo storico. Prima di me, almeno dal 1894, migliaia di altri occhi hanno visto questo panorama e ne sono rimasti incantati. Erano occhi azzurri, neri o verdi  di tutti i colori delle bandiere delle Nazioni.

Casamicciola, agosto '12. “L’età  non esiste. L’età è una invenzione delle donne di “mezzaetà”. Un bambino non se ne cura. Tratta il nonno come un coetaneo”. L’affermazione è di Marguerite Yourcenar ( 1903-1987), la grande scrittrice francese, prima donna ad entrare nella prestigiosa Accademia Francese. Se non diventi nonno non puoi capirla.

Caro  Antonio, “la Storia è come un paesaggio di nuvole. Lo si vede bene solo da lontano. Chi c’è dentro non vede nulla e non capisce nulla”. Trovai l’osservazione in un libro di storia economica una quarantina di anni fa ma non ricordo chi l’ha detta. Sta di fatto che da  allora l’osservazione è una pietra miliare  per il mio lavoro di giornalista. Non siamo forse noi gli “storici dell’istante”? Non dobbiamo cercare di capire qualcosa in questo “paesaggio di nuvole”? Ricordo la considerazione di Oriana Fallacci nella premessa dell’“Intervista con la Storia”: “… perché la storia di oggi si scrive nell’attimo stesso del suo divenire… temo il giornalismo per questo… il giornalismo è un privilegio straordinario e terribile…”.

Il “Roma”, il più antico  quotidiano del Mezzogiorno d’Italia, compie 150 anni e bene hai fatto a richiamare quell’impegno programmatico del 22 agosto 1862 perché è ancora attuale, perché nel corso di 150 il “Roma” è rimasto fedele a quell’impegno con la “storia vivente” di chi l’ha scritto con le sue luci e le sue ombre come è ogni storia vivente. Cominciai a scrivere sul “Roma” agli inizi degli anni ‘ 70 , avevo vent’anni, come corrispondente da Casamicciola pagato “a rigaggio” per “raccomandazione” del proto del giornale, il mitico Giuseppe Quattrucci, che trascorreva le vacanze ad Ischia. Mi presentò a Franco Scandone, il capo delle “Province”, che mi dette le lezioni fondamentali. Il giornale allora era schierato all’estrema destra e la politica italiana era “delimitata” dal cosiddetto “arco costituzionale”.

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