Ischia News ed Eventi - Cucina e Tradizione

Donare un momento unico con l’amore e la cura di una famiglia, ma grazie alla presenza di uno staff specializzato: in poche parole, Hotel Terme Tritone & Resort s.p.a., albergo che vanta un’esperienza pluriennale, tramandatasi nel tempo.

Nulla viene lasciato a caso: dalla personalizzazione del menù alla scelta delle decorazioni. Un arredamento semplice, elegante e raffinato, con la splendida baia di San Francesco da ammirare, e i cui colori sono richiamati dai pavimenti e dalle tende, come se la natura si fondesse in esso.

Siamo fortunati. Questa mattina i pescatori hanno consegnato dei totani, così per pranzo possiamo ordinare delle gustose linguine.

Lo chef, Michele Ceglio, ci permette di replicare appena qualche scatto, perché il piatto si raffredda e rischia di perdere il suo perché. Pochi fronzoli. La cottura della pasta è fondamentale, al dente, come quella dei totani, che vanno scottati per pochi minuti in padella con passata e pomodori freschi, come i ciliegino sbucciati e ricomposti a mo’ di rosa che decorano il piatto.

Quasi quasi, viene voglia di fare la scarpetta.

Vino: Biancolella o Frassitelli.

Incastonato a mo’ di terrazza sulle colline della baia di Citara che preludono all’Epomeo, il ristorante Bellavista rappresenta un imprescindibile crocevia per chi, salendo o scendendo dal monte, matura l’intenzione di fermarsi per un po’ e gustare in completo relax i piatti più genuini della tradizione gastronomica locale. La struttura si segnala per l’accogliente sala interna, ricca di sculture ed attrezzi della tradizione contadina ischitana, nonché per la magnifica terrazza con un panorama mozzafiato: la lontana Ventotene ed il faro di Punta Imperatore costituiscono infatti le suggestioni principali d’un paesaggio assolutamente unico ed irripetibile.

L’azienda a conduzione familiare “Ischia Salumi” nasce nell’1984 ed è vicinissima ormai ai trent’anni di attività. L’esperienza nella produzione artigianale dei salumi è però ancora più antica: una tradizione che si tramanda di padre in figlio da generazioni, inossidabile e mai scalfita dagli scossoni della storia recente e passata. E’ ancora vivissimo in Giuseppe il ricordo di quando, da piccolo, attendeva in famiglia il Natale per la macellazione del maiale, di cui nulla si butta. Immenso è il patrimonio di usanze e costumi, profumi e sapori che la memoria conserva in questi luoghi.

Partendo dalla Parrocchia del Carmine a Serrara, scendendo lungo una stradina ripida e tortuosa, presidiata da due file ininterrotte di case costruite, come è d’uso dalle parti nostre, proprio sul ciglio della strada, quasi a guadagnare quei pochi palmi di terra e piegando sulla sinistra ti trovi all’improvviso su un pianoro esposto come un altare con ai due lati, sottoposti di qualche metro - proprio come dei chierichetti in ginocchio- due piccoli appezzamenti di terreno lavorati con la perizia dei vignaiuoli di un tempo. Il luogo si chiama ‘Iesca’ e la vigna fa parte del grande agglomerato di terreni della società Terra Mia produttrice dei vini Pietratorcia. Ha la migliore esposizione possibile, levante-mezzogiorno-ponente, è posta, nella parte pedemontana dell’isola ad un’altezza di circa 500 metri sul livello del mare, ha vitigni giovanili di biancolella e forastera carichi di uva, è circondata dall’Epomeo e dalle sue propaggini che sembrano quasi abbracciarla per proteggerla dai venti del quadrante del nord e, anche se non c’entra per la buona qualità delle uve, gode di un panorama a180° essendo impedite alla vista Forio, Lacco Ameno e Casamicciola ma potendo spaziare con i nostri occhi dal monte Vezzi a Punta Imperatore. Rendez-vous alle ore nove, grazie a Dio non la solita levataccia, sul Belvedere di Serrara, caffè d’apertura e subito giù al lavoro.

La Murena Contadina non è una ricetta.  È diventata una ricetta. È la sorella di mare del Coniglio da Fossa (presidio Slow Food): vive in una tana, come il coniglio; il coniglio se la scava da solo, mentre la murena se la cerca fra gli scogli. E l’uomo li stana, per fame! Entrambi sono “carne bianca”. Entrambi sono un prodotto che si ama definire come “povero”. Sono due animali caratterialmente uguali: timidi, abitudinari; gregari i conigli, più solitarie le murene. Aggressivi al punto giusto. Guai, a provocarli: mozzicano! Il contadino curava la vite durante tutto l’arco dell’anno. La vite, l’uva, il vino erano la fonte principale di guadagno. Le coltivazioni erano per lo più a picco sul mare. In questo contesto si svolgeva il Cala-Cala, uno scambio rituale di cose buone, che avveniva lungo le coste orientali isolane tra gente terragna e gente marinara. Comunque la stessa gente. Con la stessa identità insulare. Il prodotto della Natura al posto del denaro, la Natura che sostituisce il denaro: io do il vino a te, tu dai la murena a me. Uno scambio primitivo, ma ricco di solidarietà. E sapori.

Nelle foto in bianco e nero, nei bozzetti d'epoca in vendita presso i piccoli bazar del centro e nei favolosi racconti della gente che, stanca per gli anni e la fatica, se ne sta assisa tutto il giorno sulle panchine e fuori dai bar della caratteristica piazzetta, possiamo ancora scorgere il piccolo borgo di S. Angelo, come era una volta, una nutrita comunità di pescatori che nel mare generoso e nei suoi frutti vedeva riflessa é stessa, i propri valori, la propria ragion d'essere.

Oggi quel paesello di pescatori non c'è più, le tante piccole e colorate barche rimpiazzate da poche feroci e prepotenti navi-pescherecci; il numero dei pescatori (di professione, s'intende) è quasi imbarazzante: quattro, cinque o poco più, una decina al massimo. L'età media, manco a dirlo, si aggira intorno ai 65 anni. "E i giovani ?", si dirà... Beh, i giovani se ne sono andati da un pezzo, a frotte – proprio come i pesci – uno dopo l'altro, tutti. La prospettiva di più lauti guadagni deve averli evidentemente sedotti e storditi, spingendo taluni a dimenticare per sempre le proprie radici, il borgo natio, il lavoro alacre dei padri e dei nonni, e ad andare via. «Sono nato pescatore, lo era mio padre e così pure mio nonno – sentiamo dire in giro, in piazzetta. Ebbene, Dio mi ha dato tre figli: nessuno di loro è rimasto, nessuno di loro oggi fa il pescatore».

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